Palermo, 24 febbraio 2017 – «Con il veganesimo in crescita che sta diventando sempre più una moda gli animali, non d’affezione, stanno perdendo la funzione antica legata al ciclo alimentare. Come quando con la trasformazione dei trasporti i cavalli e buoi persero la caratteristica di bestie da traino».
Una riflessione del semiologo Gianfranco Marrone, saggista e docente dell’università di Palermo che ieri nell’aula Gambi a Bologna ha tenuto una relazione nell’ambito del seminario ‘Animismo e animalità: cibo e mondo comune oggì.
«L’animismo presente nella nostra cultura – quella stessa che conduce alla crescente diffusione di animalismo, vegetarianismo, veganesimo – è fenomeno inedito e al tempo stesso prevedibile.- aggiunge – Inaudito se visto da vicino, con gli strumenti dell’opinionista mediatico o dello psicologo comportamentale; scontato se osservato da lontano, con gli occhi dell’antropologo che prova, per dovere professionale, ad analizzare le diverse etnie umane a partire dai milioni di anni in cui si sono diffuse nel pianeta. Presentando somiglianze profonde e flebili differenze di superficie».
«In un modo come nell’altro, la relazione con l’animale richiede oggi un supplemento di riflessione, – spiega – che deve per forza di cose coinvolgere studiosi di varia estrazione disciplinare, scrittori, attivisti, giornalisti, etologi, veterinari, come anche, evidentemente, politici e amministratori, aziende e lobbisti, esperti di marketing e comunicatori».
«Gli animal studies sono oggi una realtà epistemologica in crescita. – osserva – Pensatori di ogni ordine e grado vi sono impegnati. Vale la pena coinvolgere in essi anche i semiologi, che da sempre, con la cosiddetta zoosemiotica, hanno lavorato sui linguaggi e sulle forme di comunicazione degli animali, e che oggi possono passare a una specie di zoosemiotica 2.0, più strettamente impegnata nell‘analisi della cultura sociale del nostro tempo».
Agenzia Ansa