La maschera del Generale Mannaggia La Rocca è stata creata a fine ‘800 dallo stracciarolo romano Luigi Guidi. Il soprannome se l’era dato da solo. Per un ventennio a Roma si sentì dire: pure se piove o se fiocca, a carnevale arriva il generale Mannaggia la Rocca.
Roma, febbraio 2015 – Il generale sfilava su via del Corso seguito dal suo esercito di stracciaroli e in perfetto stile carnevalesco permetteva al popolo romano, da sempre incline al dileggio, di lanciargli verdure e coriandoli.
La maschera raggiunse una fama quasi mondiale nel 1897 grazie ad un geniale scherzo perpetrato dal giornalista della Tribuna di Roma Eugenio Rubichi, che si firmava Richel.
Tra la Francia e l’Italia vi era all’epoca un clima ostile, dovuto agli articoli apparsi sulla stampa francese che, dopo la sconfitta di Adua, aveva definito i soldati italiani “codardi, incapaci e cialtroni”. Vittorio Emanuele di Savoia sfidò a duello e sconfisse Enrico di Borbone Orléans, autore di uno degli articoli, ma questa sconfitta esacerbò ancor di più i nostri cugini d’oltralpe.
Si arrivò al punto che uno spadaccino, insieme ad altri cittadini francesi, sfidò a duello tutti gli ufficiali italiani. L’11 agosto Richel inviò in Francia un telegramma firmato dal fantomatico Generale Mannaggia La Rocca nel quale si diceva pronto ad accettare la sfida. I francesi allora, non conoscendo la figura carnevalesca di La Rocca, pensarono si trattasse di un parente del generale Enrico Morozzo della Rocca, ministro da guerra del Regno di Sardegna. Così nella speranza di vendicare, insieme alla recente sconfitta, anche quella della disfida di Barletta, arrivò a Roma un vero generale francese per stabilire le condizione del duello il quale cercò, inutilmente, il generale mannaggia la Rocca sino a quando gli fu detto che non esisteva, o meglio: il generale esisteva in ogni abitante di Roma che ha, da sempre, nell‘ironia innata, nello spirito sagace, nella lingua pungente, il suo particolare modo di reagire alle avversità.
Fu così che grazie a Richel, la nuova disfida di Barletta si trasformò in una disfida da burletta sollevando all’onore delle cronache una maschera di carnevale poi destinata a scomparire.
Lo spettacolo, in cui patriottismo e “scola de sfottologia” si mescolano, vuole farla rinascere, e lo fa attraverso quella che era la prerogativa degli spettacoli di Guidi, ovvero la partecipazione attiva del pubblico, che non solo si divertiva ad ascoltare ma interagiva in una serie di botte e risposte con l’attore.