Milano, maggio 2016 – Siamo tutti lì, attaccati alle previsioni del tempo: tagliamo, non tagliamo, ci saranno abbastanza giorni di sole per seccarlo come si deve prima di raccoglierlo e portarlo in cascina o nel fienile?
Nell’attesa, qualche piccola curiosità sull’alimento più prezioso dei nostri amici cavalli – quello che dovrebbero avere sempre a disposizione a volontà (salvo appuntamenti sportivi e/o agonistici nelle ore immediatamente successive), che il loro stomaco è fatto per mangiare di continuo, e centellinare la profenda durante tutte le ore del giorno tiene lontani sia le coliche che il veterinario.
E anche quello che deve essere sempre di buona qualità e scelto con cura, che non solo è più sostanzioso ma evita anche tanti problemi digestivi (tanto per ribadire) e respiratori.
Detto ciò, partiamo con il nostro piccolo Edipeo Enciclopedico: i primi a servirsi delle “…presse idrauliche per ridurre il volume del fieno” furono gli inglesi, più precisamente l’Esercito britannico.
Ma già ai tempi della Guerra di Crimea (1853-1856) il Piemonte inviò tramite nave all‘Esercito Sardo 125.285 quintali di fieno: sapendo che un metro cubo di fieno equivale a 40 razioni e pesa 240 kilogrammi, fate un po’ voi il conto dei pasti Made in Piedemont che fecero i cavalli dell’esercito Sabaudo in terra straniera.
Il fieno migliore è notoriamente il maggese, cioè quello raccolto nel primo taglio che viene di solito effettuato da metà maggio ai primi di giugno, con ampi margini di adattamenteo a seconda di stagione, altitudine e latitudine: ma ci sono anche l’agostano, il terzuolo l’erba quartirola ridotta in fieno. E’ considerato migliore quello raccolto in altura rispetto alla pianura, e quando è colto nel momento della fioritura ma prima che le erbe stiano andando in semenza.
Una osservazione empirica degli agricoltori del secolo scorso concludeva che 1 quintale di fieno appena raccolto dal campo si traducesse in 86 kilogrammi di fieno stagionato, e da quei tempi oramai andati si potrebbe tornare ad utilizzare la greppia: un modo semplice e molto funzionale di far cadere a terra polveri, impurità e altri corpi estranei lasciando a disposizione del cavallo solo quello che gli farà piacere sbocconcellare del suo fragrante e profumatissimo pasto.
Sempre in passato quando, spesso per la fretta e il timore di vederselo bagnato dalla pioggia, veniva ritirato non bene asciutto si correva il rischio che il fieno raccolto in cascina, fermentando, mandasse a fuoco la suddetta cascina,il fienile, gli attrezzi, il bestiame e tutto il resto. Per controllarlo quindi si introducevano nella massa dei pali di pioppo o salice scortecciati di fresco, che venivano lasciati lì per almeno sei ore.
Se estraendoli si notava che avevano preso un colore sul castagno voleva dire che la fermentazione stava svilupando troppo calore e si procedeva immediatamente a disfare il mucchio e allargarlo il più possibile, per scongiurare ogni pericolo e rimediare al guaio.
Un pericolo che oggidì si corre molto meno, viste le quantità di rotoballe lasciate ammuffire che si possono notare in molti, troppo campi.
Dice il veterinario: “Il più raccomandabile è sempre un buon fieno misto, meglio non medica o fieno insilato se il cavallo non è abituato”.
Buon fieno a tutti!
24 maggio 2016