Bologna, 31 Dicembre 2020 – È sempre più frequente la scelta di riportare i cavalli tra i filari e nei lavori in campagna. Dopo l’esempio delle cantine Di Filippo di Cannara, quelle in Puglia e altre realtà vitivinicole in Veneto, documentate in un servizio di Silvia Allegri su Cavallo Magazine di ottobre 2019, La Nazione attraverso la penna di Sarah Esposito ci racconta la scelta dell’azienda Speziali Laurentiani per la coltivazione dei vigneti e delle piante officinali.
Un cavallo dalla criniera dorata traina gli attrezzi che lavorano la terra. Non è un sogno dall’ambientazione storica né una qualche rimessa in scena del celebre film Non ci resta che piangere con Roberto Benigni e Massimo Troisi. Succede a Perignano nella località Spinelli dove l’azienda Speziali Laurentiani, che coltiva piante officinali per produrre cosmetici diventata nota anche durante l’emergenza sanitaria per i prodotti igienizzanti, ha deciso di coltivare lavanda e vigneti proprio come si faceva un tempo: usando la trazione dei cavalli.
«Abbiamo abbandonato i trattori – racconta il titolare Matteo Bacci – e preso tre cavalli da tiro. Qualche mese fa di fronte a un aumento di produzione ci siamo trovati a scegliere tra l’acquisto di un super trattore nuovo oppure optare per dei cavalli. Questo dalla bellissima criniera dorata è Urganio, devo fargli le treccine altrimenti non riuscirebbe a vedere tanto è folta la chioma! Arriva dalla Francia, vicino Marsiglia, ha lavorato nelle vigne là. Le nostre vite si sono incrociate quando stava per essere portato al macello. Attraverso l’associazione Eponalia siamo riusciti a impedire che ciò accadesse e un mesetto fa è arrivato qui. Ci sono anche due puledre arrivate dal Belgio, Julienne e Jamaique».
Nei campi a poca distanza dalla strada principale i cavalli sono diventati una vera attrazione, tanto da richiamare le famiglie del vicinato durante il fine settimana. «Stiamo iniziando proprio in questo periodo – continua – a lavorare per produrre vino e lavanda con l’utilizzo dei cavalli. I vantaggi? Non inquinano, costa meno mantenerli e poi c’è il grande valore aggiunto del rapporto che si crea. Il trattore comprime il terreno perché è pesante mentre il cavallo no, inoltre i filari possono essere più fitti perché l’animale riesce a lavorare in spazi più ridotti. A breve il nostro vino avrà un’etichetta dedicata a questo tipo di lavorazione».
Un progetto nato da pochissimo ma che sta già riscuotendo attenzioni. «A breve partirà in collaborazione con Coldiretti – aggiunge – una scuola di formazione nazionale per operatori agricoli equestri. Perché? Molte aziende ci stanno chiedendo di esportare questa lavorazione così abbiamo creato un modo per formare personale apposta, così da creare occupazione».
L’attenzione al benessere è di casa tanto quanto la filosofia dell’economia circolare. «Abbiamo acquistato un macchinario – spiega – per la spremitura dei vinaccioli dai quali si ottiene un olio adatto per la cosmetica. Ci siamo accorti che lo scarto è un pellet di ottima qualità perché non contiene resina. Altri progetti futuri? C’è uno studio sul prodotto per eccellenza di Lari, la ciliegia, presto belle novità».
©Sarah Esposito/La Nazione