Comunicato ANSA
Milano, maggio 2016 – Tutto accadde per un cavallo. Era il 1877 e per la curiosità di un uomo d’affari dubbioso che nel galoppo tutte e quattro le gambe dell’animale si staccassero contemporaneamente dal suolo, come le avevano dipinte fino ad allora molti artisti, Eadweard Muybridge (1830-1904), ‘inventò’ il movimento nella fotografia. Rischiando di anticipare di vent’anni i Lumiere e la nascita del cinema.
Per la prima volta una mostra racconta in Italia il genio e la tecnica di Eadward James Muggeridge, vero nome del giovane inglese emigrato negli States e destinato a tanta influenza, con ‘Muybridge Recall.
Tra scienza e artè, dal 19 maggio al 28 ottobre alle Stelline di Milano, Galleria Gruppo Credito Valtellinese. In tutto, 80 scatti a cura di Leo Guerra e Cristina Quadrio Curzio, per raccontare l’avventura personale e professionale di Muybridge, a partire dai suoi celebri nudi che volteggiano sugli attrezzi ginnici, ma anche i ruggiti nervosi di un leone, i passi a quattro zampe di una scimmia, la corsa e l’abbraccio di un bimbo alla sua mamma.
Partito come libraio ed editore, Muybridge si appassionò alla fotografia soprattutto dopo l’arrivo a San Francisco. Erano gli anni di pionieri come O’Sullivan e Jackson e negli States cresceva la febbre da documentazione delle bellezze del continente americano. Muybridge (personaggio curioso, reo confesso ma assolto per l’omicidio dell’amante della moglie), raccontò prima la Yosemite Valley con le immagini stereoscopiche tanto di moda al tempo per quell’effetto tridimensionale. Poi vennero l’Alaska, il Guatemala e Panama.
Ma fu l’incontro con Leland Stanford, proprietario di un grande allevamento in California, a cambiare il corso della sua carriera. Stanford gli chiese infatti di stabilire con esattezza la posizione delle gambe di un cavallo in corsa (in un panorama generale in cui la fotografia si prestava sempre più spesso all’osservazione scientifica), per appurare se fossero davvero come le aveva dipinte, ad esempio, il francese Théodore Géricault neI Derby a Epson.
Con 24 fotocamere collegate ad altrettanti fili e il velocissimo puledro Edginton su una pista a sfondo bianco, Muybridge ottenne una sequenza di immagini che sancivano una volta per tutte che, sì, per alcuni istanti nel galoppo l’intero corpo dell’animale è sollevato dal suolo, ma anche che l’estensione delle gambe è del tutto diversa da quella immaginata per secoli dai grandi pittori.
Gli scatti divennero presto celebri e molti artisti come Degas ne rimasero talmente influenzati da iniziare a utilizzare il nuovo mezzo non solo per catturare istanti di movimento invisibili all’occhio umano, ma arrivando a dipingere direttamente sulla fotografia. Dopo i cavalli, come racconta la mostra, per Muybridge furono gli uccelli in volo, gli animali dello Zoo di Philadelphia e finalmente l’uomo. Fecero il giro del mondo i suoi nudi, immortalati su una griglia disegnata mentre correvano, salivano le scale o portavano secchi d’acqua. Con l’Università di Pennsylvania, mise a punto anche lo Zoopraxiscopio per proiettare le immagini, proprio come al cinema.
La mostra ne ripropone un set, in chiave contemporanea, animato per la serata inaugurale da una performance con gli studenti del Dipartimento di Arti Visive della Nuova Accademia di Belle Arti Milano.
Completano la visita i docu-film di Paolo Gioli ‘L’assassino nudò e un ‘Film stenopeicò.
16 maggio 2016