Milano, aprile 2015 – Il primo a rispondere alla nostra chiamata telefonica è Giuseppe Della Chiesa*: «Mi occupo di gestione del rischio in completo da 14 anni per la FEI, posso parlare solo in generale non essendo stato sul posto dell’incidente e nel farlo oggi non mi riferisco a questo caso particolare.
La prima cosa che dico sempre è che in questa disciplina ci si può occupare di gestione del rischio, non di sicurezza. La sicurezza è un concetto diverso, collegabile a persone che lavorano sui ponteggi per guadagnarsi da vivere; il completo è uno sport, che si sceglie consapevoli dell’innato rischio che comporta anche solo stare vicino a 500 kg. di cavallo vivo.
Un rischio che va gestito ma non si riesce mai a portare a zero, nonostante tutti i nostri sforzi gli incidenti continuano ad accadere.
Ed ogni volta è una tragedia, anche se dobbiamo riuscire a vedere questi episodi in un contesto più ampio: gli incidenti mortali non accadono solo nel completo ma anche nelle corse motociclistiche, in una banale gita in macchina o mille altri occasioni di vita quotidiana.
Parlando da un punto di vista tecnico, la più grande difficoltà è gestire una varietà molto maggiore di situazioni e caratteristiche diverse: un percorso di completo presenta molte più variabili di una corsa di Formula 1 e (a parte i budget drasticamente differenti a disposizione delle due discipline) bisogna essere realisti, non possiamo mettere un’autoambulanza ad ogni ostacolo e in casi come questo purtroppo nemmeno sarebbe servito – anche se i soccorsi sono arrivati in quattro minuti, e non è possibile pensare che possano impiegare meno tempo.
A mio parere l‘errore più grosso è che non bisogna mai, mai dire che montare a cavallo non è rischioso: mai minimizzare i rischi, perché l’equitazione richiede sempre rispetto, disciplina ed educazione (intesa anche come addestramento specifico, n.d.a.)
Solo con questi strumenti si può affrontare una disciplina come l’equitazione in generale e il completo in particolare: una volta erano aspetti importantissimi nella crescita di un cavaliere, ora con il concetto del cliente si corre il rischio di perdere l’aiuto indispensabile che solo loro possono dare.
Grazie a disciplina, rispetto e consapevolezza si imparava che anche solo stare vicino a un cavallo è rischioso, e di disciplina ne occorre tanta per galoppare in campagna verso ostacoli fissi.
I dati che stiamo raccogliendo da 10 anni in FEI poi aiutano molto a capire come stanno le cose: nel 97% dei casi di cadute più impressionanti nessuno si fa nulla, o comunque poco più di una clavicola rotta. Oggi i casi gravi sono molto molto rari, anche se la comunicazione moderna li rende più immediatamente noti: ma statisticamente sono cresciuti i praticanti e i salti saltati, mentre è diminuito il numero di incidenti gravi rispetto al passato.
Resta comunque un rischio residuo, la cosa importante è mantenere alta l’attenzione, rispettare l’equitazione: un aspetto tragico di queste statistiche è che non c’è correlazione tra difficoltà del salto e gravità dell’incidente, anzi.
Alcune delle cadute più drammatiche spesso capitano su ostacoli semplici, e qui ritorniamo al discorso dell’attenzione di cavallo e cavaliere: sull’ostacolo grosso ci sono più cautela e adrenalina in corpo, sull’ostacolo facile calano a volte sia l’una che l’altra.
Un aspetto estremamente importante ma molto difficile da spiegare è il fatto che più noi cerchiamo di diminuire le cadute, e meno i cavalieri imparano a cadere. Una volta a causa dei cavalli più scadenti si cadeva di più, poi tutto era molto legato al mondo delle cacce o delle corse in piano e in ostacoli, c’era una certa consuetudine nel fare una caduta attiva. Ora stiamo notando che siccome i cavalli sono molto più buoni, molti cavalieri che non provengono dal vecchio iter hanno una minore abitudine a cadere: l’emergenza diventa una sorpresa e non ci si prepara ad attutire.
Ripeto: sto parlando della gestione del rischio nel completo in generale, non di questo caso particolare dove la dinamica dell’incidente (il cavallo è caduto in rotazione, facendo perno su un anteriore, n.d.a.) non ha lasciato possibilità all’amazzone di evitare lo schiacciamento sotto il suo cavallo.
Rimane la questione della frangibilità degli ostacoli del completo: annoso problema, perché una disciplina equestre con ostacoli mobili c’è già, il salto ostacoli. La prova di campagna senza ostacoli fissi non sarebbe più la stessa cosa, ma stiamo studiando per migliorare il più possibile anche con misure passive di gestione del rischio».
Appoggiamo il telefono, passano solo pochi secondi e ci chiama anche Mauro Checcoli**. Introduciamo anche con lui l’argomento, allo stesso modo: può darci un parere di buon senso sull’incidente di Sabrina Manganaro?
«Io le posso dare solo un parere generale, non ho visto l’accaduto né le sue motivazioni. Ma conosco il luogo, che mi pare un ottimo terreno con ostacoli semplici, costruiti da gente che il mestiere lo sa.
Esiste comunque, sempre un margine di rischio più o meno grande a seconda delle situazioni: il cavallo, il cavaliere, anche la fatalità al di là di tutte le invenzioni tecniche che si possono indossare o prevedere: se un cavallo di 6 quintali ti rovina addosso devi solo avere la fortuna di non starci sotto. Cadono anche i grandi cavalieri, se l’amazzone è arrivata lì voleva dire che sapeva quello che faceva ed era preparata.
Come dicevo poco fa in una intervista televisiva: molti anni fa, quando ero presidente della Fise ci furono 11 morti in un anno nel completo europeo: una percentuale di incidenti molto elevata, a ragione del mio ruolo avevo potuto visionare i filmati di ogni caso e molto spesso erano ragazze, molto spesso inglesi, molto disinvolte e con molta poca tecnica in sella: gli incidenti spesso erano causati da un cavallo molto stanco dopo il lungo percorso, poco allenato.
Non si può quindi collegare questo caso con quelli di allora, perché il cavallo di Sabrina aveva affrontato una prova di poco più di 2000 metri, che qualsiasi cavallo può affrontare. Un cavallo da cross non in perfetta forma diventa una massa enorme senza nessuna coordinazione né gestione, è sempre un rischio da tenere ben presente: ma non è assolutamente questo il caso, era una gara minore senza marce o steeple e il cavallo non poteva essere provato».
*Giuseppe Della Chiesa è stato campione italiano della disciplina, membro della Commissione FEI per il Completo, disegnatore di percorso per i Campionati Europei Junior del 2004 ai Pratoni del Vivaro, delegato tecnico FEI alle Olimpiadi di Hong Kong nel 2008 e al CCI**** di Badminton 2008 (GBR) e Pau 2007 (FRA). Nel 2014 è stato nominato course designer per la prossima edizione del CCI4* di Badminton.
**Mauro Checcoli è olimpionico di completo, avendo vinto due medaglie d’oro (individuale e a squadre) a Tokyo nel 1964, ed è stato presidente della Federazione Italiana Sport Equestri dal 1988 al 1996.
14 aprile 2015