Bologna, 9 agosto 2024 – La gente di cavalli vera è un patrimonio prezioso per tutto l’ambiente equestre.
E a un vecchio cavaliere e grande uomo di cavalli come Mario Turner sono date molte facoltà: soprattutto quella di esprimere il suo parere sullo sport che è sempre stato anche il suo.
Quindi pubblichiamo, molto volentieri, questa sua lettera aperta agli appassionati di equitazione tutti: e in particolare a quelli che amano la disciplina del Completo.
“Ho avuto modo di guardare alcuni tratti del percorso di campagna del Completo alle Olimpiadi di Parigi. Gli italiani hanno montato benissimo, sono bravi, e mi pare anche che abbiano dei buoni cavalli. Anche se lontani dal podio, a loro vanno tutti i miei complimenti di vecchio cavaliere.
Ma il tema è un altro. Il completo di oggi sta al completo dei miei tempi come la Pallanuoto sta al Tiro con l’Arco.
Non c’entrano nulla.
Non ho seguito il processo che ha portato alle regole moderne, per me a volte assurde. Un cavallo italiano è uscito dal rettangolo con un po’ di sangue dalla bocca: boh, si sarà pizzicato, ma non certo per l’azione del cavaliere, e non certo per un atto di crudeltà.
Allora è subentrato un altro cavaliere in squadra, che ha fatto solo cross e concorso, mentre il punteggio è rimasto quello con il rettangolo del primo cavaliere. Con 100 punti di penalizzazione della squadra,
A me sembra una follia. Senza senso.
Ai miei tempi, in Completo campagna, Dressage e Concorso contavano (si diceva) rispettivamente per 70, 20 e 10 %.
Naturalmente noi ci preparavamo soprattutto per la campagna, perché era la prova regina: alle Olimpiadi di Montreal nel 1976 in campagna io ho risalito circa 50 posizioni in classifica dopo il dressage.
Preparavamo i nostri cavalli a una prova suprema di velocità e resistenza, e loro arrivavano alle grandi gare (Olimpiadi e Campionati) carichi come delle bombe a mano.
A me Tempest, sempre a Montreal, ha tirato una mezza sgroppata in rettangolo, da tanto che era carico.
Il secondo giorno facevamo quasi 35 kilometri.
Prima marcia 9000 metri, steeple 3600, seconda marcia 15000 , cross 8/9000. Velocità 670 m/minuto lo steeple, 570 il cross.
Percorsi netti nel tempo, quasi mai nessuno, ovviamente.
Ricordatevi : 70-20-10.
Oggi metà della classifica, o quasi, fa netto nel tempo in campagna e concorso.
Se non sei in testa in Dressage puoi scordarti di vincere.
Oggi sono state tolte le marce e lo steeple.
Va bene, certo, costava molto , specie in una Olimpiade, metter giù una parte di 28 kilometri di percorso che nessuno va a guardare non è conveniente, e in molti posti è difficile anche trovare gli spazi.
Però è molto cambiato il cross.
Sono arrivati gli angoli. E i fronti stretti. Mark Todd, per me il miglior cavaliere di tutti i tempi insieme a Lucinda Green, dopo un periodo sabbatico in Nuova Zelanda è tornato e ha osservato: “Mi pare che in Europa ci sia scarsità di legno!”
Gli angoli e i fronti stretti sono difficilissimi, e bisogna esercitarsi a lungo per affrontarli.
In quasi ogni salto ci sono le alternative più facili (ai miei tempi si chiamavano “il giro del vigliacco” e io le percorrevo spesso, perché non volevo correre troppi rischi!), e i cavalieri si distribuiscono equamente.
Quello però su cui nessuno dice niente, è che sono sì difficili, errorabili (scarto, abbattimento della bandierina, ecc) ma “saltini”.
Ho visto un passaggio di Michael Jung (un cavaliere non bello a vedersi, in piedi sulla staffatura troppo lunga, ma un genio assoluto nell’arte di strappare punti in ogni prova) su una combinazione complessa con circa 5/6 salti insieme.
Beh, l’ha superata, ma in televisione è stato come vedere uno che fa dei cavalletti.
Sembrava una cosa semplicissima. Tic, tic, tic, tic.
Nessun salto moderno prevede una parabola che vada oltre i due metri.
A Badminton, salti come il Vicarage Vee, la Banchina di Normandia, e altri in tutti i grandi completi del mondo: salti in cui i cavalli facevano parabole di 4-5-6-7 metri.
Straordinario per chi montava, una sensazione di volare, credetemi, e se nessuno di voi ha mai affrontato la Banchina di Normandia, dove c’erano almeno 10.000 persone a vedere, beh, mi spiace per loro.
Straordinario per il pubblico, che applaudiva, ma comunque oggi applaudono tutti, comunque vada. Spettacolarità, nessuna.
Si dice che il cambiamento sia stato deciso per aumentare la sicurezza di cavallo e cavaliere.
Non sono molto d’accordo.
Un cavallo stanco in genere non cade, ma rifiuta.
Normalmente poi lo ferma il suo cavaliere e a volte il giudice all’ostacolo, che ne ha piena facoltà.
Il pericolo più grave in completo non è la distanza, ma le cadute cosiddette “rotazionali” (rotational falls).
Sono quando il cavallo cade in avanti dopo il salto, ruota di 180 gradi sulla testa o sul collo, e si ribalta sul cavaliere.
Succede anche nelle corse a ostacoli, ma nelle corse , data la velocità, il cavaliere cade 2-3 metri più in là (a me è capitato molte volte).
In completo no, il cavaliere rimane poco avanti la testa del cavallo, che gli cade sopra.
Tutti gli incidenti mortali degli ultimi decenni sono state cadute rotazionali.
Con una caduta simile è morto nel 1975 il mio amico Alberto Rodino, davanti ai miei occhi.
Nessuno ha mai trovato una soluzione, e credo che non si troverà mai, a meno di non ingabbiare il cavaliere in un rollbar, o in un’armatura di acciaio.
Ma le cadute rotazionali capitano a cavalli stanchi e a cavalli freschi, senza distinzione.
Che dire ?
Il completo di oggi non è lo sport che ho fatto.
Pazienza. Il mondo è cambiato.
Io sono entrato in squadra alle Olimpiadi due volte, per meriti dei miei cavalli e miei,: Monaco 72 (con Forgotten Fred) e Montreal 76 (Tempest of Blisland) malgrado non fossi mai gradito ai tecnici federali.
Ma ho partecipato col cuore anche alla prova che il mio Rossinan, da me preparato fin dalle sue primissime gare, ha affrontato alle Olimpiadi farsa di Mosca 1980, e si è comportato come mi aspettavo.
Nostalgia? Rimpianti?
No, certo. Solo una constatazione, il completo di una volta dimentichiamocelo.