Canberra, marzo 2015 – Riportiamo integralmente il comunicato Ansa che parla di questa ricerca Aussie, ma la facciamo precedere da una citazione del nostro solito, amatissimo Federico Tesio, che di corse e fruste (anche nell’accezione di fantini, che le usano) se ne intendeva parecchio: “La frusta il più delle volte fa perdere la corsa“.
In più ci sentiamo di sfatare la leggenda metropolitana citata dalla dottoressa Tong, relativamente al fatto che si riterrebbe i cavalli non sentano dolore: sarebbe molto bello fosse così, tante persone potrebbero giustificare i propri misfatti nascondendosi dietro il paravanto di una credenza popolare. Ma purtroppo siamo sicuri che chi frusta un cavallo ci conta parecchio, sul fatto di farsi sentire bene.
Ma passiamo alla relazione sulla ricerca:
“La pratica secolare di frustare i cavalli da corsa per farli correre più veloci è messa in discussione da una nuova ricerca australiana, secondo cui i cavalli hanno una pelle relativamente sottile e quando sono colpiti sentono dolore quanto gli esseri umani, anche se non lo mostrano. La patologa veterinaria Lydia Tong dell’Università di Sydney ha studiato lo spessore della pelle dei cavalli e come sentono dolore.
Descrivendo la ricerca nel programma Catalyst della Tv nazionale Abc, Tong si è detta sorpresa che nonostante un’estesa letteratura sui cavalli, tali conclusioni non siano state raggiunte prima. “Abbiamo studiato in dettaglio la pelle umana e quella equina nella stessa area del fianco”, ha detto.
“L’aspetto veramente interessante è che fino all’epidermide, cioè lo strato superiore, dove si trovano le fibre C sensibili al dolore, la pelle umana è più spessa di quella dei cavalli.
Quindi all’argomento secondo cui la pelle dei cavalli è più spessa e quindi sentono meno dolore, si può rispondere che la pelle umana è più spessa”. Una differenza fra uomo e animali, che si sono evoluti come prede, è che hanno più probabilità di nascondere il dolore. “Se un animale-preda mostra il dolore apertamente, ha più rischio di essere notato e di restare vittima di predatori, quindi tende a soffrire in silenzio“, ha spiegato la studiosa. “Non c’è motivo di ritenere che qualcosa cha causa dolore all’uomo non lo causi a un cavallo”, ha aggiunto.
27 marzo 2015