Bologna, 3 marzo 2022 – La notizia parla di scienza e ci arriva dagli studiosi dell’Università della Ruhr di Bochum, in Germania. Ed è di quelle che invitano ancora una volta a riflettere sull’enorme vantaggio che l’uomo trova nell’aver vicino un compagno di storia come il cavallo.
Secondo uno studio condotto in cooperazione tra l’Università della Ruhr e quella di Hannover, sembrerebbe che il virus dell’epatite C che infetta l’uomo e quello che può infettare il cavallo abbiano geneticamente molte cose in comune.
Giusto per capire l’importanza di questa scoperta per la scienza, basti pensare che per l’epatite C, una patologia che interessa circa 70 milioni di persone in tutto il mondo, non si è ancora stati in grado di trovare un vaccino.
Si tratta di una patologia spesso occulta, in quanto non si manifesta se non attraverso i danni ‘collaterali’ che crea all’organismo e in particolare al fegato. Il tutto provocato da un virus che è capace di cambiare molto in fretta e che quindi è difficile da contrastare con un vaccino.
«La ragione per la quale il virus dell’epatite C spesso non viene rilevato dipende dal fatto che cambia continuamente e sfugge al sistema immunitario» spiega il dottor Daniel Todt, del dipartimento di virologia. In pratica si producono degli anticorpi che quando entrano in azione sono già ‘vecchi’ rispetto alla mutazione del virus.
Da qui la necessità di studiarne il comportamento anche negli animali. Che tuttavia, fino a questo momento, si erano dimostrati modelli poco assimilabili rispetto all’organismo umano.
Almeno fino a prima della comparazione eseguita con i modelli di epatite rilevati su cavalli all’Università di Hannover.
Il nostro e il loro
«Se si compara il virus che può infettare le diverse specie, quello che infetta l’uomo e quello che infetta il cavallo sono geneticamente ‘parenti stretti’». Questa la spiegazione del dottor André Gömer, uno dei ricercatori.
«Gli studi fin qui condotti ci aiutano a comprendere meglio le tattiche del virus dell’epatite C e quali possono essere i suoi punti deboli». In pratica, l’osservazione dell’infezione dell’epatite C nel cavallo può fornire indizi preziosi per studiarne le evoluzioni epatiche virali e l’evasione immunologica del virus. E contribuire quindi a trovare una soluzione anche per l’uomo.