Bologna, aprile 2016 – Difficile accettare il fatto che Fausto Puccini non sia più tra noi. Perché di questo mondo che tanto amiamo lui era un pezzo costitutivo, un meccanismo funzionante, una parte dell’ingranaggio generale. Forse i più giovani non avranno avuto di lui questa percezione, ed è comprensibile, ma di fatto Fausto Puccini è stato questo: se il mondo dell’equitazione di oggi è la nostra patria, ebbene lui è stato uno dei padri della patria, in particolare di uno di quei pezzi della patria che si chiama dressage. Fausto Puccini è stato il primo cavaliere italiano che ha partecipato a un’Olimpiade in dressage (Montreal 1976), ma soprattutto è stato il primo cavaliere italiano – insieme a Domenico Susanna – che ha fatto parlare di dressage il mondo della nostra equitazione. Non dimentichiamo che il dressage in Italia è stato sentito come il fumo negli occhi per anni: c’è stato addirittura un tempo in cui buona parte degli addetti ai lavori avrebbero voluto abolire la prova di addestramento delle gare di completo poiché considerata come in totale antitesi con i principi dell’equitazione naturale enunciati da Federico Caprilli. Parliamo ovviamente di preistoria dell’equitazione sportiva, tuttavia un atteggiamento quanto meno di… sospetto c’è sempre stato da noi nei confronti della specialità: infatti non abbiamo mai prodotto realtà agonistiche di qualche consistenza finché non è ‘entrato’ in rettangolo lui, Fausto. Il quale si è applicato con una dedizione, una passione, un impegno davvero ammirevoli: i risultati che ha ottenuto sono stati ottimi, ma ancor migliori e decisamente più importanti sono stati quelli ottenuti in termini di divulgazione, comunicazione, rappresentazione della specialità agli occhi del mondo dell’equitazione italiana. In gergo moderno si potrebbe dire che l’uomo che ha sdoganato il dressage in Italia è stato proprio lui, Fausto Puccini. Il che acquista ancor più significato se si considera che Puccini ha avuto un’eccellente carriera sportiva e agonistica in salto ostacoli, prima di dedicarsi al dressage. Anzi, in proporzione i risultati da lui ottenuti in salto ostacoli sono stati addirittura migliori (parliamo di Gran Premi internazionali e Coppe delle Nazioni: a partire da quel 1957 in cui si è piazzato al 9° posto nella classifica dei cavalieri italiani della specialità) di quelli conseguiti in dressage per il solo fatto che nel primo caso ha dovuto confrontarsi e combattere – sportivamente parlando, ovvio: e spesso vincendo – con un numero di avversari infinitamente maggiore e tra i quali cavalieri del calibro di Piero e Raimondo d’Inzeo, Sandro Perrone, Graziano Mancinelli, Mario Maini, Fabio Mangilli, Salvatore Oppes, Giulia Serventi, Adriano Capuzzo, Paolo Spezzotti, Franco Triossi, Lalla Novo, Fabrizio Finesi, solo per dirne alcuni, mentre in dressage ai tempi del suo debutto praticamente non aveva concorrenza. Ecco perché più che per i risultati agonistici la sua importanza in rettangolo è stata enorme, fondamentale per la vita della specialità: senza di lui, infatti, il dressage italiano non sarebbe quello che oggi è, questo è certo. Oltre al fatto che Fausto è stato sempre e costantemente ‘dentro’ i meccanismi vitali dello sport: come dirigente Fise, come fondatore di associazioni, come consulente per l’estensione di regolamenti e codici, come tecnico, come rappresentante di categorie, come interlocutore esperto, credibile, competente. E poi come padre, certo: Desirée – una delle sue due figlie – è stata a lungo amazzone importante ai massimi livelli, facendo parte tra l’altro della squadra azzurra di dressage impegnata nel Campionato del Mondo di Stoccolma nel 1990. Tutto questo Fausto Puccini nell’arco di sessant’anni l’ha fatto e vissuto da dilettante puro, dedicando allo sport tempo sottratto alla sua attività professionale pur mai trascurata: segno di una passione davvero senza limite e confine, di una voglia inesauribile, di un senso di appartenenza esclusivo e totale. Quando si varcavano le porte del suo meraviglioso Hotel Ritz a Roma, e poi quelle del suo studio personale, bastava dire una sola e semplice frase: “Fausto, parliamo di cavalli?”, e la sua risposta era un sorriso luminoso e caldo: “Oh sì, certo… che meraviglia!”.
2 aprile 2016