Modena, 14 febbraio 2024 – Rossi era un vero e proprio mago del trotto, non solo costruiva sedioli ma allevava e allenava: il famosissimo Vandalo, nato nel 1869 dal marchese Constabili a Ferrara, con lui segnò un tempo di 2’25” sul miglio, sebbene il cavallo fosse ormai anziano e sofferente ai posteriori.
Da notare che ai tempi c’erano corse per Trottatori tout-court ma anche ambiatori, pariglie e soggetti montati.
L’ambiatore per un certo periodo rimase più veloce ma la sua azione, nonostante il minor rischio di rompere l’andatura, era meno spettacolare, meno elegante del trottatore puro e finì per essere meno ricercato, almeno in Europa.
L’allevamento specifico del cavallo trottatore comincio’ più o meno nell’ultimo ventennio di quello stesso secolo.
Il senatore veneto Breda fu il primo a importare soggetti Orlov e americani, sia stalloni che fattrici.
E a breve venne imitato dal barone Ruggeri di Novi di Modena, dal barone Franchetti di Roverbella, in provincia di Mantova e da tanti altri.
Che, seppure in scala minore replicavano la ricetta dell’incrocio tra trottatori provenienti da paesi tanto lontani e tanto diversi.
Gli ingredienti erano fattrici di Purosangue Inglese, trottatrici Standarbred americane e Orlov, cavalle italiane di razza Piave e anche di razza comune che si erano distinte per i risultati in corsa.
Fino a una trentina di anni fa solo due delle fattrici Breda americane e inglesi avevano lasciato una famiglia ancora esistente, nata dai loro matrimoni con stalloni americani e Orlov.
Le fattrici Orlov dettero risultati ottimi incrociate con il Purosangue inglese: Conte Rosso, il più grande trottatore europeo della sua epoca, era frutto di una di queste combinazioni.
Le migliori si rivelarono le cavalle di razza Piave: vennero coperte da trottatori Norfolk, e i loro prodotti incrociati con il trottatore Orlov.
Ma cos’era esattamente questa proverbiale razza Piave, diventata metafora di affidabilità, qualità e resistenza e poi estinta e finita nel dimenticatoio dei cavalli perduti?
Leggiamo insieme il ‘Censimento generale dei cavalli e dei muli’ redatto dalla Divisione Agricoltura del Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio nel 1876.
“Due si considerano le razze dei cavalli predomi nella Provincia (di Treviso, n.d.r.): la razza detta Piave e la razza Friulana. La razza Piave che diede cavalli che acquistarono bella fama negli ippodromi nostri ed è opinione avesse origine dall’incrociamento della cavalla ungherese collo stallone arabo in questa Provincia, a cura della Veneta Repubblica.
Il cavallo di razza Piave, buon trottatore, resistente alla fatica, di facile accontentatura in cibo, di forme regolari e spigliate specialmente nelle parti anteriori è però in generale di statura bassa.
Il cavallo di razza friulana, importato dal limitrofo Friuli ha forme pregievolissime. Razza robusta, è corridore instancabile di buona statura. Tutte e due queste razze poi al presente subirono tale deterioramento per le ragioni che appresso che in questa Provincia si ritengono quasi totalmente perdute”.
A proposito di Razza Piave, si trova una disquisizione su questi soggetti anche negli ‘Atti del Convegno per la ripresa economico-agraria delle Venezie’, anno 1946. La riportiamo di seguito.
“L’ambiente ippico soffre ancora di nostalgia per l’antica razza Piave che è dovunque ricordata, ed ogni tanto compare qua e là qualche stalloncino o fattrice che si classifica appartenente a questa razza.
Vogliamo a tale proposito ricordare che il cavallo Piave ha le stesse origini del Friulano di cui sarà fatto cenno, però il tipo è differente: più slanciato più leggero e più distinto.
Sarebbe stato originato da uno stallone arabo smarrito dall’esercito francese nel 1813 presso Fossalta.
