Bologna, febbraio 2015 – Continua lo scandalo dell’endurance e, a due settimane di distanza, arriva una prima reazione da parte della Federazione Equestre Internazionale sul caso di Al Reef: lo scorso 31 gennaio, durante una 120 chilometri CEN ad Abu Dhabi, il cavallo Splitters Creek Bundy (venduto nel 2010 alle scuderie Maktoum SAS), è morto, dopo che gli arti anteriori si sono spezzati ed è collassato a terra al termine del secondo anello.
Il suo cavaliere, Hamaid Al Falasi, 16 anni, aveva chiuso il primo anello con una media di 25,5 chilometri orari e si trovava nel gruppo di testa fino al momento del cedimento. Secondo le testimonianze l’intervento veterinario non è arrivato prima di venti minuti e non ci sarebbe stata alcuna assistenza da parte dell’organizzazione. L’immagine scioccante, catturata dalla Dubai Racing TV, non smette di rimbalzare in rete e sui social media, suscitando giusta indignazione. Purtroppo “Bundy” sembra essere stato solo uno dei tre “incidenti mortali” avvenuti ad Al Reef.
Inizialmente la FEI era rimasta in silenzio, trattandosi di una competizione locale e, di conseguenza, non sotto la giurisdizione internazionale ma adesso, secondo il sito britannico Horse&Hound, sembrerebbe aver richiesto alla federazione emiratina un report dettagliato sull’accaduto, condannando qualsiasi forma di crudeltà nei confronti dei cavalli.
Nel frattempo le polemiche sono arrivate anche da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti: il dipartimento di Endurance si sta mobilitando all’interno della federazione britannica per chiedere l’intervento della FEI mentre l’American Endurance Ride Conference (AERC) minaccia la possibilità di vietare ai propri membri la partecipazione a manifestazioni sportive non-FEI appartenenti al gruppo VII, ovvero al Medio Oriente.
La Federazione Equestre emiratina conta 19 eventi FEI in calendario e, per la maggior parte, si trattano di gare da 80 chilometri. Le competizioni su distanze maggiori sono invece appannaggio nazionale, con la conseguenza di regolamentazioni meno severe, ad eccezione della President Cup (160 km) in programma il 14 febbraio ad Al Wathba, Abu Dhabi.
Marianne Ironside, portavoce di un gruppo di cavalieri europei di endurance che monitorano le condizioni di welfare del cavallo all’interno della disciplina, ha chiesto che la FEI sia più vicina alle federazioni dei singoli Paesi, così che il tanto sbandierato “clean sport” sia applicato anche alle gare nazionali. Accanto alla sua si sono alzate diverse voci, in attesa che “qualcosa succeda” per impedire che accadano altri casi di maltrattamento animale in futuro.
12 febbraio 2015