Bologna, 5 gennaio 2017 – Enrico Bedini ha legato il suo nome allo sport equestre per tutta la vita, ma è nel corso degli anni Ottanta che la sua figura ha acquisito una rilevanza pubblica che definire storica non è affatto esagerato. Nato nel 1935, fondatore – nel 1969 – e proprietario del Circolo Ippico Brianteo di Birago (il centro ippico che per anni ha rappresentato la ‘casa’ della famiglia Bussu e di quella Nuti), Bedini è stato l’uomo che ha contrassegnato una campagna elettorale per la presidenza della Fise come mai se ne erano viste in precedenza. E’ accaduto nel 1984, dopo le Olimpiadi di Los Angeles. In quel momento il presidente della Fise era l’industriale lombardo Lino Sordelli, il primo rappresentante della borghesia civile a guidare la federazione dopo che da sempre si erano avvicendati alla massima carica solo e soltanto aristocratici e militari (spesso entrambe le cose insieme). Sordelli era divenuto presidente nel 1977, a quadriennio in corso, a causa della morte del conte Giuseppe Cigala Fulgosi, eletto alla fine del 1976. Fino a quel momento non erano mai esistite campagne elettorali: semplicemente si designava un possibile successore in caso di mancanza di volontà nel proseguire da parte del presidente in carica, poi si andava all’elezione (durante il ventennio della dittatura mussoliniana il problema nemmeno si poneva: decideva il segretario del Partito Nazionale Fascista a sua discrezione, sebbene con la collaborazione ‘di facciata’ del presidente del Coni). Sordelli subentra a Cigala Fulgosi e regge il comando per quel quadriennio e per i successivi due; alla fine del 1980 viene contrastato da Graziano Mancinelli ma piuttosto timidamente e con una candidatura promossa più che altro con il passaparola tra amici e conoscenti: Sordelli vincerà con 120 voti contro 2, e qui c’è dietro tutta una faccenda lunga e complessa dalla quale poi nascerà un contrasto insanabile tra i due: ma – come si dice – questa è un’altra storia. Sarà invece appunto Enrico Bedini un avversario molto più consistente per Lino Sordelli alla fine del 1984. Bedini lancia una campagna elettorale in grande stile. Per la prima volta si attacca senza reticenze il rivale: con signorilità ma senza riserve. Bedini si fa promotore del ritorno alla valorizzazione dell’iniziativa privata nella gestione dei cavalli sportivi di alto livello opposta alla cosiddetta politica dei cavalli federali: ma questa è solo la punta di un iceberg la cui parte sommersa è un attacco senza quartiere a Lino Sordelli su ogni fronte. Non si era mai visto nulla del genere in precedenza: non c’erano mai stati ‘avversari’, e quindi tanto meno situazioni di attacco. La campagna elettorale di Enrico Bedini investe davvero tutta Italia: incontri, convegni, dibattiti da sud a nord. Non solo. C’è un altro aspetto ‘storico’ in tutto questo, anzi due a dire il vero. Il primo. Nel settembre del 1982 Bedini – che aveva già molto ben chiaro il suo lucido progetto politico in vista del 1984 – fonda il “Giornale di Equitazione” con la direzione di Piero Millicich: il primo settimanale dedicato allo sport equestre nella storia della nostra editoria di settore. Con l’evidente intento di farne un mezzo di propaganda e promozione della propria corsa alla presidenza della Fise, ma è comunque vero che al di là di questo il “Giornale di Equitazione” ha avuto un ruolo nella comunicazione davvero di rottura e di grande innovazione. Veniamo al secondo aspetto storico. Nel gennaio del 1983 Enrico Bedini lancia nel calendario agonistico italiano il concorso ippico internazionale di Milano: in previsione di avere nel 1984 una tappa di Coppa del Mondo, mai disputata nel nostro Paese dal 1978, anno della prima edizione del circuito mondiale. Quel concorso lascia a bocca aperta tutto il mondo del salto ostacoli nazionale: perché è un evento davvero europeo, nel momento in cui in Italia si viaggiava con i ritmi di un provincialismo organizzativo davvero imbarazzante se confrontato con la vorticosa evoluzione dello sport in Europa. Invece Milano rifulge di uno splendore favoloso: il Palazzo dello Sport è una costruzione meravigliosa e avveniristica, il campo dei partenti è di livello massimo, l’organizzazione guidata da Enrico Bedini è moderna ed efficiente, del tutto in linea con gli standard europei. Nel 1984 arriva la tappa di Coppa del Mondo: un evento straordinario per l’Italia in quel momento. Bisogna dunque ringraziare Enrico Bedini se il nostro Paese ha potuto fare il suo ingresso nel circuito mondiale. Un ringraziamento doppio: nel 1985, infatti, il soffitto del Palazzo dello Sport di Milano crolla sotto il peso di una nevicata fuori dalla norma proprio alla vigilia della gara di Coppa del Mondo. Che fare? Piuttosto che cancellare l’appuntamento Bedini non ci pensa un attimo: ottenuto il benestare dalla Fei, trasferisce tutta la macchina organizzativa (a sue spese) al Centro Ippico Brianteo di Birago, il suo centro ippico. E la tappa di Coppa del Mondo si fa! Nel frattempo, però, nonostante una campagna elettorale mai vista prima per larghezza di mezzi, organizzazione mediatica e delle risorse messe in campo, Enrico Bedini viene sconfitto da Lino Sordelli nelle elezioni di fine 1984. Una sconfitta abbastanza scioccante perché tutto lasciava supporre che in realtà ci sarebbe stata la vittoria. Bedini tuttavia non demorde: farà parte del gruppo di sostegno alla candidatura di Mauro Checcoli nel 1988, quando effettivamente Lino Sordelli cederà suo malgrado la presidenza. Mauro Checcoli farà di Enrico Bedini il suo vicepresidente, in carica fino al 1992. Ci sarà poi tempo per una gioia senza eguali, probabilmente: a Bagnaia nel 1994 Manuela Bedini, figlia di Enrico, in sella a Desirée di San Benedetto vince il Campionato d’Italia assoluto, prima donna nella storia del salto ostacoli azzurro capace di conquistare lo scudetto tricolore. A quel punto Enrico Bedini è però tornato a godersi lo sport nel ruolo di spettatore e di proprietario del suo Brianteo, distaccandosi ormai dalla politica e dal mondo delle organizzazioni di eventi sportivi. Fino a ieri, giorno in cui Enrico Bedini ci ha lasciato a 81 anni. Una vita lunga e caratterizzata da tre amori: quello per i cavalli e lo sport; quello per il suo lavoro; e infine quello – sconfinato – per la sua famiglia.
Dopo queste righe diciamo ‘ufficiali’ è il momento di scrivere una nota personale. Scrivere, appunto: Enrico Bedini è stato l’editore del giornale sul quale ha preso avvio la carriera di alcuni ragazzi poi affermatisi ad alto livello nella professione giornalistica quali Antonio Dipollina e Mario Mangiagalli. Ma anche altri giovani hanno iniziato sul “Giornale di Equitazione” la loro storia giornalistica: e tra questi il sottoscritto. Se oggi dunque sto scrivendo e pubblicando qui queste righe, lo devo alla volontà di Enrico Bedini di offrire ad alcuni ragazzi poco più che adolescenti l’opportunità di imparare, di capire, di impegnarsi. E soprattutto di trasformare un sogno in realtà, e una realtà in una professione: quindi vita. Grazie con tutto il mio cuore, ingegner Bedini (U.M.).