Bologna, dicembre 2015 – Londra, oggi, 20 dicembre 2015: Emanuele Gaudiano vince il Gran Premio di Coppa del Mondo a Olympia e conquista non solo il suo più importante risultato personale, ma anche una delle più importanti vittorie nella storia del salto ostacoli azzurro. Quello che segue è un articolo pubblicato su Cavallo Magazine nel 2008, un pezzo nel quale si racconta qualcosa della nascita del Gaudiano cavaliere di alto livello agonistico. Parole che oggi fanno davvero un certo effetto, soprattutto leggendo la chiusura: “E tutto lascia pensare che questo sia solo l’inizio…”.
di Umberto Martuscelli
Non è detto che nello sport i momenti più emozionanti debbano essere necessariamente collegati alle gare più importanti e prestigiose. Per esempio: Verona 2007, seconda giornata di concorso. La seconda giornata di un concorso di Coppa del Mondo quale è quello di Verona (lo scorso anno in calendario dal 9 all’11 novembre) è sempre quella interlocutoria: i cavalli più importanti di solito hanno fatto la gara il primo giorno e – sempre di solito – riposano in vista del Gran Premio dell’indomani. La tensione agonistica vive un momento di pausa, anche se comunque ci sono gare da affrontare, ostacoli da saltare, premi da vincere. Per giunta in quel secondo giorno di Verona l’ultima gara proposta dalla scaletta era una categoria a difficoltà progressive: una prova che può essere tutto e il contrario di tutto, perché essendo priva di difficoltà tecniche davvero significative può risultare terribilmente noiosa se interpretata come puro e semplice allenamento di routine (accade spesso) oppure molto eccitante se i concorrenti decidono di darsi battaglia. Quel secondo giorno a Verona i concorrenti hanno deciso di darsi battaglia. E la battaglia è stata bella e appassionante. Fino all’ultimo cavallo.
Entra l’ultimo cavallo. Quando entra l’ultimo cavallo la classifica provvisoria è condotta dal tedesco Franke Sloothaak con Legurio: massimo punteggio, 65 punti, e 49.14 secondi. Il grande Sloothaak: 50 anni di lì a poco, titoli, medaglie e successi in quantità, una sfilza di cavalli indimenticabili passati sotto la sua sella, un nome che è già nella storia del salto ostacoli al di là del fatto che il suo modo di montare possa prestarsi a valutazioni talvolta discordanti. Entra quindi l’ultimo cavallo, Uppercut: montato da Emanuele Gaudiano, un ragazzino imberbe se paragonato al mostro sacro che sta lassù in alto, al vertice della classifica provvisoria, per quanto già due volte campione d’Italia young rider di salto ostacoli. Gaudiano entra, ma buona parte del pubblico comincia già a organizzarsi per lasciare la tribuna tanto la gara è praticamente finita, chi lo batte Sloothaak: hai preso la giacca, metti via la penna, guarda che per uscire bisogna andare di là, attenzione alle scale che se scivoli sono guai… Gaudiano ovviamente non ci fa caso. Parte sparato come un missile. Chi lo sta a guardare pensa: è impazzito, adesso si prende qualche barriera sulla pancia… Ma Gaudiano non è impazzito, anzi, il suo è un ragionamento molto lucido: vuole vincere. Aggredisce il tracciato e gli ostacoli con feroce determinazione consapevole che anche il rischio deve necessariamente far parte della strategia complessiva. Arriva davanti al Joker, l’ultimo ostacolo, molto più alto e difficile degli altri: se lo superi senza abbatterlo guadagni punteggio doppio, se lo abbatti il doppio punteggio lo perdi. Praticamente una scommessa. Gaudiano scommette e vince. Ma non vince solo la scommessa: vince anche la gara, perché il cronometro dice 47.47 contro i 49.14 di Sloothaak. E per entrambi 65 punti.
Ecco, questo è il tipico esempio di una gara in assoluto non della massima importanza ma che diventa molto significativa date le premesse, il contesto e la situazione in cui si svolge. Gaudiano batte Sloothaak, un ragazzino di allora 21 anni batte un uomo di quasi 50, un cavaliere all’inizio della sua storia agonistica batte un campione che in carriera ha vinto tutto. E poi l’approccio: Gaudiano che considera Sloothaak né più né meno un avversario da battere. Che sportivamente parlando è l’approccio giusto, intendiamoci, ma non molto facile da stabilire sempre e comunque.
Ma Emanuele Gaudiano è la classica persona di poche parole e di molti fatti. Uno di quelli che a qualunque domanda risponde o sì o no. Nasce a Matera, il 30 giugno 1986. Matera: periferia dell’Italia, in senso di sport equestre, s’intende. E sempre nel senso dello sport equestre l’Italia è periferia dell’Europa. Emanuele ben presto capisce che per andare avanti nello sport che ama quelle periferie le deve abbandonare. Dopo aver iniziato a montare sotto la guida di suo padre nel centro ippico di proprietà della sua famiglia, Emanuele a soli 15 anni decide di fare il grande passo: se ne va al nord. E sceglie subito bene, perché si mette sotto l’ala protettrice di Giorgio Nuti. Con il campione azzurro Gaudiano rimane un anno: può sembrare poco, ma per uno con la sua fame di conoscenza e con la sua determinazione nell’applicarsi anche solo dodici mesi rappresentano un periodo di scuola ricco di contenuti. Tali da renderlo consapevole di voler tentare di più: la Germania. Nel 2003 Emanuele Gaudiano si trasferisce da Paul Schockemoehle, poi dopo un mese da Dietmar Gugler, poi ancora (nel 2005) prende in affitto 20 box in una scuderia a circa trentacinque chilometri di distanza da Francoforte, la sua attuale base operativa.
Uomo di poche parole, dunque. Perché ha preferito andarsene all’estero? «Perché lì si fa meglio lo sport». E’ stato difficile all’inizio? «Tutte le cose sono difficili all’inizio». Modelli di riferimento? «Qui in Germania ci sono talmente tanti ottimi cavalieri… ». Cosa ha provato esordendo in Coppa delle Nazioni? «Niente di particolare». Ecco, poche parole, appunto. Ma molti fatti, che poi sono quelli che contano. E tra i fatti importanti c’è la medaglia d’argento nel Campionato d’Europa young rider del 2007: «La mia soddisfazione più grande». Ma poi anche nel 2008 due vittorie in Gran Premio: nello Csi di Ranshofen e nello Csio di Tallinn. E il 2° posto in Coppa delle Nazioni a Falsterbo, Tallinn e Kiskunhalas. E il 3° posto nel Gran Premio dello Csio del Portogallo a Lisbona. Insomma: che le parole rimangano pur poche, se in cambio i fatti si dimostrano di tale natura. E tutto lascia pensare che questo sia solo l’inizio…