Bologna, luglio 2016 – Non sempre ciò che è in vendita si può comperare. Non sempre si vende ciò che potrebbe essere acquistato. E per tali casi la discriminante non è tanto e non solo il denaro, quanto piuttosto il buonsenso, l’etica, il senso civico, la coscienza, vale a dire qualità immateriali che proprio perché tali non stanno dentro un portafoglio o su un libretto di assegni o collegate a una carta elettronica. Stanno dentro la mente e il cuore delle persone. Invece chi utilizza come discriminante per tutto ciò solo e soltanto il denaro corre il serio pericolo di perdere completamente di vista presto o tardi i veri valori della vita, delle relazioni sociali, dell’amore, della condivisione. Alexander Onishenko, miliardario ucraino, sta per perdere l’immunità parlamentare per poi essere mandato in giudizio al cospetto di un tribunale del suo Paese per rispondere di un reato collegato al commercio di gas che gli avrebbe fruttato svariati milioni di euro (https://www.cavallomagazine.it/oleksandr-onyshchenko-a-rischio-galera-1.2306671). Questo è quanto riferiscono le cronache. Naturalmente questa non è la sede più adatta per entrare nel merito della questione, anche perché per farlo con cognizione di causa bisognerebbe essere a conoscenza di elementi che oggettivamente sono al momento di difficile riconoscibilità e individuazione. Ma una cosa è certa: Onishenko ha maneggiato denaro in tale quantità da arrivare al punto di cui si diceva, cioè considerare i soldi come unica discriminante utile a stabilire cosa sia possibile acquistare e cosa no. Quanto meno nel mondo dello sport, e più precisamente ancora nel mondo del nostro sport. Alexander Onishenko ha dimostrato eloquentemente quello che per lui è acquistabile, facendo in modo che fosse venduto ciò che in realtà sarebbe stato impossibile vendere. Come tutti coloro i quali vivono, operano e lavorano nel mondo del salto ostacoli, Onishenko ha comperato cavalli, il che è normale, ma ha comperato anche uomini e perfino una nazione intera, il che è decisamente meno normale… Anzi, nel mondo dello sport – di tutto lo sport, non solo di quello equestre – una cosa come quella fatta da Onishenko non si era mai vista: lui ha preso un carrello e girando per le scuderie del mondo l’ha riempito mettendoci dentro un po’ di cavalieri belgi, alcuni tedeschi, un ungherese, un brasiliano. Poi è andato alla cassa, ha pagato, è tornato a casa e mettendo la spesa in sella ai suoi cavalli ha esclamato con soddisfazione: ecco l’Ucraina! Una squadra nazionale, non una squadra di club come quelle che nel calcio ormai sono costituite più da stranieri che da giocatori indigeni. No, una squadra nazionale. Dimostrando in questo modo di sbeffeggiare senza alcun ritegno il principio della rappresentatività sportiva: le squadre nazionali esistono perché sono espressione della realtà sportiva di un Paese che si mette in gioco insieme agli altri Paesi. Un confronto che, poggiando su una differenziazione, mira in realtà a unire e a stimolare una condivisione: troviamoci tutti insieme per fare un grande gioco, questo è il principio originario dello sport agonistico.
Nel 2006 questa sedicente Ucraina ha sfiorato il podio di un campionato internazionale, quello del mondo ad Aquisgrana: 4° posto. Forse spaventata da questa evidente anomalia, forse preoccupata che per le imminenti Olimpiadi di Pechino i miliardari cinesi potessero utilizzare gli stessi strumenti per crearsi una squadra sufficientemente forte (ma in realtà i cinesi hanno un orgoglio nazionale molto più intransigente… ), fatto sta che la Fei ha immediatamente inasprito i criteri secondo i quali acquisire la cittadinanza sportiva, elaborando una serie di regole molto più severe per poter arrivare all’obiettivo. C’è anche stato chi ha pubblicamente esibito la propria incorruttibilità: Steve Guerdat alle proposte di Onishenko ha risposto gelidamente “Io sono svizzero”. Oppure chi ha rischiato di mandare all’aria la pace familiare: il ‘vecchio’ cavaliere tedesco Tjark Nagel (classe 1952) non ha più rivolto la parola al figlio Bjorn (1978) finché questi non ha ripreso la nazionalità tedesca. Ma c’è anche stato chi – la maggioranza – non si è affatto scandalizzato di fronte a tutto ciò, reputando questo mercimonio né più né meno una forma di evoluzione dello sport moderno, dello sport di oggi. I tempi che cambiano. Ma ci sono alcune cose che non possono e non devono cambiare, perché rappresentano l’elemento costitutivo del tutto: e se il denaro forza questo meccanismo compie un crimine forse non punibile come quello per il quale il tribunale ucraino giudicherà o non giudicherà Onishenko sulla faccenda della presunta frode sul commercio di gas, però certamente deleterio nei confronti della vita e della natura dello sport. Perché nonostante tutto e alla base di tutto lo sport è sport. E non altro.
1 luglio 2016