Bologna, 19 agosto 2024 – Stanno per arrivare le Paralimpiadi di Parigi 2024, e ci è tornato in mente un testo scritto da Enrico Querci, giornalista e scrittore che vive il mondo del galoppo, in occasione di una conferenza a cui era stato invitato.
Querci aveva colto l’occasione per fare un parallelo tra un cavallo che lui conosce molto bene, Laghat, e un atleta non vedente: perché anche Laghat è un atleta non vedente, e ha corso in pista (vincendo!) nonostante la sua disabilità.
Vi lasciamo alla penna e alle parole di Enrico: e capirete perché abbiamo scelto di condividerle proprio adesso.
Sono Enrico Querci, giornalista ippico, fotografo e scrittore. Vengo da Livorno, in Toscana.
Sono stato invitato dal Direttore Generale per l’ippica del MASAF, il dottor Remo Chiodi, perché nel 2014 ho scritto un libro, il mio primo di cinque.
Può sembrare strano ricevere un invito per un libro scritto 10 anni fa, ma non è così e vi spiego perché.
Il titolo del libro è Laghat, il cavallo normalmente diverso.
Perché un libro su Laghat: è un Purosangue, nato nel 2003 in una scuderia vicino a Roma, l’Azienda Agricola Rosati Colarieti.
Laghat era un bellissimo e promettente puledro ma si ammalò gravemente.
In seguito entrambe gli occhi furono colpiti da una micosi che lo rese totalmente cieco da un occhio e quasi completamente dall’altro.
Riesce a percepire la differenza di luce tra il giorno e la notte e la sagoma di chi gli sta vicino.
La micosi gli ha anche cambiato il colore degli occhi: sono diventati azzurri, lo stesso colore di quel cielo che non può più vedere.
Ma, nonostante ciò, ha vinto 26 volte nelle 137 corse ufficiali che ha disputato negli ippodromi italiani.
Non ha mai causato interferenze con altri cavalli, non è mai caduto e né ha mai fatto cadere nessuno ed è sempre stato determinato a vincere.
Tutto questo è stato possibile grazie alle persone, specialmente il suo proprietario Federico De Paola, che lo hanno amato e aiutato a essere ciò per cui è nato: un cavallo da corsa.
È stato ritirato dalle corse nel 2015.
La storia è raccontata in prima persona da alcuni di questi testimoni: l’allevatore, l’allenatore, il fantino con sui ha debuttato e vinto, il proprietario.
La storia del cavallo si intreccia con quella di questi uomini.
Ma non è tutto, perché ho dato voce a Laghat che racconta come vive il passaggio da una vita normale a una vita nell’oscurità.
Il libro è uscito nel novembre 2014 e tutte le copie sono state vendute in pochi giorni e questo è stato sorprendente per l’editore e anche per me, ovviamente!
Dopo la prima edizione, il libro è stato ristampato 5 volte continuando a suscitare l’interesse dei lettori e non solo.
Qual è stato l’impatto di questo libro sulla comunicazione all’interno e all’esterno del mondo dell’ippica? È stato enorme.
Questa storia ha superato i confini degli ippodromi e dell’Italia quando Laghat era prossimo a vincere la sua ventesima corsa.
Le televisioni nazionali e quelle straniere, le riviste e i giornali sono venuti a Pisa per raccontare la sua storia.
Ho presentato questo volume ovunque: in librerie, maneggi, agriturismo, festival dello sport e in molte città dove i cavalli sono molto amati perché sede di manifestazioni popolari che li vedono protagonisti.
Sono stato in tournee con il mio libro in Sardegna, un’altra regione dove i cavalli fanno parte della vita quotidiana delle persone.
Il libro è stato premiato dal CONI, il comitato olimpico italiano.
Laghat è diventato sempre più popolare, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
È stato la chiave per aprire i cuori delle persone e portare la loro attenzione sui temi della disabilità e dell’inclusione.
Poiché Laghat è stato da subito popolare anche tra i bambini, nel 2018 in accordo con Pacini Editore abbiamo deciso di scrivere e disegnare la storia illustrata di Laghat. I disegni sono stati realizzati da un talentuoso artista al suo debutto editoriale, Vincenzo Basiricò.
Sono stato in molte aule per incontrare giovani studenti e le loro domande sono state stupefacenti.
Incontrare i bambini è stata in assoluto una delle esperienze che questo libro mi sta regalando.
Sì, continua a farlo perché gli insegnanti mi contattano ancora per raccontare questa storia nelle loro scuole.
Centinaia di persone, bambini, amanti dei cavalli, sono stati a San Rossore dove Laghat vive tuttora per incontrarlo, per accarezzargli il muso, per dargli da mangiare mele e carote.
Se si cerca la voce “Laghat” su Google si ottengono 4.120.000 risultati.
La storia infinita di Laghat mi sta ancora regalando emozioni.
Infatti, è in lavorazione un film ispirato al libro e lo vedremo al cinema l’anno prossimo in Italia e, speriamo, all’estero.
Nei giorni scorsi stavo pensando a come rispondere a una delle domande poste dal titolo del mio intervento quando ho incontrato una persona che, adesso, è un nuovo amico.
Si chiama Matteo, ha 36 anni ed è cieco dalla nascita. È un atleta paralimpico ed è campione del mondo di tiro con l’arco, titolo conquistato nel 2023.
È la prima volta nella mia vita che parlo a lungo con una persona non vedente e che mi relaziono con essa.
Ho notato che usa i verbi vedere e leggere come se vedesse e leggesse normalmente.
Abbiamo parlato del mio libro e mi ha chiesto di inviargli un file in modo che anche lui potesse leggerlo.
Io l’ho fatto la sera tardi e la mattina presto lui mi ha mandato un messaggio.
Matteo ha letto il libro tutto d’un fiato, alcuni passaggi lo hanno commosso e ha trovato molti punti di contatto tra la storia di Laghat e la sua.
Mi ha detto: “Sono molto arrabbiato quando la gente dice che i paratleti sono dei super eroi. No, noi siamo atleti che si allenano e lavorano duramente per raggiungere il loro obiettivo: vincere le gare come qualsiasi altro atleta normale cerca di fare. Noi non siamo speciali”.
Alla fine del libro Laghat dice di considerarsi un cavallo fortunato perché ha avuto attorno a sé molte persone che gli hanno voluto bene. Si chiede anche come avrebbe potuto essere la sua vita se fosse stata senza quella malattia. La risposta che si dà è che la sua vita è felice e non l’avrebbe cambiata con una vita normale.
Matteo ha commentato questo pensiero con queste parole: “I miei amici mi chiedono spesso se rimpiango la mia condizione e se vorrei avere una vita a colori, ma io rispondo di no. Ho la mia vita, la mia famiglia, il mio sport, i miei amici e sono d’accordo con Laghat al cento per cento”.
Quindi, secondo me, il successo di questo libro è nel titolo: quando la differenza diventa normalità, la vita è bella.
Per tutti.