MIlano, agosto 2015 – Edy Gubellini: lo chiamano tutti così a San Siro, tanto che a pensarci bene alcuni mica sono sicuri che il nome vero fosse Edoardo.
Ma il resto di lui, quello che contava, lo conoscevano tutti benissimo: perché Gubellini a San Siro ci era nato, figlio di quel Pietro che con Nearco (il PSI migliore del XX secolo, allevato da Federico Tesio e presente nelle linee maschili di tutti i campioni degli ultimi decenni) vinse il Gran Premio di Longchamp del 1938.
Pietro Gubellini morì quando il figlio aveva solo nove anni: cade in corsa, si rompe una costola che gli perfora il polmone. Non ha il tempo di farsi ricordare da Edy che per la severità, l’assoluta serietà con cui si dedicava al proprio mestiere: basta perché il piccolo decida di seguire le sue orme ed entri in scuderia come allievo fantino da Mario Benetti, ottimo allenatore dell’epoca.
Mica solo di Purosangue: Benetti mette Edy a tagliare carote per mesi, così gli fa patir voglia di cavalli. E dentro al ragazzino si consolida la passione fino a quel momento vissuta solo di riflesso e per cause naturali, si potrebbe dire. Edoardo diventa allievo fantino, monta in corsa dai 13 ai 17 anni poi smette: fa una fatica tremenda a rientrare nel peso, il suo fisico vuole essere qualcosa di più di quei miseri 51 chili di nervi e coraggio che servono a fare il jockey.
Si converte al trotto perché vuole comunque rimanere in mezzo ai cavalli: va ad imparare a guidare da uno dei driver più famosi di quei tempi che sono stati i migliori dell’ippica italiana, Sergio Brighenti. Anche lui emiliano di origine (Pietro era di Anzola nell’Emilia) e guidatore di Tornese, un cavallo che sta al trotto come Nearco sta al galoppo, tanto per intenderci.
Una buona scuola, un buon allenatore, Edy cresce e diventa un ottimo driver, uno di quelli che conta e si distingue: Lighting Larry, Eskipazar, Our Dream of Mite, Micron Hanover, Gaian Quick i cavalli che gli hanno regalato più soddisfazioni in corsa, tra cui due edizioni del Lotteria di Agnano e il Nastro Azzurro nel 1977.
L’ultima vittoria di Edy in pista fu nel 2005, poi si limitò a dare una mano al figlio Pietro.
Già, Pietro: come il nonno, solo con le redini più lunghe.
Edy se lo è goduto questo figlio, un talento vero per il trotto di cui era molto orgoglioso oltre che la terza generazione di una famiglia che ha vissuto con e per i cavalli, rimanendo al suo posto (o quasi, che da qualche anno le scuderie della Ditta Gubellini si sono trasferite da San Siro a Como, poi Bareggio) nonostante nel frattempo tutto sia cambiato nel mondo dell’ippica.
Non si vedrà più il sorriso di Edy Gubellini a San Siro o alla Maura, è vero: ma noi sogniamo di vedere ancora altri Nearco, altri Tornese, altri Varenne e Eskipazar sulle nostre piste, bisogna solo tener duro e rifarsi all’esempio di Edy e gli altri uomini di cavalli dei bei tempi andati – tanta professionalità, tanto lavoro, molta passione e la semplice, specialissima felicità di fare al meglio un mestiere che ti piace, perché ti piace.
Finché c’è un Gubellini c’è speranza, viene da pensare: perché una buona scuola e un buon allenatore sono molto, molto importanti e lasciano sempre in giro buoni frutti – proprio come un buon padre, proprio come Edy Gubellini.
17 agosto 2015