Viterbo, giugno 2015 – I Cavalieri di Maremma li conoscerete tutti: sono un gruppo di appassionati che porta avanti le tradizioni dei butteri della Maremma laziale, vengono da Viterbo e si distinguono per correttezza filologica dell’abbigliamento, genuinità nel riproporre una testimonianza importante della nostra storia e anche per il fatto che hanno il curioso vizio di farsi accompagnare nelle loro uscite ufficiali da una razzetta di cavalli Maremmani e vacche rigorosamente della stessa origine.
Hanno fatto parte del progetto TransHumance del Théatre du Centaure, un viaggio strabiliante dalla Maremma sino in Provenza in compagnia di altri cavalieri, altri cavalli, altri armenti che voleva (anche) ridisegnare sulla faccia di queste terre vite e sentieri di gente che aveva con la natura un rapporto vero, solido, concreto e simbiotico.
Un altro viaggio li ha portati recentemente, seppur con modalità diverse, in Kazakistan: dopo avervi anticipato l’evento, ci facciamo raccontare la loro ultima avventura da uno di loro, Marco Mariotti:
«Siamo stati in Kazakistan dal 6 al 9 giugno: ci ha invitati l’ambasciatore italiano laggiù, Stefano Ravagnan, che conosce e ama la Maremma e al quale è venuta l’idea di questa sorta di gemellaggio ideale. In parallelo si sono mosse anche aziende del settore agroalimentare italiano che stanno già lavorando con questo paese, noi avremmo dovuto portare anche i nostri cavalli ma era troppo complicato. Ottomila chilometri di distanza, poi i certificati sanitari e un periodo di quarantena che avrebbe ulteriormente reso difficile la cosa…alla fine siamo andati solo noi e le nostre selle, ospiti nel centro ippico della tenuta del Presidente del Kazakistan, Nursultan Äbişulı Nazarbaev.
Li ci sono strutture per il salto ostacoli e il dressage ma anche un allevamento di cavalle da latte con stalle enormi, a noi sono stati assegnati dei bellissimi cavalli: tutti stalloni, incroci di razze locali come l‘Akhal-Teké con il Purosangue Arabo e altri cavalli di linee sportive europee.
Non erano mai stati montati in gruppo quindi abbiamo dovuto abituarli a stare insieme, a stretto contatto per fare uno dei nostri caroselli, e alla fine ci siamo riusciti: il primo giorno abbiamo impiegato un paio d’ore solo per insegnargli a stare vicini. Erano anche abituati ad un tipo di monta diverso dalla nostra: non conoscono le gambe, per esempio, e non sono abituati a stare molto raccolti.
Li abbiamo montati con le nostre selle ma ovviamente abbiano usato le loro imboccature, per lo più filetti e briglie all’inglese. Ci hanno anche portati a vedere un altro allevamento dove tengono dei piccoli cavalli di tipo tartaro, quelli che usano per il Kokpar, l’equivalente kazako del Buzkashi afgano: si tratta di raccogliere in corsa una pelle di capra piena di sabbia e portarla fino ad una meta delimitata in terra, rubandosela l’un l’altro tra i cavalieri di diverse squadre. Ma non abbiamo potuto vedere altri allevamenti o razze, che si trovano molto più a sud di Astana: attorno a noi c’era solo steppa. E’ stata una bellissima esperienza e l’accoglienza davvero commovente, è valsa davvero la pena fare quegli ottomila chilometri”.
Ci piace pensare a questo scambio cultural-equestre perché in fondo, più di cento anni fa, da noi aveva fatto epoca un certo Buffalo Bill.
Era venuto con il suo circo e i suoi cow-boy a dare spettacolo nelle città italiane, mettendosi anche in gara con gli stessi butteri: e una settantina di anni dopo in Italia c’erano sicuramente più praticanti di monta western che della nostra monta da lavoro tradizionale.
Oggi invece sono stati i nostri butteri ad andare a trovare i cavalieri kazaki, e chissà…magari tra un centinaio d’anni ad Astana ci saranno tanti cavalieri che monteranno con Maremmani e bardella?
Non si sa mai, le vie del Signore dei Cavalli sono infinite.
19 giugno 2015