Bologna, 27 dicembre 2019 – A proposito di morva, in seguito alla notizia relativa all’epidemia turca abbiamo chiesto a Ombretta Orsini, medico veterinario ippiatra che vive e lavora in provincia di Lecce, di rinfrescarci un po’ la memoria a proposito della morva, o farcino: una malattia che ormai dalle nostri parti è quasi scomparsa ma continua a mietere vittime, sia umane sia equine, in altre parti del mondo.
Dottoressa Orsini, cos’è la morva?
“La morva è una malattia batterica degli equidi causata da Pseudomonas Mallei. Questo è un patogeno obbligato, e sopravvive poco nell’ambiente esterno, fatte salve condizioni di buio e umidità e calore tipiche di scuderie sporche, sovraffollate, umide.Colpisce anche l’uomo, raramente cane, gatto, arvicola, pecora e capra”.
Come si trasmette?
“Il contagio avviene per contatto o inalazione con secreti o escreti infetti, principalmente il catarro emesso dagli ammalati. Si presenta in forme acute e croniche: le prime, rapidamente mortali, sono tipiche di asino e mulo, le seconde del cavallo”.
Come la si riconosce?
“I sintomi della forma acuta conseguono all’esposizione di lesioni cutanee o mucose al patogeno: abbiamo febbre alta, tumefazione ed ulcerazione dei linfonodi locali e morte. La forma cronica si contrae principalmente per inalazione ed assume tre forme: cutanea, broncopolmonare, nasale.
Tipica la tosse, la rinite spesso monolaterale, la febbre altalenante, gli ascessi linfonodali e a livello broncopolmonare. Trattandosi di zoonosi è malattia soggetta a denuncia, con abbattimento di tutti gli equidi colpiti e isolamento dei focolai”.
Come si combatte?
“Nell’uomo si cura sia con antibiotici che attraverso escissione e drenaggio degli ascessi, ma può mietere vittime, come successe nella prima guerra mondiale. E’ ancora ben presente in Medio Oriente, personalmente ricordo un focolaio all’ippodromo di Beirut nel 2008”.
In passato, sino alla Prima Guerra Mondiale, anche gli eserciti di tutto il mondo dovevano fare i conti con la morva: i cavalli su cui gravava la diagnosi prima dell’abbattimento venivano “malleinati”, cioè veniva loro inoculato il siero denominato malleina, per capire se erano effettivamente stati colpiti o meno.