Bologna, giugno 2015 – Romano Nuti non c’è più. Sembra impossibile. Un uomo di una forza fisica e di una forza d’animo straordinarie, un uomo che è stato un vero e proprio simbolo della vita nei cavalli, con i cavalli e per i cavalli, un uomo che sembrava destinato a essere eterno: prima sono nati i suoi figli Giorgio ed Enrico, poi sono nati i figli dei suoi figli, e poi sono nati i figli dei figli dei suoi figli, e lui sempre lì, con loro, assieme a loro. Adesso Romano ha voluto mettere la parola fine a una vita che negli ultimi anni lo aveva ridotto a essere la metà di quello che era sempre stato, ad annebbiare la mente e i ricordi e i pensieri… no, non poteva vivere così Romano Nuti, no. Basta. Romano se n’è andato. Ma non se ne va ciò che lui ha rappresentato agli occhi di chiunque ami i cavalli e lo sport equestre. Nato nel 1930 a Roma ma da famiglia toscana, Romano Nuti ha lavorato a lungo con i purosangue a San Rossore per poi approdare a Castellazzo nel regno di Graziano Mancinelli e diventarne ben preso il capo scuderia grazie alla sua sapienza, alle sue capacità organizzative e alla sua competenza tecnica. E Graziano Mancinelli sarà un personaggio fondamentale per la storia sportiva e agonistica di Giorgio Nuti, figlio di Romano, il quale sarebbe divenuto ben presto il miglior cavaliere italiano dell’era post-d’Inzeo e post-Mancinelli. Dopo il periodo di Castellazzo inizia l’era-Birago: Romano Nuti e la sua famiglia si trasferiscono al Centro Ippico Brianteo di Birago di proprietà dell’ingegner Enrico Bedini dove rimangono fino alla fine degli anni Settanta, per poi spostarsi al Centro Ippico Monzese a Villasanta (Monza) e poi dalla fine degli anni Ottanta di nuovo Birago e Misinto. Il tutto accompagnando la carriera sportiva di Giorgio e dei suoi importanti proprietari di cavalli quali lo stesso Enrico Bedini, poi Aldo Palma, infine Angelo Gilardoni (poi più tardi ci sarà anche Andrea Conti). Insomma, Romano Nuti ha seguito in prima persona – ma sempre stando dietro le quinte – alcune delle fasi più importanti dello sport equestre italiano, a stretto contatto con personaggi determinanti per quella stessa storia. Resistendo a tutto, anche al tremendo dolore della perdita prima del figlio Enrico (nel 1996, quando Enrico aveva solo 48 anni, anche lui uomo di cavalli, tra l’altro decisamente originale nel suo intendere il rapporto con lo sport equestre) poi della moglie Lucia nel 1998. Adesso il caro vecchio Romano ha detto basta: se ne va anche lui. E il suo funerale è programmato per domani, 9 giugno, nella chiesetta di Misinto alle 11. Ci mancherà tremendamente tanto.
8 giugno 2015