Bologna, mercoledì 7 agosto 2024 – Abbiamo ancora tutti negli occhi e nel cuore le favolose prestazioni di cavalli e cavalieri impegnati ieri nella finale individuale olimpica di salto ostacoli nell’altrettanto favolosa arena di Versailles… E naturalmente le immagini di gioia dei protagonisti del podio, una gioia talmente pura e contagiosa da farcene sentire parte, sebbene tutti noi spettatori esterni… E ovviamente quelle delle loro prestazioni formidabili: Christian Kukuk su Checker, Steve Guerdat su Dynamix de Belheme e Maikel van der Vleuten su Beauville. Certo, loro hanno conquistato le medaglie… ma anche chi non è salito sul podio mancandolo di poco è stato protagonista di una bellezza tecnica e agonistica che sarà difficile dimenticare.
Ma proprio per valorizzare al massimo e al meglio tutto questo è importante considerare altro. Per esempio ciò che è successo a Karl Cook e a Henrik von Eckermann, due esempi eclatanti di ciò che non sarebbe dovuto accadere e che invece è accaduto. Due eventi sportivamente terribili per entrambi…
Karl Cook a Parigi ha affrontato il suo primo campionato internazionale oltre che la prima Olimpiade: ieri nella finale individuale per sua esclusiva responsabilità, sbagliando completamente l’avvicinamento a un ostacolo, ha gettato al vento un possibilissimo percorso netto, oltre che probabilissimo visto come stava saltando Caracole de la Roque… quindi la possibilità/probabilità di andarsi a giocare una medaglia in barrage. Al termine del percorso il tempo lunghissimo con cui Karl Cook si è tenuto la mano sul volto ha raccontato più eloquentemente di mille parole la disperata consapevolezza di chi sa di aver mancato l’occasione della vita per propria responsabilità. Difficile non essere solidali con lui: il suo dolore è stato anche il nostro dolore, il dolore dello spettatore capace di immedesimarsi nella situazione.
Diverso nella dinamica il caso di Henrik von Eckermann, ma non meno… sanguinoso. Lui: il numero uno del mondo, il campione del mondo in carica, il campione di Coppa del Mondo in carica, vittorie e trionfi ovunque in sella a un cavallo – King Edward – che ha già marcato un’era del salto ostacoli mondiale. Lui: il favorito per una medaglia d’oro individuale… Quello che è successo lo abbiamo visto tutti: un salto non perfetto sulla riviera, la necessità di cambiare programma sulla linea che portava al seguente verticale, di conseguenza identica necessità per l’avvicinamento al terzo ostacolo (largo) di questa dirittura, un brutto salto, la ricezione con un equilibrio compromesso per il cavaliere, una complicata ripresa del controllo della situazione, la recinzione del campo poco più in là, i ripari delle cellule della linea di partenza che si trovavano lì nei pressi, il cavallo va da una parte, il cavaliere dall’altra… caduta, eliminazione… ! Henrik von Eckermann seduto sulla sabbia, King Edward che se ne va… Terribile.
Perché dobbiamo considerare tutto questo, oggi? Perché Karl Cook e Caracole de la Roque formano un binomio fantastico, il cavaliere è seguito da un tecnico della fama e della bravura di Eric Navet, la loro vittoria nel Rolex Gran Premio Roma lo scorso maggio in Piazza di Siena è stata meravigliosa, il loro doppio zero fondamentale per la medaglia olimpica d’argento degli Stati Uniti (miglior risultato della squadra!). Perché Henrik von Eckermann è un cavaliere formidabile e King Edward un portento: il loro curriculum insieme parla chiaro e non c’è bisogno di aggiungere null’altro. Eppure è successo tutto quello che è successo, ieri.
E quindi, perché dobbiamo considerare tutto questo, oggi? Per renderci conto di una realtà talvolta non considerata nella sua totale pienezza. Quando vediamo un cavallo e un cavaliere saltare insieme ci sembra scontato che accada. Quando vediamo un grande campione in sella a un grande campione portare a termine una grande prestazione ci sembra normale che questa grandezza si manifesti davanti ai nostri occhi. Ma tutto questo non è né scontato né normale… per nulla. E loro malgrado Karl Cook e Henrik von Eckermann ce lo hanno dimostrato in tutta evidenza. Dietro l’eccellenza di ogni percorso, dietro l’eccellenza di ogni singolo salto, perfino dietro l’eccellenza di ogni singola falcata di galoppo c’è un equilibrio sottile e raffinatissimo e perfetto che si regge su meccanismi delicati e preziosi. Basta un niente per alterare questo equilibrio: e quel niente può condurre a evidenze eclatanti. E’ questo che dobbiamo tenere sempre molto ben presente: quando guardiamo un percorso, quando guardiamo un cavallo, quando guardiamo un cavaliere. Il successo di una prestazione tecnica e agonistica è qualcosa di straordinario, sempre: in senso letterale, cioè fuori dall’ordinario. Anche quando ai nostri occhi sembra normale.
Tutto questo ci spiega quanto sia meraviglioso, artistico, complesso e affascinante montare a cavallo. E difficile. Paradossalmente il dramma sportivo di Karl Cook e di Henrik von Eckermann ‘serve’ a valorizzare ancora di più i successi ottenuti da entrambi. E non solo da loro due: anche da qualunque altro cavaliere che come loro ogni giorno della vita si impegna al massimo per rendere facile ciò che in realtà è difficilissimo.