Bologna, aprile 2016 – Oggi il presidente della Fise Vittorio Orlandi ha presentato ai giornalisti il prossimo Campionato d’Italia in programma dal 21 al 25 aprile ad Arezzo. Le novità sono sostanzialmente due: il ripristino della formula classica e tradizionale (tabella C, due percorsi, due manches) su tre giorni di gara intervallati da uno di riposo, dopo alcune edizioni disputate con il sistema delle sole tre manches su due giorni di gara; e la riunione in un unico contesto di tutte le prove valide per i titoli assoluti (seniores, juniores, young rider, children, pony): praticamente una specie di festival del salto ostacoli nazionale. Certamente un’idea proposta per provare a smuovere una realtà che vede ormai da anni il Campionato d’Italia soprattutto seniores privo del valore che teoricamente spetterebbe alla massima manifestazione agonistica nazionale. E si badi bene: non è un problema italiano, questo va detto come premessa. Ormai in tutta Europa – e si ripete: da anni – il campionato nazionale non vede mai o quasi mai in gara i migliori binomi del momento, soprattutto nel caso delle nazioni più forti. Perché per i concorrenti – al di là delle dichiarazioni di facciata – non è più da tempo una gara di grande richiamo: il montepremi non è di certo incentivante, a fronte di un impegno fisicamente e tecnicamente comunque difficile per i cavalli. Così un po’ dappertutto si è andati alla ricerca di una soluzione, o quanto meno di un palliativo; in Germania (non certo l’ultima arrivata… ) a un certo punto è scattato il diktat: la selezione per il campionato internazionale dell’anno si fa sul campionato nazionale (in calendario tra la metà di giugno e la metà di luglio a seconda delle date del campionato internazionale di turno), se ci sei ci sei, se non ci sei la squadra te la sogni anche se ti chiami Ludger Beerbaum. Il sistema per un po’ ha funzionato, salvo dover ‘alleggerire’ l’impegno portandolo da tre a due prove spalmate su tre giorni. Quale è stato il risultato? Che si è snaturato il valore assoluto della gara subordinandola a un obiettivo ‘altro’. In Italia, regno incontrastato dell’io sono perfettamente d’accordo a metà, cosa è successo? Che siamo sempre andati alla rincorsa della soluzione ideale sull’onda del pensiero ora di una parte ora dell’altra: quando il campionato si è messo in calendario ad aprile utilizzandolo come selezione per Piazza di Siena non andava bene perché si sottoponevano i cavalli a uno sforzo troppo pesante e per di più a inizio stagione e quindi “ecco perché a Piazza di Siena non vinciamo: ci arriviamo con i cavalli sulle ginocchia”. Allora settembre: ma non è andato bene perché in quel momento dell’anno non interessava a nessuno visto che gli obiettivi della stagione erano già tutti superati. Metà estate? No, troppo caldo, siamo un Paese mediterraneo, non si può, e poi mettiamo a rischio i cavalli eventualmente interessati al campionato internazionale. Allora ritorniamo ad aprile ma alleggeriamo l’impegno: solo tre percorsi contro i cinque della formula classica…. Ma, come si vede, in tutti questi casi svalutando sempre e comunque la dignità di massima prova tra tutte quelle nazionali: riducendo il Campionato d’Italia all’essere un semplice allenamento, un servitore di altri padroni. O comunque una prova del massimo significato solo per i cavalieri di seconda e terza fascia, diciamo. Giorgio Nuti in tempi non sospetti (cioè quando era cavaliere lui e alla guida della Fise c’era prima Lino Sordelli e poi Mauro Checcoli) con il suo tipico humour dissacrante diceva: “Sì, ho vinto la medaglietta, come sono bravo… poi vado all’estero e sai dove me la metto la medaglietta?”. In realtà ci sarebbe un modo in Italia come pure negli altri Paesi europei per rendere il campionato nazionale un evento, un traguardo, e non un predellino dove appoggiarsi per salire a bordo: riempirlo di soldi. Semplice a dirsi, difficilissimo a farsi. Impossibile, anzi, fin tanto che saranno le federazioni nazionali a farsi carico della cosa: molto difficile anche se vi dovesse essere il concorso di altri soggetti. Adesso la Fise ha deciso di cambiare ancora rispetto agli ultimi tre anni: si rimane in aprile ma la gara torna a essere tecnicamente e agonisticamente più probante (tre prove, cinque percorsi, tre giornate più un giorno di intervallo) e soprattutto l’evento riunisce tutti, grandi e piccini facendo diventare Arezzo per cinque giornate l’epicentro del salto ostacoli azzurro, dai pony ai concorrenti seniores. Un vero e proprio festival. Un po’ come accade nel Paese europeo che più di ogni altro è maestro di autoreferenzialità: la Francia, ovviamente, che da anni organizza la Grande Semaine al Gran Parquet di Fontainebleau, un evento straordinario in cui allevamento e sport vengono celebrati al massimo e al meglio delle loro potenzialità. Probabilmente questa intrapresa dalla Fise potrebbe essere anche la via giusta: se non altro il tentativo di dare alla manifestazione una personalità che nel lungo tempo potrebbe rivelarsi attraente in prospettiva commerciale per addetti ai lavori e sponsor. Sarebbe indispensabile però dare continuità all’iniziativa in futuro, altrimenti rimarrebbe solo un sasso gettato nello stagno. Una cosa è certa, e possiamo certificarlo fin da oggi: ci saranno gli entusiasti e ci saranno quelli per i quali sarà tutto un disastro. Le mezze misure non esisteranno. Mettiamolo subito in conto e prepariamoci comunque a gustare cinque giorni di grande salto ostacoli (grande per come ce lo possiamo permettere oggi, ovvio). Anche perché una cosa è vera: vada come vada e sia come sia, ma alla fine nell’albo d’oro della nostra più importante manifestazione nazionale ci andranno i nomi di chi quelle medaglie riuscirà a conquistarle. Medaglie che – alla faccia del denaro – hanno pur sempre un loro significato.
14 aprile 2016