Bologna, 15 agosto 2024 – Durante le lunghe dirette da Parigi2024 ce ne eravamo accorti. Nelle grafiche a cinque cerchi, differentemente da quanto successo nei recenti Campionati del Mondo, non compariva il nome del groom. Che detta così sembra una piccola cosa… Ma che in realtà aveva rappresentato un punto di riconoscimento molto apprezzato da un’intera categoria professionale in tutto il mondo.
Secondo quanto ci ha spiegato l’Iga, l’International Grooms Association, questa mancanza è dipesa del modo in cui le Olimpiadi sono gestite e organizzate. «È stata una decisione che era al di là della portata/volontà della FEI – ci hanno detto – che dal canto proprio ha invece citato i nomi dei groom con molta più regolarità in occasione delle grandi manifestazioni. Si spera che entro il 2028 i groom delle prossime Olimpiadi avranno il proprio nome accanto a quello del cavaliere e del cavallo».
Eppure, come in ogni evento in cui si celebra lo sport con i cavalli, anche a Parigi i groom ci sono stati. Sono stati, come sempre una colonna portante. Hanno fornito un apporto professionale estremamente importante e specializzato. Tra loro, diversi italiani impiegati all’estero e tra questi Maria Sofia Viola che ha avuto il piacere di condividere un accesso alla finalissima di salto ostacoli con il proprio binomio. Un’occasione che sicuramente fa curriculum ma anche un sogno che si realizza dopo un lungo e duro lavoro che vede nelle gare olimpiche l’epilogo di una lunga preparazione.
«Sono da poco tornata da Parigi, dove sono stata alle Olimpiadi in veste di showgroom per il cavaliere saudita Abdulrahman Alrajhi. Versailles è stata una cornice splendida, sontuosa, meravigliosa… È stata davvero un’emozione saltare in una location tanto spettacolare. Ogni bambino sogna di poter partecipare, un giorno, alle Olimpiadi. Ed è stato sempre anche il mio sogno. Soprattutto da quando ho iniziato a fare della mia passione per i cavalli una professione: showgroom, tecnico e manager di scuderia. Questo sogno quest’anno si è realizzato. Dopo la vittoria qualificante degli Asian Games, per la squadra saudita è iniziato un gran lavoro per arrivare – come cavalieri e come team – a un appuntamento così importante. Versailles è stata sicuramente una cornice perfetta dove poter ospitare il jumping. Un panorama straordinario per un’Olimpiade magica com’è stata quella di Parigi».
Ma come erano organizzati i servizi per tutti coloro che hanno animato il vasto backstage del jumping olimpico?
«L’organizzazione è stata molto soddisfacente vista dalla prospettiva di chi era lì per lavorare. C’erano a disposizione cliniche per cavalli, luoghi deputati alla mascalcia, docce sempre pulite con getti d’acqua con buona pressione, c’era una pulizia profonda, aria condizionata in scuderia. E poi, acqua e bibite per cavalieri, groom e personale dei team. Cibo per groom e cavalieri durante tutto l’arco della giornata, punti coffee break con frutta yogurt, barrette proteiche, caffè e snack… Il nostro lavoro, con giornate davvero lunghe e calde è stato reso più confortevole e tutto è andato liscio».
Maria Sofia, nel suo parlare, pare aver analizzato ogni dettaglio con lucidità e pragmatismo. Ma un’Olimpiade è anche emozione…
«Quello olimpico, a livello di emozioni, è stato un percorso fortissimo. È stato un percorso di preparazione lungo e articolato condiviso con veterinari, fisioterapisti, maniscalchi, osteopati, massaggiatori. Il tutto finalizzato ad arrivare a Parigi con un cavallo atletico, in super forma, con un ottimo bagaglio di performance alle spalle. Il tutto, in pratica, significa concorsi scelti e saltati in maniera sempre differente e in diverse condizioni. Per esempio, prima di arrivare in Francia abbiamo fatto tappa in Italia per saltare in condizioni climatiche simili a quelle che ci aspettavamo di trovare a Parigi. Senza perdere di vista anche la quota motivazionale… che in gare così importanti costituisce uno stress che può e deve essere gestito tanto per il cavallo quando per il cavaliere».
Professionalmente parlando, cosa implica una preparazione e poi una partecipazione olimpica per uno showgroom?
