Mottola, marzo 2016 – Comincia la stagione dei parti, nascono i primi puledri dell’anno e basta vederli nei prati, vicini alla loro mamma per sentirsi più allegri e proiettati verso il futuro.
In tanti casi sono il frutto di accurati progetti genealogici, di tante speculazioni notturne in cui individuare il miglior stallone per quella certa fattrice,e sperare di veder nascere un cavallino che diventi – chissà – un buon atleta e compagno di sport per noi o per altri.
Ma non solo di sport, non solo per fare un atleta: di puledri ce n’è per tutti i gusti, anche per quelli che amano le recchie lunghe….come Martin, il puledrino di Martina Franca nato nei giorni scorsi nell’allevamento di Rosa Intini di Mottola.
Noi lo troviamo adorabile! e approfittando delle sue meraviglio orecchie, vi propiniamo un po’ di storia martinese. Buona lettura!
L’altra metà del cielo murgese: l’Asino di Martina Franca
di Maria Cristina Magri
Una parte del merito della permanente esistenza di una razza cavallina autoctona nel territorio delle Murge è del suo cugino più umile: l’Asino di Martina Franca, tanto per farne chiaramente nome e cognome.
Già, perché a tenere su l’economia equina locale nella prima metà del secolo scorso sono stati, senza tema di smentita, i muli: che sono figli di una cavalla fattrice e di un asino stallone, e quelli Martinesi erano particolarmente celebri per la loro forza, statura e resistenza. Questa pregiata produzione locale è stata resa possibile dalla presenza sul territorio di tutti e due gli ingredienti necessari, in una formulazione particolarmente fortunata: le belle cavalle delle Murge erano al contempo distinte e resistenti e gli stalloni asinini disponibili in zona erano quanto di meglio si potesse desiderare per far muli.
Alti, robusti, frugali e imponenti: quei padri dalle orecchie lunghe erano la chiave di volta per ottenere i muli di prima classe, i più forti e resistenti, molto richiesti dall’Esercito per l’artiglieria di montagna. Per questo ci sembra giusto dedicare spazio anche agli Asini di Martina Franca e ai loro allevatori.
Rosa Intini e Imolina: un amore che dura da una vita
Rosa aveva otto anni quando vide il suo primo asino: «In azienda mio padre teneva solo i cavalli, servivano per fare i muli. Ma un giorno un vicino è arrivato per far pesare il suo asino sulla nostra bilancia e rimasi impressionata. Era bellissimo: chiesi a papà di prenderne uno e arrivò Imolina. Lei è la capostipite di tutti i miei asini di oggi, sei fattrici e uno stallone: ci è voluta un po’ di pazienza perché all’inizio mi faceva solo maschi, ma adesso ci sono lei, Dorotea, Desirée, Emolina…tutti suoi figli o nipoti, ho avuto fortuna perché è della linea di Colosseo, una ottima genealogia. Da giovane era un po’ pazza, non voleva salire sul camion per andare dallo stallone: poi ha imparato, e adesso con la sua calma è lei che insegna ai puledri a seguirla senza paura su per la rampa. E’ diventata molto dolce e tranquilla, si fa anche mungere; ha 20 anni ma sta benissimo, l’anno scorso ha partorito Ignazio: mi emoziona pensare che siamo insieme da tanto tempo, lei fa parte della mia vita». Come si fa ad ammansire un asino? «Standogli vicino: si comincia quando hanno un anno, non prima perché sono troppo giovani e se ne approfittano. Ci si passa del tempo insieme, si strigliano, gli si puliscono i piedi e poi loro capiscono. Ci si viene incontro, come con le persone: gli asini sono fantastici, bisogna viverli per capire come sono perché hanno una marcia in più. Sono più curiosi e più calmi dei cavalli, io li trovo più adatti a me: ispirano fiducia, ti danno sicurezza».
3 marzo 2016