Bologna, febbraio 2016 – Carisma, credibilità, autorevolezza: ecco tutto ciò che fa di Henk Nooren il miglior trainer del mondo. E la tecnica? Sì, anche la tecnica ovviamente, ma dopo. Perché nessun insegnamento tecnico passerà mai da un trainer a un atleta (un trainer di qualunque sport e un atleta di qualunque sport) in assenza dei tre presupposti di cui s’è detto. Carisma, credibilità e autorevolezza (ai quali se ne dovrebbe aggiungere un quarto: coerenza) si costruiscono negli anni con il lavoro, con l’esperienza e con i successi: ovviamente tutto ciò si fonda su una competenza tecnica eccellente (anzi: ne è conseguenza), su una sapienza che abbraccia qualunque ambito del rapporto uomo-cavallo – parliamo di equitazione adesso, ovvio – e anche di quello atleta-sport, ma tutta la sapienza di questo mondo a nulla servirebbe se non la si sapesse comunicare, se non la si sapesse trasferire, se rimanesse dentro l’animo e la mente di chi la possiede senza trovare uno sbocco naturale e condiviso all’esterno. Ciò che a parità di cognizioni fa la differenza tra un grande trainer (tecnico o istruttore che sia) e un piccolo trainer sta proprio in questo, prima ancora che nel contenuto del messaggio: ecco perché non è detto che un grande cavaliere – perfino il più grande – debba essere necessariamente un grande tecnico. Così come non è affatto detto che il Signor Nessuno riesca a farsi intendere e seguire da un gruppo di cavalieri anche se dice le cose più giuste e intelligenti del mondo. La cosa più giusta e intelligente del mondo il cavaliere/allievo la comprende e la mette in pratica se a dirgliela è qualcuno che lui ammira, qualcuno del quale lui abbia stima, qualcuno di fronte al quale lui non si possa permettere di dire no. E nemmeno voglia dire no: perché in equitazione per fare bene una cosa bisogna esserne convinti, e mantenere tale convinzione anche se lì per lì il risultato non è del tutto soddisfacente; o comunque – convinzione a parte – affidarsi ciecamente in tutto e per tutto alla persona che dirige e segue il lavoro da terra senza remore, pregiudizi, tentennamenti. In assenza di ciò il lavoro non sarà mai proficuo. Tutto questo è ancora più vero se gli… ‘allievi’ sono alcuni tra i più bravi e importanti cavalieri del mondo, cioè molti di quelli che si sono affidati alla sapienza di Henk Nooren per migliorare la propria equitazione. Perché qualunque cavaliere, dal più bravo al meno bravo, ha bisogno di qualcuno che da terra sappia, veda e dica. L’occhio di chi è a terra serve a chi sta montando a cavallo per evitare di lasciarsi andare ad abitudini e a consuetudini che rischiano di limitare (cioè: che di fatto limitano) la qualità della propria equitazione. Da terra si ha una visione diversa da quella che si ha a cavallo, e si vedono le cose senza quella ‘costrizione’ alla quale invece talvolta si soggiace stando in sella. Naturalmente quando si parla di cavalieri bravi e di alto livello tecnico la questione riguarda le sfumature: ma se un cavaliere – per quanto bravo possa essere – si è involontariamente abituato a un certo standard di lavoro con il proprio cavallo probabilmente non vede i margini di miglioramento, o comunque quel miglioramento non lo ritiene possibile. Ecco perché lo sguardo di chi sta a terra in quel caso diventa fondamentale; se poi lo sguardo è quello di una persona eccezionalmente competente, autorevole, carismatica, credibile come Henk Nooren, beh… ecco spiegato il motivo per cui l’arrivo del tecnico olandese – o meglio: il ritorno – alla guida del salto ostacoli azzurro ha creato un gran fermento e un altrettanto grande entusiasmo. Seguire il suo primo stage federale a San Giovanni in Marignano è stato un vero spettacolo: non tanto per quello che lui ha detto e fatto, quanto piuttosto per come i cavalieri si sono impegnati nell’eseguire di volta in volta le sue indicazioni. Nooren non ha detto cose sorprendenti e stupefacenti: ha lavorato su concetti base quali leggerezza, morbidezza, rispondenza agli aiuti, sintonia tra cavallo e cavaliere… La cosa davvero favolosa è stato vedere Natale Chiaudani montare con l’attenzione di un ragazzino, impegnandosi per eseguire alla lettera quello che gli chiedeva Nooren, e quindi esibire un’equitazione spettacolare. Perché Natale Chiaudani? In realtà per tutti gli altri cavalieri è stata davvero la stessa cosa, ma Chiaudani tra i presenti era il ‘meno giovane’, un cavaliere dalla carriera formidabile, una cifra stilistica altissima, diciamo anche un’autostima notevole, una conoscenza della materia sconfinata. Potrebbe essere lui il maestro: di fatto lo è. Per questo vederlo calarsi totalmente nella parte dell’allievo e montare così bene pur nell’esecuzione di esercizi semplici è stato davvero meraviglioso. Perché anche per cavalieri di quel calibro non è facilissimo fare ciò che gli viene richiesto nel momento in cui gli viene richiesto e soprattutto nel modo in cui gli viene richiesto da una persona esigente e inflessibile come Henk Nooren. Per estensione è lo stesso discorso che si dovrebbe fare per le grandi vittorie, distinte dalle vittorie per così dire normali: la grande vittoria è quella che si ottiene nel momento in cui deve essere ottenuta nella consapevolezza di doverla ottenere. E non è per niente facile. Eseguire un esercizio di lavoro – per quanto semplice – nel momento in cui il tecnico lo richiede e nel modo in cui lo richiede è ugualmente non semplice: riuscirci alla perfezione è la bellezza del montare a cavallo. Henk Nooren non ha solo lavorato e ragionato sulla situazione del cavallo, su equilibrio, leggerezza, impulso: ha anche corretto difetti di posizione e di assetto di qualcuno, senza trascurare il benché minimo particolare. Dimostrando eloquentemente quindi che il lavoro con lui – soprattutto nel caso di cavalieri di alto livello – è fatto non solo nel rispetto e nell’applicazione dei grandi concetti, ma anche nella cura del più infinitesimale dettaglio. Ecco perché il più spassionato dei consigli per tutti gli appassionati e gli addetti ai lavori non può che essere il seguente: potendo, non lasciatevi scappare l’occasione di assistere a uno stage di Henk Nooren. Vi farà pensare.
2 febbraio 2016