Bologna, 28 febbraio 2017 – Fernand Leredde ci ha lasciato a 86 anni. E’ il naturale ciclo della vita, quello che lui stesso per primo ha amato, sostenuto, incrementato e gestito nella sua lunga e straordinaria esperienza di allevatore. Il cavallo sportivo in Francia è una realtà favolosa; i cavalli sportivi allevati in Normandia lo sono ancora di più; e Fernand Leredde è uno dei veri e propri leggendari allevatori normanni. Insieme al figlio Xavier (cavaliere internazionale), Fernand Leredde ha rappresentato quasi un ‘marchio’ esclusivo, di altissima qualità e di formidabile successo, con il suo Haras des Rouges dal quale sono provenuti cavalli fenomenali come Un Espoir E, Faon Rouge, Nuage Rouge, Papillon Rouge, Kouglof Rouge, Rochet Rouge, Fleche Rouge, Quartz Rouge, Tyrol Rouge… solo per dire i principali, protagonisti di successi olimpici, mondiali e continentali.
Ma soprattutto parlando di Fernand Leredde viene subito in mente il nome di Jalisco B, stallone capostipite figlio del leggendario Almé, padre di una davvero straordinaria serie di campioni sia in campo ostacoli sia in allevamento (basti pensare a Quidam de Revel, Quito de Baussy, Papillon Rouge, Olisco, Rochet Rouge… la lista è davvero interminabile). Una storia che dimostra tutta la competenza, la sensibilità, la lungimiranza di Fernand Leredde, una storia che lui stesso ha raccontato alcuni anni or sono sulle pagine di Cavallo Magazine/Lo Sperone a firma di Pascal Renauldon. Dice dunque Leredde di Jalisco: «Avrei voluto acquistarlo quando era ancora sotto la madre, ma sono stato battuto sul tempo da Jean-Pierre (Cancre, n.d.r.) e Gilbert (Lefèvre), che hanno offerto una cifra che io non mi sarei potuto permettere. Poi, due anni più tardi, quando ho saputo che il cavallo era nuovamente in vendita, ho consigliato a Henriette Vermooten di acquistarlo: io ancora una volta non ce l’avrei fatta. Quando Jalisco è entrato nel suo quarto anno i Vermooten hanno chiesto a Xavier (figlio di Leredde, n.d.r.), che allora era ancora junior, di cominciare a montarlo in gara. Il cavallo si è ben presto rivelato competitivo ad alto livello, tanto da vincere più tardi il Gran Premio dello Csio di Francia a otto anni. Ma in seguito Marcel Rozier (c.t. della nazionale, n.d.r.) non gli ha dato grandi opportunità in squadra, pur considerandolo tra i candidati per le Olimpiadi di Los Angeles; in effetti bisogna riconoscere che Jalisco non ispirava totale fiducia a causa di un rispetto talvolta approssimativo sull’ostacolo. Così venne guardato con un po’ di diffidenza anche sotto l’aspetto allevatoriale. Gli allevatori della zona, come Jean Brohier, parlavano di un “grande cavallo con il posteriore simile a quello di una rana e con un grosso testone”. Insomma, nessuno lo voleva come stallone. A me invece interessava in ragione della sua linea materna: sua madre, Tanagra, aveva dato Danoso, vincitore in Csi, Geisha e altre ancora. Jalisco associava le due grandi linee francesi: quella di Ibrahim e quella di Furioso. Durante le sue prime tre stagioni di monta ha coperto circa settanta fattrici che hanno dato cinquanta figli, e quattro di questi erano presenti alle Olimpiadi di Barcellona nel ’92: Quito de Baussy e Quidam de Revel titolari, Papillon Rouge e Olisco riserve (rispettivamente con Eric Navet, Hervé Godignon, Xavier Leredde e Michael Matz, n.d.r.), e tutti e quattro stalloni. Un evento piuttosto raro. Durante quei primi anni Henriette e io abbiamo dovuto davvero andare a caccia di fattrici per Jalisco, quando tra l’altro la sua monta non costava che cinquemila franchi; lei era proprietaria anche dello stallone Sans Souci (che Marcel Rozier aveva montato alle Olimpiadi di Monaco ’72, n.d.r.) e quindi tentava di indirizzare i suoi vecchi clienti su Jalisco, mentre io mi sforzavo di convincere gli allevatori della mia regione tra i quali Alain Navet, il quale diede a Jalisco Urgande, che poi sarebbe diventata madre di Quito de Baussy. Poi quando il grande valore di Jalisco fu unanimemente riconosciuto capii che Henriette faceva una certa fatica a resistere alle ottime offerte che le venivano fatte per il cavallo, così la misi in contatto con Francisco Geraldes, il quale ci garantiva che lo stallone sarebbe riamasto in Francia. Fu una trattativa lunga e difficile… Geraldes continuò ad affidare il cavallo a Xavier con l’intenzione di arrivare fino alle Olimpiadi di Seul, ma quando capimmo che mio figlio non avrebbe fatto parte della squadra suggerimmo a Geraldes di dare il cavallo a Manuel Malta da Costa».
Fernand Leredde, il grande vecchio normanno: bisognerebbe sedersi lì, di fianco a lui, per ascoltare storie che pochi al mondo possono permettersi di raccontare. Ora è andato, ma non smetteremo mai di essergli riconoscenti per tutto quello che ha fatto per il mondo del cavallo, per lo sport, per l’allevamento. Per l’esistenza di tutti noi, quindi.