Bologna, mercoledì 24 giugno 2020 – Se Fieracavalli fosse una persona – donna o uomo indifferentemente – oggi risulterebbe affascinante più che mai, aggiungendo alla bellezza e al carisma di sempre anche una dose di coraggio, determinazione e forza (fisica e mentale) perfino superiore al solito, proponendosi quindi come un vero e proprio simbolo, riferimento, modello al quale rifarsi. Un esempio, insomma. In questa nostra disgraziata epoca, durante la quale gli eventi e i concorsi ippici internazionali cadono falcidiati dal virus uno dopo l’altro fino alla pressoché totale desertificazione del calendario dell’anno intero, Fieracavalli non solo resiste ma addirittura raddoppia: due fine settimana consecutivi invece di quello tradizionalmente unico. Un gesto di coraggio, appunto, e di forza: di chi è consapevole fino in fondo della propria responsabilità, quella di unire e di proporre condivisione e concordia.
Ma Fieracavalli non è una persona: è piuttosto ‘fatta’ di tante persone… persone che la vivono, la organizzano, la progettano, la amano. Soprattutto la amano. Tra tutte queste persone ce n’è una che oggi più che mai rappresenta l’evidenza e la natura profonda di Fieracavalli: Armando Di Ruzza, 45 anni, formalmente parlando uomo che riveste la carica di ‘event director’ ma il cui ruolo nella sostanza va ben oltre una definizione di carattere per l’appunto solo formale.
«Fieracavalli in realtà è di tutti, e chi l’ha sempre vissuta adesso la vuole. Come se fosse la cena di Natale della famiglia, di una grande famiglia: ci vogliamo essere tutti. Prendere atto di questa realtà è cosa che mi ha colpito tantissimo».
In questo particolare momento storico è un’immagine di forte significato…
«Proprio questo significato è ciò che mi ha aiutato a uscire da un momento iniziale, lo confesso, di una certa difficoltà… ma poi telefonate, messaggi, lettere… tutti mi hanno aiutato a trovare la forza per ripensare completamente un evento che ha più di cento anni di vita, e nel quale rimettere le mani rischiando di fare dei danni poteva essere un’ipotesi anche pericolosa. In realtà ho una tale voglia di farla, Fieracavalli, che se potessi ne farei tre… ».
Tre magari no, ma due fine settimana consecutivi invece di uno li avete pure programmati… Come nasce questo progetto?
«È semplice. I protocolli e le restrizioni dovute alla pandemia ci inducono ovviamente a limitare gli accessi all’interno del quartiere fieristico. Aumentando il numero delle giornate possiamo garantire a tutti gli operatori del comparto equestre di incontrare la stessa quantità di persone che avrebbero incontrato durante un normale fine settimana di Fieracavalli. Tra l’altro i due fine settimana si potranno fare alla stessa tariffa con cui l’anno scorso se n’è fatto uno solo».
Cioè uno sforzo economico non da poco per Fieracavalli.
«Esatto, sì, anche perché la situazione attuale rispetto al solito ci impone una maggiore quantità di personale dedicato ai controlli, all’igienizzazione e alla sanificazione, quindi le spese per noi aumentano considerevolmente, ma vogliamo dare un segnale forte ed eloquente, un segnale di ripartenza effettiva».
A oggi com’è la situazione da un punto di vista organizzativo in rapporto all’emergenza sanitaria?
«Diciamo che il governo centrale si esprimerà se non ricordo male il 13 o il 15 luglio a proposito dei temi che ci riguardano. Nel frattempo noi come tutti gli altri eventi ci siamo dotati di un protocollo che prevede il distanziamento e il controllo della temperatura agli accessi. La biglietteria sarà esclusivamente online, ci saranno i termoscanner ai varchi di accesso, l’architettura dei flussi è stata studiata per evitare qualunque forma di assembramento».
Quindi quante persone si prevede che possano accedere all’interno del quartiere fieristico?
«La previsione è quella di consentire l’ingresso di circa diecimila visitatori al giorno. Calcolando poi che ci saranno più o meno tremila persone operative all’interno, arriviamo a un totale che oscillerà tra le tredici e le quindicimila presenze quotidiane dentro il quartiere fieristico. Come dicevo prima, l’idea di fare due fine settimana consecutivi risponde appunto alla necessità di diluire gli ingressi dando però le stesse opportunità a tutti».
Poi non basterà il controllo all’ingresso del quartiere: bisognerà fare altrettanto per ogni singolo padiglione, probabilmente, per evitare che si creino appunto gli assembramenti…
«Certo, infatti ogni ingresso di ciascun padiglione sarà presidiato da steward che controlleranno anche l’accesso a quelle che non saranno più tribune bensì palchi sui quali dovrà essere esattamente individuabile la posizione delle persone».
E tutte le operazioni di sanificazione?
«Saranno un lavoro enorme perché sanificheremo tutto il quartiere sia prima dell’ingresso dei visitatori sia dopo la loro uscita. La cosa è complessa perché useremo prodotti a base di ozono, e l’ozono è un gas che non può essere respirato quindi c’è tutta una procedura particolare per il suo utilizzo. Avremo poi dai nove ai dodici presidi medici fissi con ambulanza, cosa che però è sempre stata anche negli anni scorsi».