Culla di questo cavallo molto resistente alle fatiche, il cui mantello predominante è il grigio pomellato erano tutti i paesi rivieraschi alla sinistra e destra del Piave.
Tecnici ed allevatori hanno tentato nel passato la ricostituzione di questa razza, ma il conflitto 15/18 ha dato il colpo di grazia a tale lavoro.
Attualmente funziona qualche stallone che è classificato della razza Piave. Ma i requisiti dell’antico Piavet, come è chiamato con termine caratteristico nel Trevigiano, non sono più quelli di una volta.
Sulla massa di cavalle che ha indubbiamente qualche caratteristica dell’antica razza l’orientamento ippico attuale è di incrociarla col Trottatore. Avendo così risultati di ingentilimento però con perdita della robustezza e della rusticità”.
E’ triste pensare che siano spariti questi cavalli, che pure un tempo erano così amati. Ma in fondo, come sanno fare così bene i cavalli, sono semplicemente diventati altro.
E l’idea che dentro i trottatori di adesso, in fondo ai codici genetici che li ‘disegnano’ così come sono ci siano ancora le grigie, gentili e instancabili cavalle del Piave ha qualcosa di affascinante.
Ma torniamo al mitico Ingegnere Vincenzo Stefano Breda, uno dei padri del Trottatore italiano.
Nel giugno del 1886 compilò il 1° Catalogo della Razza Breda. Un elenco di tutti gli stalloni, le cavalle e i puledri che aveva nei suoi due centri di allevamento a Camazzole (Carmignano di Brenta) e a Ponte di Brenta, entrambi nella provincia padovana.
Nelle prime righe della pubblicazione Breda spiega il perché della pubblicazione. Si rifà alla razionalizazione che ha permesso agli stati del ‘nord del Nuovo Mondo’ di raggiungere risultati allevatoriali sorprendenti sul cavallo da Trotto.
Spiega Breda: “Il tempo colà è veramente moneta. Gli americani volevano avere in gran quantità cavalli molto veloci e molto resistenti per gli usi comuni della vita. E sebbene sia in alcuni casi possibile di ottenere da stalloni di Purosangue dei trottatori, avendo essi constatato che l’accoppiamento di trottatori tra di loro da quasi sempre dei trottatori e, in ogni caso, dei buonissimi cavalli da servizio a questa specie di allevamento si sono dedicati in modo che si può ritenere esclusivo”.
- L’editore Robert Bonner, uno dei fondatori dell’allevamento del Trotto americano, con il suo celebre Sunol a New Yor, nel 1900 – da Cronistoria del Trotto di Ermanno Mori
Allevare significa selezionare, selezionare significa comparare tra di loro i vari soggetti sulla prova pratica: le corse.
Ed è bellissimo trovare, tra importantissimi campioni americani acquistati da Breda e portati in quel di Padova, anche fattrici Piavet e friulane.
Come Mora-Stella: di mantello nero, Alta m.1,54 nata nel 1867 nel Comune di Mason da uno stallone Friulano del signor Ruffini di nome Italo e da uan cavalla del paese.
Oppure Lotto: una grigia di 1.47 al garrese nata nel 1866, ritenuta della razza del vecchio Rondello a cui somigliava molto nelle forme e nel mantello.
Lotto si chiamava così perché Breda la vinse a una lotteria in Cittadella. Diede, tra gli altri anche Gatta, puledra nata dall’Anglo-Arabo Bello.
Gatta e un’altra cavalla di Breda furono da lui vendute ai signori Budini di Firenze, commercianti di cavalli. Loro le rivendettero a Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele che le mandò come dono in Inghilterra a Sua Maestà la Regina Vittoria.
Sarebbe bello sapere cosa fecero lassù in Inghilterra, nella terra dei Purosangue, le due Trottatrici della Razza Breda.
Tutta la biliografia necessaria alla stesura di questo articolo è consultabile presso al biblioteca equestre della Associzione Pievecavalli di Città della Pieve, Perugia.