Roma, 27 giugno 2017 – L’obiettivo è evitare tragiche morti come quella, in campo nel 2012, del calciatore del Livorno Piermario Morosini.
Per questo, dal primo luglio, scatterà l’obbligo della presenza di defibrillatori in tutti gli impianti sportivi, anche quelli dilettantistici.
L’annuncio arriva via tweet da parte del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha reso noto di aver firmato il decreto in merito di concerto con il titolare dello Sport Luca Lotti. Le norme sono stringenti: in mancanza del defibrillatore sarà infatti impossibile svolgere attività sportive.
L’obbligo per le società e le associazioni dilettantistiche di dotarsi di un defibrillatore all’interno dell’impianto sportivo in cui svolgono le proprie attività è «un modo di rendere più sicuri e tutelati – afferma Lotti in un post su Facebook – i tanti momenti di agonismo e di esercizio fisico che si praticano ogni giorno nel nostro ricchissimo mondo dello sport non professionistico.
Troppo spesso funestato da tragedie evitabili grazie alla presenza di uno strumento tecnologico che può salvare la vita. Non sono pochi gli atleti che per tanti motivi si possono trovare in una condizione di emergenza mentre fanno sport».
Tornano alla mente, sottolinea il ministro, «tante storie di giovani sportivi scomparsi che avrebbero potuto essere messi in salvo grazie a un defibrillatore. Ci siamo detti che avremmo dovuto fare di tutto perché non accadesse di nuovo. Abbiamo mantenuto quella promessa».
Il decreto prevede, in particolare, che nelle società sportive dilettantistiche sia presente una persona debitamente formata all’uso del defibrillatore durante le gare inserite nei calendari delle Federazioni sportive nazionali e spetta alle stesse associazioni e società accertare, prima dell’inizio delle gare, la presenza del defibrillatore all’interno dell’impianto sportivo e la sua regolare manutenzione, nonché la presenza della persona debitamente formata.
Escluse dall’ambito di applicazione del decreto le attività sportive a «ridotto impegno cardiocircolatorio», come tiro, vela, golf o bowling, nonché le attività sportive svolte al di fuori degli impianti sportivi.
Mentre per le società sportive professionistiche l’obbligo dei defibrillatori è diventato immediatamente operativo con l’adozione del decreto ministeriale Balduzzi del 2013, per le società sportive dilettantistiche tale obbligo entrerà in vigore il 1 luglio dopo essere stato già più volte differito da precedenti decreti ministeriali.
Con questo decreto, il ministero ha dunque ritenuto necessario integrare le linee guida del decreto del 2013 per meglio definire le modalità di assolvimento degli obblighi di dotazione ed impiego dei defibrillatori.
In Italia, i casi di morte cardiaca improvvisa sono circa 50mila l’anno, 1.200 al giorno.
Tra questi si contano anche, secondo recenti stime, circa 1.000 giovani con meno di 35 anni e l’80% dei decessi improvvisi è attribuibile alla cardiopatia ischemica. Secondo i cardiologi, dei 50.000 casi italiani l’anno, un quarto potrebbe salvarsi con il defibrillatore: la maggiore efficacia si registra se l’intervento viene somministrato entro 5 minuti dall’evento e ogni minuto che passa la possibilità di sopravvivere si riduce del 10%.
Il defibrillatore:
Una macchina perfetta, che costa mille euro, come un telefonino di lusso ma che è in grado di salvare la vita: il defibrillatore dovrà arrivare obbligatoriamente a partire da luglio in tutti i luoghi dove si fa sport, anche quelli amatoriali, ma non è una sorpresa.
È a partire dalla legge Balduzzi del 2012 che si aspetta l’arrivo di questo provvedimento.
A spiegarlo è Giuliano Altamura, già primario di cardiologia all’Ospedale Pertini di Roma e fondatore dell’associazione Insieme per il cuore impegnata da anni proprio per la diffusione della cultura della salute cardiaca e per la realizzazione di progetti che hanno lo scopo di organizzare reti di assistenza e di emergenza cardiache, anche con l’uso diffusione dei defibrillatori.
«L’utilizzo è estremamente semplice anche se è buona norma seguire un corso – spiega – perchè assieme all’uso dello strumento vengono insegnate anche le manovre di rianimazione. I corsi si chiamano BLSD, Basic Life Support & Defibrillation, di primo soccorso con l’uso del defibrillatore semiautomatico. In caso di necessità, se ci si trova di fronte ad una persone che potrebbe avere un problema cardiaco, serve avvicinarsi, scuoterlo per vedere se reagisce. In caso contrario si scopre il petto, si applicano le placche e sarà la macchina a verificare se il cuore ha bisogno di una scarica. Sarà ancora la macchina a dire cosa fare: allontanarsi dal paziente e spingere il pulsante. Subito dopo la scarica elettrica sarà ancora il defibrillatore a monitore se il cuore ha ripreso il suo normale battito e a dare indicazioni rianimatorie nell’attesa che arrivi il personale medico».
In sostanza la macchina è in grado di mandare il segnale elettrico al cuore per fare in modo che i ventricoli possano pompare bene il sangue nel cuore, invece di fibrillare. Una condizione che porta alla morte o a danni cerebrali gravi se non si interviene velocemente. Ed è la stessa macchina, con batterie che durano 4 anni, a controllare da sola ogni giorno la sua efficienza. «Fino ad ora molti defibrillatori – spiega Altamura – sono stati resi disponibili grazie allo sforzo di associazioni, come è avvenuto nei Tribunali di Roma, o alla Stazione Termini, dove alcune persone sono state salvate così».
Comunicato ANSA