Texas, marzo 2015 – E’ un po’ la scoperta dell’acqua calda: i cavalli sono esseri sociali, e chiunque abbia mai visto il miglioramento di umore che fa uno di loro quando passa da una vita media di scuderia (pochissime ore fuori sotto la sella, il resto in box) alla beata realtà di un paddock da dividere con altri cavalli (opportunamente sferrati, ci sentiamo di precisare) ha la consapevolezza del fatto che questi ultima soluzione sia decisamente la più gradita agli equini.
Ma nel caso ci fosse ancora qualcuno da convincere adesso abbiamo anche la ricerca documentata dalla Nottingham Trent University: “Ai nostri occhi un box silenzioso nella semi-oscurità di una scuderia chiusa su se stessa come quelle tradizionali appare una soluzione sicura e confortevole, per quelli che crediamo essere i bisogni di un cavallo” spiega Kelly Yarnell, una esperta in benessere equino dell NTU “ma in realtà per loro è una segregazione che produce stress. I cavalli hanno bisogno di stare in contatto con altri animali, poter spaziare con lo sguardo all’esterno”.
Del resto lo aveva già scritto Anne Sewell nel suo Black Beauty, ed era il 1877: il protagonista del libro ripensa con nostalgia ai bei tempi “in cui stavo nel frutteto a Birtwick, in compagnia dei miei vecchi amici sotto gli alberi di mele”.
Bene, adesso oltre alla saggezza popolare, ai polverosi libri per ragazzi e alle convinzioni di qualche vecchio uomo di cavalli brontolone abbiamo anche la ricerca di una università texana che ha misurato il livello del corticosterone nei soggetti esaminati in varie situazioni e livelli di isolamento.
Speriamo che così sia più chiaro: i cavalli stanno meglio in paddock, anche se si sporcano e c’è un po’ più da strigliare prima di mettergli la sella.
Ad ulteriore incentivo: i cavalli se sono meno stressati rendono anche di più agonisticamente.
A buon intenditor…
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19 marzo 2015