«È stato un periodo lungo e stressante. La preparazione olimpica inizia anni prima dei Giochi e nei mesi a ridosso dell’evento c’è una rete fittissima di ‘appuntamenti’ inderogabili da mettere a punto. Dopo che il cavallo ha messo se stesso alla prova in percorsi difficili almeno come quelli olimpici, c’è da fare la messa a punto su tutti gli aspetti che riguardano la sua condizione e preparazione. Quindi dai risultati sportivi agli osteopati. Dai veterinari agli alimentaristi. Ognuno deve contribuire a perfezionare il lavoro svolto. La professione di showgroom occupa la larga parte della mia giornata e negli ultimi mesi ho seguito Ventago, il cavallo a me affidato, a ogni passo. Se stava a casa, stavo a casa con lui. Se andava in gara, ci andavo anch’io. Ho studiato con il mio cavaliere quali tipi di massaggi fossero migliori per il cavallo prima o dopo la gara, o quale tipo di strategie di lavoro applicare in un dato concorso e quali in un altro, così da avere sempre dei termini di paragone e tendere al meglio. SI è trattato di un processo studiato attentamente con il cavaliere così da mettere in atto un ‘protocollo’ ottimale da seguire a Parigi. Per quanto di grandissima soddisfazione, il lavoro di questi mesi è stato particolarmente intenso e stressante per me in quanto, nella mia funzione professionale, avevo il compito di tenere un po’ la regia di tutti gli aspetti della preparazione del cavallo. Osteopata, maniscalco, fisioterapista, veterinario e cavaliere avevano me come punto di riferimento e tramite per il cavallo. Ognuno dava la propria opinione e sensazione rispetto al cavallo e io avevo il compito di trovare ‘la quadra’ della situazione. Ho avito la responsabilità di comunicare correttamente il feeling di ogni componente del team per lavorare tutti insieme alle soluzioni ottimali. Tutto ciò che gira intorno al cavallo e al team è stato pensato e ripensato, visto e rivisto fino all’approvazione di tutti per poi essere messo in atto, come un vero piano strategico a Parigi. Quando si arriva a un’Olimpiade non ci si può certo mettere a fare esperimenti…».
Come sono state le gare di Parigi viste dalla sua posizione di privilegio?
«I percorsi di Parigi sono stati complicati, tecnici e grossi. Ce lo aspettavamo ma è solo quando sei lì che ti rendi conto di quanto è profondo un oxer e quanto tecnica è ogni linea o ogni spezzata. Emotivamente è un concorso che mette alla prova anche i cavalieri e i cavalli più esperti e un bravo showgroom deve sempre tenere conto anche di questo aspetto. Ogni piccola cosa può alterare l’equilibrio di entrambi. Quindi tutto deve essere perfetto e per gli imprevisti bisogna avere sempre un piano B immediato. Tutto quello che riguarda il cavallo è responsabilità dello showgroom. Il cavaliere deve solo pensare a montare bene, con grande motivazione e dare il meglio anche perché se è lì è solo perché se l’è meritato».
C’è grande fierezza mentre Maria Sofia parla della performance del suo cavaliere…
«La difficoltà dei percorsi di Parigi si può ben intuire dai risultati… Il mio cavaliere con Ventago ha fatto zero in qualifica e solo un errore nel percorso valevole le medaglie. Sui 30 binomi che hanno partecipato alla gara finale, solo tre cavalieri hanno fatto netto e 10 hanno fatto un errore. Questo significa che la qualità era altissima e i cavalli ben preparati. Molti cavalieri sono andati molto vicini all’obiettivo di zero penalità ma… Purtroppo le barriere sono rotonde e a volte cadono. Per me la qualifica alla finale individuale ha costituito un momento molto emozionante. Ho tirato un sospiro di sollievo e in un attimo ho capito che tutti gli sforzi e tutti i momenti passati con il cavallo sono stati ripagati. Non nascondo che ho versato anche qualche lacrima. Quando il cavallo fa zero penalità e tu sai che hai contribuito a quel risultato è un regalo immenso. Sarò per sempre grata a Ventago per questa emozione. Così avrò sempre riconoscenza per il team Saudi Arabia, un team con cui lavoro da diversi mesi e che mi fa sentire apprezzata e ‘a casa’. Ogni membro del team gode dell’apprezzamento e del rispetto degli altri ed è una bella sensazione, appagante. C’è molto affiatamento anche con il mio cavaliere e ora condividiamo l’orgoglio di questa performance olimpica. Quando abbiamo lasciato Versailles con il cavallo abbiamo iniziato subito di nuovo a sognare. Sarà Los Angeles e combatteremo per una medaglia tra quattro anni. Con tutta l’esperienza di Parigi in più dalla nostra parte».