Bologna, giugno 2015 – Giovanni entra in campo con il suo codazzo di allievi. Inizia la ricognizione (ricognizione, ricognizione: non revisione… chiusa parentesi) del percorso. Detto con espressione moderna insegnata ormai trasversalmente: camminano il percorso… Giovanni e i suoi allievi… camminano quindi il percorso. Giovanni mette la mano sulla barriera del primo ostacolo e la fa oscillare avanti e indietro con espressione seria e compresa. Poi Giovanni dice delle cose tipo qui mi raccomando, dirigetevi al centro, tenetelo in mano, un po’ di attenzione… cose così. Poi Giovanni va dietro all’ostacolo, si appoggia con la schiena alla barriera, sta fermo un attimo come inspirando per la prossima apnea quindi comincia a camminare a grandi falcate oscillando con le spalle a destra e a sinistra verso l’ostacolo numero due che dista almeno quaranta metri. Giovanni fa quaranta metri di falcate contando a voce alta: e tutti dietro a… falcare come lui contando come lui. Poi Giovanni dice: qui mettete tredici galoppi (non falcate di galoppo: espressione arcaica e vetusta e sorpassata e quindi guai a utilizzarla: vorrebbe dire essere simbolo di un’equitazione che non c’è più e che soprattutto non deve esserci più perché cheppalle con tutte ‘ste cose del tallone basso e suola in fuori e spalle aperte e sguardo avanti e filetto semplice e inforcatura che scende e l’assetto e la mano… uuuh che robe vecchie e superate, adesso siamo moderni sì o no?), però tu ne metti quattordici e invece tu dodici e tu tredicivirgolacinque, e tu un po’ di più e tu un po’ di meno. In tutto ciò Antonio ascolta attentamente il suo istruttore. Finiscono il percorso così: mano sulla barriera, oscillazione della barriera, falcatone, metti tot galoppi qui tot galoppi là, eccetera eccetera. Capito tutti? Bene.
La settimana dopo altro concorso e situazione identica. Solo che al posto di Giovanni c’è Antonio, che in quei sette giorni di tempo ha maturato una buona esperienza, è cresciuto molto come uomo di cavalli soprattutto tra martedì e mercoledì, e adesso è finalmente pronto a mettere la mano sulle barriere per farle oscillare avanti e indietro e poi camminare il percorso e dire qui mettete tot galoppi e qui tot galoppi eccetera eccetera. Adesso nel codazzo degli allievi di Antonio c’è Marco che ascolta attento perché vuole diventare un buon cavaliere e forse chissà, tra una settimana potrebbe avere anche lui qualcuno al quale far camminare il percorso. Infatti succede proprio questo: Marco in sette giorni si dimostra pronto e riesce proprio a soddisfare i suoi clienti: sette giorni dopo eccolo in campo capace di dimostrare una grandissima disinvoltura nel far oscillare le barriere avanti e indietro sui ferri, soprattutto molto bravo nel dondolare le spalle a destra e a sinistra. Giuseppe lo guarda ammirato mentre camminano il percorso, sente il peso del carisma di Marco e pensa di diventare come lui la settimana prossima. Chissà se Giuseppe ce la farà? Speriamo, perché l’equitazione italiana ha un gran bisogno di istruttori seri e preparati.
22 giugno 2015