Questo quindi il quadro generale.
«Sì, nella buona speranza che con il tempo e in divenire ci siano magari degli… allentamenti. Diciamo che noi oggi abbiamo predisposto un’organizzazione che risponde alla situazione che potremmo definire peggiore».
Tutti i padiglioni saranno comunque utilizzati?
«No, solo tre quarti della superficie complessiva: ci servono delle aree di decompressione per applicare i protocolli di sicurezza. Anche per questa ragione faremo due settimane: per alternare le iniziative, dando spazio a chi nel primo fine settimana non lo troverebbe».
Quali saranno i temi dei due fine settimana?
«Il primo, quattro giorni dal 5 all’8 novembre, è quello più… saltocentrico, diciamo, con lo Csi di Coppa del Mondo e altri concorsi tra i quali il 122×122. Il secondo, di tre giorni dal 13 al 15 novembre, sarà più incentrato sul western mantenendo però nel Padiglione 8, quello della Coppa del Mondo, un concorso ippico importante, un due stelle. Vogliamo dare alla gente la possibilità di saltare: lo scorso fine settimana abbiamo visto che in gara tra Narni, Arezzo e Busto Arsizio c’erano circa millecinquecento cavalli, segno che la gente ha voglia, ha entusiasmo».
Parliamo della tappa di Coppa del Mondo.
«Tappa di Coppa del Mondo che quest’anno festeggia il ventennale… Una ricorrenza importante, ovvio. Naturalmente abbiamo dovuto chiedere alla Fei la possibilità di ridurre il montepremi, come del resto hanno fatto tutti i comitati organizzatori in percentuali che vanno dal 40 fino al 50%. Del resto anche i cavalieri in un momento come questo devono dare un segnale, soprattutto accettare il fatto che gli organizzatori sono oggettivamente in grande difficoltà. La realtà è che l’anno scorso in tribuna in Coppa del Mondo c’erano cinquemila persone, quest’anno ce ne saranno mille. Questi sono i numeri, e fa una bella differenza».
Siete in contatto frequente con la Fei per tutto questo?
«Certo, una conferenza a distanza almeno una volta alla settimana. In questo ci sta dando una grossa mano la Fise che si è messa totalmente al nostro fianco. Credo che la Fei sulla faccenda della riduzione del montepremi deciderà già entro questa settimana o poco più tardi. Ci sta aiutando moltissimo anche Eleonora Ottaviani nel suo ruolo di direttrice del club internazionale dei cavalieri: da parte sua c’è la massima disponibilità, sta parlando con i cavalieri, con i vari interlocutori… Insomma, questo è un anno particolare, per non dire orribile, e tutti devono dare un pezzettino del loro per poter ripartire, è inevitabile. Noi ci accolliamo comunque tutte le spese senza alcun dubbio: l’unica cosa che chiediamo è di poter ridurre il montepremi. Anche perché poi bisogna tener conto del fatto che i costi per organizzare un concorso ippico internazionale di quel livello all’interno di una fiera sono molto ma molto più alti di quelli di un normale evento all’interno di un impianto dedicato solo a quello».
Al di là di questioni tecniche, organizzative, economiche e formali, rimane il fatto che in uno scenario come quello attuale sapere che Fieracavalli c’è e rimane più che mai viva rappresenta un segnale forte…
«L’attività sociale e di comunicazione che abbiamo svolto in questi mesi ci dà la chiara percezione dell’atteggiamento positivo da parte di tutti. Una consapevolezza nuova, direi un’attenzione fortissima soprattutto da parte dei giovani. Mi sembra di poter dire che questo periodo ci ha unito, ci ha aiutato a superare quei piccoli o alle volte grandi contrasti basati su ideologie, pregiudizi, micropolitica… non vorrei dire una parola troppo forte, ma parlerei quasi di fratellanza all’interno del nostro mondo».
Anche da parte delle istituzioni vi è questo stesso atteggiamento?
«Certamente. Come ho detto, la Fise ci è molto vicino. Abbiamo poi la fortuna di avere un presidente della Regione Veneto come Luca Zaia che è un grande amante della natura in generale e dei cavalli in particolare, e questo ci aiuta tantissimo anche solo moralmente: perché la forza per fare qualcosa deriva anche dai supporti morali che arrivano dalla politica. Come nel caso dell’amministrazione comunale, fatta di persone, sindaco Federico Sboarina in testa, che sono appassionate di cavalli e di fiera: ci hanno dato la disponibilità dei maggiori parchi cittadini per fare il Battesimo della Sella, in questo modo anche chi per vari motivi non può accedere alla fiera potrà vivere il contatto con il cavallo. Il messaggio che vogliamo dare, e in questo Fise Veneto ci è molto vicina, è di massimo coinvolgimento del tessuto sociale cittadino».
Come dire che se la gente non può andare in fiera, la fiera va dalla gente…
«Esatto. Paradossalmente proprio in questo periodo noi siamo per la massima apertura. Anzi, di più: vogliamo la massima contaminazione con il virus cavallo!».