Bologna, 11 aprile 2022 – La primavera incalza. Arrivano i primi tepori e la natura riprende vita. Insetti compresi così come abbiamo più volte sottolineato. E con essi, le insidie per la salute dei nostri cavalli.
Tra le malattie trasmissibili attraverso la puntura di alcuni insetti c’è la West Nile. Fino a un decennio fa poco conosciuta in Europa, oggi è una temibile realtà che si è estesa ben oltre le rive del Nilo da cui si ritiene abbia avuto origine.
La West Nile, tecnicamente West Nile Virus (WNV) origina dal virus trasmissibile da una zanzara e può aggredire tanto l’uomo quanto gli animali. In questi ultimi, è stimato che il 96% dei casi rilevati riguardi proprio i cavalli.
Gli Usa sono stati i primi a lanciare l’allarme su questo virus. Era circa il 1999. Da allora, silenzioso, con la complicità delle variazioni climatiche, il virus ha viaggiato in lungo e il largo. E oggi è una realtà anche da noi.
I sintomi
Secondo quanto riportato dalle riviste scientifiche, larga parte degli animali che sono entrati in contatto con il WNV non palesano alcun sintomo. Alcuni però sviluppano forme neurologiche. E qui sta il problema.
Dopo la puntura dell’inseto, il virus entra in circolo attraverso il sangue, dove si moltiplica. Se riesce a ‘bucare’ le difese che proteggono la circolazione del cervello, può causare uno stato infiammatorio, un’encefalite, con esiti non raramente nefasti.
L’incubazione dell’encefalite da West Nile va da tre a 15 giorni, mentre nelle forme leggere si manifesta con sintomi simil-influenzali.
I tipici segni che indicano l’insorgenza della malattia, oltre a quelli del tutto simili a una influenza (scarsa coordinazione, debolezza ecc) includono:
- Sonnolenza
- Apatia
- Paralisi facciale (labbro pendulo, palpebre che scendono)
- In casi gravi, impossibilità di alzarsi
- Ipersensibilità al tatto e ai rumori
- Debolezza
- Spasmi muscolari
La brutta notizia è che non esiste un trattamento specifico per la West Nile. Una volta che il virus è nell’organismo e vi soggiorna incontrastato, risposte individuali molto differenti rendono la stesura di un protocollo univoco piuttosto complesso.
Quindi le terapie più diffuse si basano su anti infiammatori e fluidi per endovenosa. Ma è l’analisi del veterinario sul singolo paziente che può veramente determinare il trattamento che serve.
L’altra notizia inquietante è che secondo studi britannici, tra i cavalli non vaccinati che si ammalano della forma severa della West Nile, c’è una mortalità del 33% circa. Alcuni cavalli recuperano totalmente, altri mostrano problematiche a lungo termine. Naturalmente la prognosi è più problematica per quei soggetti che presentano uno stato di salute precario pre-malattia o per gli anziani.
Coordiniamo la difesa
L’American Association of Equine Practitioners (Aaep) raccomanda di includere il vaccino contro la West Nile nel programma vaccinale annuale. E anche molti veterinari europei ritengono che il vaccino sia la prima misura di protezione che si possa offrire al proprio cavallo. Senza contare il fatto che un vaccino costa infinitamente meno delle cure che sono necessarie per contrastare la malattia.
Il vaccino offre una protezione individuale, e quindi poco importa se i cavalli vaccinati sono in una scuderia in cui non tutti lo sono. Il nostro veterinario saprà sicuramente indicarci, a seconda della zona della penisola in cui si trova il cavallo, quale sarà il momento migliore per la vaccinazione di profilassi.
In seconda battuta bisogna predisporre un programma di contrasto agli insetti che passa attraverso la disinfestazione stagionale e l’uso di ogni prodotto insetto-repellente.
Funzionano e insieme al vaccino abbattono le percentuali di rischio.