Bologna, 12 ottobre 2016 – Tutti sappiamo di dover morire. Ma nel caso di alcuni personaggi la morte è una realtà inaccettabile: non tanto per una questione affettiva – poiché tutte le morti lo sono, da questo punto di vista – quanto proprio per un fatto di oggettiva esistenza di quella persona dentro di noi e dentro le cose che ci circondano e dentro le cose che si dicono e dentro i pensieri che si fanno. Alcune persone sono talmente ‘dentro’ questa realtà oggettiva che è impossibile pensarle… non più qui. Non è possibile. Infatti Albino Garbari è morto ma non è morto. Non è morto: è lì, e per sempre lo sarà. Sì, ma lì… dove? Beh, ai Pratoni del Vivaro, ovvio, dove altrimenti? Albino Garbari è in ogni filo d’erba, in ogni zolla di terra, in ogni pezzo di pietra o di legno, perfino nell’aria e nell’acqua e nei suoni e nei profumi e nei sapori dei Pratoni del Vivaro. Non c’è nessuno al mondo che sia i Pratoni del Vivaro più di Albino Garbari. Qualunque cosa si faccia o si dica o si guardi o si pensi o si tocchi stando ai Pratoni del Vivaro… beh, Albino Garbari l’aveva già fatta, detta, guardata, pensata o toccata. Tutto quello che esiste dentro i Pratoni del Vivaro è già esistito dentro Albino Garbari: ecco perché quando pensiamo ai Pratoni del Vivaro pensiamo in realtà ad Albino Garbari. Naturalmente i Pratoni del Vivaro non sono un luogo qualsiasi, per il mondo del nostro sport, quindi in definitiva per il nostro mondo: sono un simbolo che tale rimane nonostante le traversie che ne hanno caratterizzato la più recente esistenza. E siccome i Pratoni sono Albino, e siccome i Pratoni sono lì e per sempre saranno lì, ecco che Albino Garbari è lì e per sempre sarà lì. Quindi Albino Garbari è morto ma non è morto. Era a cena con degli amici, si è improvvisamente sentito male e diciamo che si è assentato… un attimo. Quel viso segnato da mille cose di tutto, quei capelli grigi sempre un po’ spettinati, quella voce gentile che non aveva perso una leggera inflessione veneta assimilata a Padova in tutti gli anni della sua giovinezza trascorsa insieme all’amico e compagno di sport e di lavoro di sempre Gianni Nicolè, quel suo modo di schivare le attenzioni, di nascondersi agli occhi di chiunque lo cercasse per avere un riscontro pubblico di qualcosa, perfino quando era stato lui a costruire e disporre i percorsi di cross di eventi internazionali del massimo livello (tra i quali le Olimpiadi di Atene 2004), perfino quando lo Stato lo insignì dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana (nel 2007), perfino quando lui era il responsabile di cavalli e di lavori e di luoghi… Ecco, Albino si è assentato un attimo. Nel frattempo noi tutti non possiamo che dirgli una sola cosa: grazie, semplicemente. L’erba, l’acqua, il legno, la pietra, l’aria, i suoni e i sapori dei Pratoni del Vivaro… dei nostri cavalli, del nostro sport, della nostra passione, della nostra vita. Albino Garbari.