Bologna, 6 febbraio 2021 – Quella del cavallo Pentro è una storia lunga. Che inizia con le prime denunce molto tempo fa. Denunce che vedono proprio lui, il Pentro, al centro dell’attenzione e per le quali, molti agricoltori e allevatori locali, hanno risposto con un atteggiamento muscolare.
Altri invece con rassegnazione.
Arriviamo alle vicende degli ultimi mesi. Prima l’allerta lanciato da Stop Animal Crimes sui cavalli lasciati in quota sotto la neve. Poi il grave incidente in cui è stata coinvolta una vettura con feriti umani e vittima equina. Quindi l’ennesima conseguente denuncia dell’associazione che fin dall’inizio ha sposato la causa di questi cavalli.
Una sequenza senza fine
Ma qual è il motivo del contendere? Abbiamo cercato di capirlo. Il cavallo Pentro è uno dei fiori all’occhiello della biodiversità che caratterizza l’area naturalistica della Piana di Montenero Valcocchiara, corridoio elettivo tra il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Con il nascente Parco del Matese a fare da ulteriore attrattiva.
Il cavallo Pentro abita qui. Semibrado. Da che se ne ha memoria. Tanto che è tra le 15 razze di cavalli a distribuzione limitata riconosciute dall’Aia (Associazione allevatori italiani). Ed è purtroppo a rischio d’estinzione.
Così, anni fa, con la Legge regionale 26 del 2005, la Regione Molise decise di tutelare e valorizzare questa razza autoctona.
Come? Elargendo un contributo agli allevatori che, già sul territorio con le proprie strutture, si preoccupassero di dare un ricovero invernale ai cavalli. E di nutrirli naturalmente, acciocché non vagassero pericolosamente in cerca di cibo.
I fatti di cronaca, le denunce e le numerose segnalazioni inviate alle autorità nel corso degli anni ci indicano che, contrariamente a quanto nelle corde del legislatore, la realtà è stata assai diversa.
I contributi (pochi o tanti non è il motivo della contesa) sono stati spesi/incassati. Ma i cavalli hanno dovuto e continuano ad arrangiarsi da soli. Con esiti molto spesso devastanti.
Oltre agli incidenti stradali e alla fame, nel solo 2020, più di 150 puledri sono stati attaccati e uccisi dai lupi. Il che la dice lunga sulla reale volontà di tutela nei confronti di una razza considerata in pericolo di estinzione.
Sembrava una cosa facile…
Le condizioni previste dalla legge regionale per la tutela del cavallo Pentro sono abbastanza semplici. I cavalli Pentri devono essere allevati allo stato semi-brado, ovvero lasciati liberi di pascolare nell’area di Pantano della Zittola salvo poi, nella stagione invernale, essere condotti in rifugi adeguati, dove possano trovare riparo dalle intemperie, nutrirsi e abbeverarsi.
Nonostante la semplicità del ‘patto’ tra uomini e cavalli, i Pentri purtroppo non godono dei benefici previsti e pensati per loro. I cavalli vengono lasciati al proprio destino. Che è sicuramente più a buon mercato del ricovero o del fieno.
Lasciati al libero pascolo tutto l’anno, anche quando il foraggio è coperto dalla neve, vagano mettendo a repentaglio la propria incolumità, quella dei residenti della zona e degli automobilisti in transito. Muoiono di fame, di lupi, di macchine.
Gli esperti spiegano inoltre che la non-gestione di questi cavalli è dannosa per la varietà dell’ecosistema dell’area Sic che abitano.
Il consigliere regionale Angelo Primiani (M5S) ha in questi giorni depositato una interrogazione e aperto un confronto istituzionale sul tema. È l’ennesimo tentativo di creare un contesto di giustizia per questi cavalli e per i luoghi che li ospitano.
Là dove l’etica delle persone (non di tutte per fortuna) ha fallito, là dove non sono riusciti gli stanziamenti comunitari, riuscirà la politica?
Ce lo auguriamo per il cavallo Pentro. Uno dei nostri patrimoni.
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