Exeter, agosto 2015 – Quando si dice il tempismo: era rimasto nascosto tra le carte di famiglia di Lady Arran dal 1836 ed è stato ritrovato dalla signora proprio quest’anno, a 200 anni esatti dalla battaglia di Waterloo che si svolse il 18 giugno 1815. Giusto in tempo per metterlo all’asta, non appena passato il tourbillon di eventi dedicati allo storico evento.
Stiamo parlando di un ciuffo tolto dopo la sua morte dalla criniera di Copenhagen, uno dei cavalli che si può dire abbiano fatto la storia: era infatti la monta del Duca di Wellington, comandante dell’esercito inglese, in quei giorni campali a Waterloo che segnarono il destino di Napoleone.
E cosa ha veramente reso così speciale Copenhagen? non soltanto il fatto di essere stato il cavallo del comandante che vinse la battaglia, come si potrebbe facilmente pensare.
Perché le sorti di Waterloo si decisero sul filo di un rasoio affilatissimo: il campo di battaglia venne reso pesantissimo ed estremamente faticoso dalla pioggia nella notte precedente gli scontri, il feldmaresciallo Blucher che comandava l’esercito prussiano tentennava e rallentava le operazioni che avrebbero dovuto dare man forte agli alleati inglesi e Napoleone anche dopo la pausa all’isola d’Elba era sempre Napoleone, cioè un formidabile incantatore di soldati che riusciva ad utilizzare in modo strategicamente magistrale.
Ma il Duca di Wellington, per l’appunto, montava Copenhagen che era robustissimo e praticamente instancabile. Wellington rimase in sella a Copenhagen per più di sedici ore continuate in quella giornata fatale, e il cavallo continuò a tenere duro anche dopo essere stato ferito permettendo così al suo generale di lavorare senza interruzioni, mentre il nemico contava proprio su condizioni difficili e stanchezza degli avversari per cavarsela: quindi un po’ del merito della vittoria di Waterloo va anche a questo cavallo dalla resistenza fenomenale che permise al Duca di Ferro di far vedere di che metallo era fatto.
Da notare che finita la battaglia Wellington smontò di sella e diede una pacca sulla groppa del cavallo, che per tutta risposta gli sparò una bella coppiola in direzione della testa: per fortuna il Duca riuscì ad evitarla e non si offese minimamente per la faccenda.
Per i più curiosi: Copenhagen era uno stallone sauro bruciato piccolino e muscoloso con una bella groppa (le spalle erano così così, un po’ bruttine) nato in Gran Bretagna nel 1808 da Meteor e Lady Catherine. Meteor era figlio del grande Eclipse, Lady Catherine vantava lo stesso Eclipse e anche un altro storico capostipite dei Thoroughbred come Herod tra i bisnonni; ma aveva un po’ di sangue arabo fresco fresco e molto vicino a causa della madre, non per niente registrata come Rutland Arabian Mare nel General Stud Book. Da notare che Lady Catherine, proprio grazie alle eroiche qualità del figlio “soldato”, è l’unica fattrice mezzosangue iscritta nel Gotha dei Purosangue Inglesi.
Copenhagen scese in pista a tre e quattro anni, vinse un paio di volte ma in quel periodo epico per la storia del PSI c’era bisogno di ben altro per farsi notare: venne ritirato dalle corse e riciclato come cavallo da carica, messo su una nave e spedito a Lisbona dove l’esercito inglese era impegnato per via della Guerra d’Indipendenza Spagnola.
Poi venne acquistato da Arthur Wellesley, meglio noto come Duca di Wellington che disse di lui: “Può darsi che possano esserci stati cavalli più veloci, e certamente ce ne sono tanti più belli di lui: ma non ne ho mai visto nessuno che lo possa eguagliare per fondo e resistenza”.
Dopo Waterloo ci fu ancora tutta la campagna di Francia in serizio attivo per Copenhagen, poi il Duca lo montò solo in parate militari ed eventi ufficiali mettendolo praticamente in pensione anticipata presso la sua tenuta personale di Stratfield Saye.
Qui il cavallo visse fino al 12 febbraio 1836, giorno della sua morte: aveva ormai 28 anni e si era costruito una solida fama di cavallo garbato, che amava essere al centro dell’attenzione e adorava le mele che mangiava con molta buona grazia. Non rifutava mai la sua profenda, ma aveva la curiosa abitudine di mangiare solo da sdraiato.
Wellington soffrì molto del fatto che al cavallo dopo la morte vennero tagliati i piedi per fare souvenir degli zoccoli: non si diede pace finché non riuscì a recuperarli almeno in parte e li fece seppellire con il resto del legittimo proprietario. Furono realizzati anche molti gioielli con i suoi crini, anche quelli venduti come ricordo: il ciuffo venduto ieri all’asta è probabilmente l’ultima di queste spoglie.
Fonte: The Guardian
27 agosto 2015