Bari, 16 settembre 2019 – Si chiamava Nerone ed è stato trovato morto, dentro al box, dopo giorni di sofferenza e di semiabbandono in un centro equestre pugliese.
È successo la sera del 13 settembre, il giorno in cui IHP era riuscita a ottenere per lui il sequestro giudiziario per maltrattamento.
La procedura urgente di intervento era stata attivata dalla Onlus il 6 settembre, ma l’Asl è intervenuta 7 giorni più tardi e solo dopo il coinvolgimento del Ministero della Salute, interpellato da IHP vista l’inerzia delle autorità locali.
Fin dalla prima segnalazione, ricevuta il 6 settembre, IHP invia immediatamente a proprie spese un veterinario privato sul posto che conferma la necessità di cure urgenti; contatta anche i Carabinieri della località e il numero di reperibilità dell’Asl.
La risposta lapidaria del veterinario di turno è che, senza una “convocazione” dei Carabinieri, lui non si sarebbe mosso.
Nei giorni successivi a nulla valgono due esposti urgenti inviati via PEC e svariate telefonate sia ai Carabinieri che all’Asl.
A quel punto l’associazione si rivolge formalmente al Ministero della Salute, alla Regione Puglia e all’Ordine nazionale dei veterinari, denunciando l’inerzia delle autorità locali.
Il successivo intervento dell’ufficio VI benessere animale del Ministero riesce finalmente a muovere i funzionari a ottemperare al loro ruolo.
Nel frattempo però sono passati ben 7 giorni: è il 13 settembre quando Carabinieri e Asl, recatisi sul posto nella tarda mattinata, constatano l’estrema gravità delle condizioni di Nerone e chiedono al presidente di IHP di prenderlo in carico a spese dell’associazione, in quanto “altrimenti non avrebbero saputo come fare”.
Malgrado la disponibilità immediata di IHP, che organizza rapidamente il trasporto verso un clinica specializzata, l’Asl blocca nuovamente l’operazione di salvataggio, chiedendo al responsabile della clinica di aspettare, perché prima avrebbero dovuto fare degli accertamenti su possibili malattie infettive.
Passa così altro tempo prezioso.
Alle 19 circa dello stesso giorno, il gestore del maneggio informa l’associazione di aver trovato il cavallo morto dentro il box.
IHP ha già provveduto a integrare l’esposto, chiedendo alla Procura (che nel frattempo ha aperto un fascicolo) di indagare anche l’eventuale omissione di atti d’ufficio, visto che la legge è molto chiara sul tema: il maltrattamento di animali è un reato perseguibile d’ufficio e dunque anche senza la necessità di azioni legali di cittadini o associazioni.
Qui non solo c’era stata l’azione legale, ma IHP aveva anche inviato a proprie spese un veterinario libero professionista per valutare le gravi condizioni del cavallo, riferendole immediatamente all’Asl e chiedendo il sequestro immediato.
Tutto era partito dalla segnalazione di un cittadino che dichiarava che in un maneggio pugliese sarebbero stati detenuti una decina di cavalli e pony, appartenenti a due diversi proprietari, uno dei quali gestore della struttura.
A causa di liti e reciproche denunce e querele tra i due, sei cavalli sarebbero stati reclusi in box da molto tempo, senza nessuna assistenza se non fornitura di cibo e acqua: secondo la segnalazione, il loro proprietario non si recava mai nella struttura e aveva diffidato il gestore dal toccare i cavalli.
L’Asl conosceva la situazione fin da aprile (IHP è a conoscenza di un’e-mail inviata ai servizi veterinari) ma non avrebbe preso misure concrete per togliere i cavalli da lì. Il risultato sarebbe stata una situazione di semiabbandono di cui in particolare stava facendo le spese uno dei sei cavalli, Nerone, che da qualche giorno dava segni di profondo malessere e dolore diffuso, tanto da non riuscire a camminare.
“La morte di Nerone poteva essere evitata se l’Asl fosse intervenuta tempestivamente” è il commento di Sonny Richichi, presidente di IHP Italian Horse Protection Onlus, l’organizzazione che si occupa di tutela degli equidi su tutto il territorio nazionale.
“Questa è una vicenda vergognosa che purtroppo rispecchia l’attuale realtà italiana in tema di tutela animale. Da tempo ci rivolgiamo alle Istituzioni, e in particolare al Ministero della Salute, affinché colmi questo vuoto operativo e si arrivi a una concreta applicazione della legge. Invece tutto è lasciato a funzionari che non sempre agiscono come ci si aspetterebbe”.
Il lavoro di IHP non si ferma qui: restano altri cinque cavalli da salvare. Per loro, forse, c’è ancora speranza.