Bologna, 17 settembre 2019 – Poi, un giorno, dalla Germania arrivò Diana, anche lei per passare una vacanza in riva a quel mare dai colori caraibici, coi suoi genitori, ma che si trovò subito di fronte alle barriere architettoniche alberghiere.
Diana era un’adolescente che, all’età di due anni, era stata vittima di un pesante handicap mentale e fisico che l’aveva portata in uno stato semi-vegetativo, presentando un difficoltoso coordinamento degli arti inferiori e superiori, turbe dell’equilibrio e del comportamento, difficile comunicazione verbale e tanto altro ancora.
Quando la conobbi, aveva dodici anni.
Fin dai primi giorni del suo arrivo nel mio centro ippico, Diana mostrò un vivo interesse per i cavalli.
Un punto di partenza che facilitò la comunicazione non verbale con lei che si iscrisse subito alle lezioni di equitazione.
Le difficoltà da superare furono molteplici perché indissolubilmente legate al suo handicap.
Poi, l’ultimo giorno di vacanza, Diana venne per la prima volta in scuderia da sola, non appoggiata ai genitori, che le facevano da stampella, e si avvicinò al box del suo
cavallo preferito.
Prese degli zuccherini nella tasca e, porgendoglieli, disse: «Gamil, ti voglio bene!»
E questo, in un tedesco sufficientemente comprensibile mentre prima si esprimeva solamente attraverso suoni, per la maggior parte del tempo, indecifrabili.
L’emozione provocata fu così forte che, abbracciandola, scoppiai in lacrime. Immediatamente, convinsi i suoi genitori a farle continuare l’ippoterapia una volta
rientrati in Germania.
Passò un anno e Diana tornò in Tunisia.
Il cambiamento era radicale! Tutta fiera, l’adolescente arrivò in scuderia sventolando una coccarda, simbolo di una vittoria ottenuta in una gara di volteggio a squadre per
ragazzi diversamente abili.
Quando Diana disse: «Questa coccarda è per te: sei tu che l’hai vinta!» fu il momento più importante della mia vita, quello che segnò la mia svolta professionale
ed il mio impegno nel sociale.
Una vittoria, oggi, condivisa quotidianamente con i miei bambini speciali, in aule speciali che non hanno né muri né porte ma che sono una grande finestra sul verde, su
spazi aperti e tanti animali che insegnano un’importante competenza emotiva: l’empatia.
Questa fondamentale abilità sociale rappresenta uno degli strumenti di base di una comunicazione interpersonale efficace e gratificante.
Una materia che non si trova sui
libri ma che serve a rafforzare la struttura emozionale dei più piccoli.
Il mio modo di insegnare, frutto di una ricerca più che trentennale, nasce innanzitutto dal mio desiderio infantile di come, allora, da bambina con il grande fiocco blu, avrei voluto che fosse la mia scuola.
Un luogo divertente, dove le regole nascono dal rispetto dell’altro, dalla libertà acquisita e conquistata, dal senso di responsabilità e del dovere.
Ma, soprattutto, dal gioco! Imparare senza barriere, andando oltre, cercando e ricercando.
Dando spazio alle attitudini che si sviluppano esattamente a quella età e che, se ben guidate e amplificate, saranno il desiderio di una professione scelta e portata avanti conpassione.
A Mahdia, nel cuore del Sahel, il litorale tunisino, ho creato un habitat naturale in cui vengono proposte molteplici attività per migliorare l’apprendimento e le capacità
cognitive, catalizzate ed amplificate dalla presenza di cani, gatti e cavalli.
Animali con cui si impara a prendersi cura di sé, a diventare responsabili e attenti, con cui si cresce, diventando adulti ma lasciando ampio spazio al fanciullo che è in ciascuno di noi.
(continua)
di Gabriella Incisa di Camerana