Riportiamo dal sito Uaipre l’articolo di Gino Perin
Brescia, aprile 2015 – Uaipre (Unificazione associazioni italiane Pura Raza Española), che oltre a promuovere la cultura per il puro sangue spagnolo, è anche estremamente attenta a tutto ciò che ruota intorno al mondo del cavallo tanto da avere scritto un “codice etico”, quest’anno consegnerà un particolare riconoscimento al maniscalco ferrarese Francesco Zamboni, classe 1923. La cerimonia avrà luogo sabato 2 maggio, alle 15, presso il padiglione del cavallo lusitano e spagnolo di Aicl (Associazione del cavallo puro sangue lusitano) della Fiera di Travagliatocavalli a Brescia.
Francesco Zamboni, fino a tre anni fa era ancora in attività ed era il più vecchio maniscalco d’Italia, ora vive nella sua casa di Portomaggiore in provincia di Ferrara, però continua ad accompagnare il figlio Armando che ha seguito le orme paterne ed ha portato avanti gli interessi familiari.
Lo abbiamo conosciuto qualche anno fa all’ippodromo di Ferrara. Vedendolo ferrare un cavallo, mai e poi mai ci saremmo aspettati, che quell’uomo dalla corporatura robusta ed agile nei movimenti, fosse più vicino ai 90 anni che agli 80. Ci colpirono le sue mani, massicce ma sicure, che si muovevano con agilità sull’unghia del cavallo: ci pareva più un artista intento a scolpire una statua che un artigiano concentrato a limare un unghia per poi ferrarla con perizia. Per aiutare la famiglia che era povera, all’età di 12 anni venne mandato ad imparare il mestiere presso un maniscalco ferrarese dove iniziò ad imparare l’arte della mascalcia: “lavoravamo tutto il giorno, i cavalli erano tanti e forgiavamo a mano i ferri, era veramente faticoso”, ci dice. A diciannove anni Zamboni parte per il servizio militare e l’8 settembre 1943, grazie al mestiere che aveva imparato, non viene deportato dai tedeschi che invece lo mettono a curare i cavalli ed i muli della Whermacht.
Terminato il periodo bellico ritorna a lavorare con il suo vecchio maestro, Fausto Andreghetti. Successivamente apre una piccola bottega ed inizia l’attività in proprio aiutato dal figlio Armando, che per un infortunio aveva dovuto abbandonare una promettente carriera di calciatore. “Nel 1977, come artigiano sono approdato all’ippodromo di Ferrara – ci racconta – ed ho assunto alcuni collaboratori per fare fronte alle tante richieste che mi pervenivano. Mi sono particolarmente specializzato sui cavalli da lavoro come il TPR. Una volta venni chiamato nella tenuta di Zenzalino, nei pressi di Copparo, per tagliare le unghie ad un puledro di trotter di un anno. Aveva un problema al piede posteriore destro, si trattava di ‘Varenne’. Sono stato il primo in assoluto a mettere mano ai suoi piedi”, dice con una punta di malcelato orgoglio.
Avere iniziato a lavorare all’ippodromo per Francesco Zamboni è stata una grande fortuna, è venuto a contatto con veterinari e persone qualificate nel mondo dell’ippica che gli hanno trasmesso moltissime nozioni che ha potuto poi applicare con profitto durante il suo lavoro.
Un giorno gli abbiamo chiesto qual è il segreto per essere un bravo maniscalco. Ci ha risposto che è fondamentale iniziare da giovane e lavorare almeno quattro o cinque anni accanto ad un bravo maestro. E’ basilare saper forgiare, se non si è in grado di usare una fucina, non si potrà mai essere un maniscalco degno di questo nome rientrerà nella schiera dei “pianta chiodi”. “Una volta mi disse un sottufficiale della scuola militare di mascalcia di Pinerolo – ci precisa Zamboni – un cavallo prima di tutto si ferra sull’incudine. Non è il piede del cavallo che si deve adattare al ferro, ma, invece, è il ferro che si deve adattare al suo piede. Porto un esempio se dobbiamo ferrare cento cavalli certamente avremo cento tipi di ferrature diverse l’una dall’altra”. Alla domanda quanti cavalli ha ferrato nella sua vita ha risposto sorridendo: “E’ un numero che non riesco ad immaginare, ho iniziato a ferrare da solo che avevo appena 15 anni e l’ho fatto per più di 70 anni; la media è di sei cavalli al giorno, in quanto per ferrare correttamente un cavallo ci vuole almeno un’ora; chi ci mette di meno non sa fare bene il proprio mestiere. Ora fate voi il conto!”
28 aprile 2015