Bologna, dicembre 2015 – Emilio Puricelli è nato il 21 ottobre del 1955. Da cavaliere ha fatto parte del gruppo dei giovani che hanno costituito il cosiddetto ‘dopo d’Inzeo-Mancinelli-Orlandi’, vale a dire i vari Moyersoen, Arioldi, Lupinetti, Bartalucci etc etc. La sua è stata una carriera brillante contrassegnata da grandi successi (tra l’altro lui ha fatto parte della squadra azzurra che per l’ultima volta ha vinto la Coppa delle Nazioni a Piazza di Siena: nell’ormai lontano 1985 in sella a Impedoumi) e interrotta a causa di qualche malanno fisico quando probabilmente avrebbe avuto ancora molto da dire in sella e in campo ostacoli. E’ iniziata così la fase del Puricelli tecnico e trainer a tempo pieno (oltre che commentatore televisivo), caratterizzata non solo dalla sua grande competenza e bravura ma anche da un carattere personale forte e sanguigno. In questa veste la dimostrazione della sua bravura si è avuta eloquentemente quando nel 2009 l’Italia ha vinto (finalmente!) una medaglia internazionale, la prima dal 1972: quella d’argento nel Campionato d’Europa di Windsor. Ebbene, in quel momento il responsabile tecnico della squadra azzurra era Markus Fuchs, ma è anche vero che lo era divenuto solo pochi giorni prima: in realtà il lavoro che ha portato a quel risultato lo aveva svolto in buona parte nel corso del tempo proprio Emilio Puricelli, che insieme a Uberto Lupinetti aveva gestito tecnicamente il salto ostacoli azzurro seniores fino all’arrivo di Fuchs. Bravi, anzi bravissimi i cavalieri di quell’impresa, ma proprio loro quattro – Chiaudani, D’Onofrio, Garcia e Bucci – hanno sempre voluto riconoscere a Puricelli il grande merito di aver saputo calibrare al meglio la preparazione e la strategia di avvicinamento a quel campionato. Adesso Emilio Puricelli ritorna in un ruolo tecnico di vertice nell’organigramma Fise: il consiglio federale lo ha destinato al ruolo di vice-ct, se così si può dire; in poche parole sarà il braccio destro di Henk Nooren.
La sua sensazione del momento?
«Credo che con Arioldi, Nooren e il sottoscritto si sia formata una bella squadra all’altezza della situazione. Sono convinto che sia il preludio a qualcosa di positivo, a qualcosa che dovrebbe farci migliorare là dove siamo un po’ mancati in questi ultimi anni».
Ha già parlato con Henk Nooren?
«Io con Henk Nooren ho lavorato personalmente per dieci anni a livello privato, oltre ai quattro durante i quali lui è stato il nostro tecnico… Non abbiamo molto da dirci, in effetti: io so perfettamente chi è e come lavora lui, lui può dire altrettanto di me. Ci intendiamo a occhi chiusi, insomma, e da anni. Poi è chiaro che al più presto faremo una riunione per stabilire strategie, compiti, obiettivi… una riunione operativa, insomma. E la faremo quanto prima, subito dopo il giorno di Natale, anche se non abbiamo ancora una data certa».
Ma ha già un’idea di come sarà il suo ruolo?
«Al momento è inutile che io dica una cosa della quale ancora non abbiamo discusso tutti insieme nel dettaglio. In generale l’obiettivo dovrebbe essere quello di avere un team manager che si dovrebbe occupare delle cose organizzative e burocratiche e delle selezioni, ovviamente in accordo con i tecnici; un tecnico dedicato alla prima squadra, i primi dieci cavalieri diciamo, senza essere costretto a disperdere tempo ed energie su tutto il panorama nazionale; mentre il suo secondo in accordo e collaborazione con lui dovrebbe ‘coprire’ tutto il resto della realtà agonistica e del territorio aiutando i cavalieri a stabilire una buona organizzazione e un buon sistema di crescita, soprattutto nel caso dei giovani. Ma è una mia idea, intendiamoci, non abbiamo ancora affrontato l’argomento nel dettaglio. Però questo mi è sembrato l’intendimento del presidente Vittorio Orlandi».
Traspare un certo entusiasmo dal suo tono di voce…
«Io sono certo di una cosa: noi di certo garantiremo impegno e lavoro. Non posso dire risultati, perché quelli dipendono da variabili a volte infinitesimali: basta guardare l’ultimo Campionato d’Europa con la Francia che parte al comando e poi non prende nemmeno una medaglia, Penelope Leprevost che sembrava avviata alla vittoria e invece alla fine la medaglia l’ha presa Delestre che non era partito bene, la Germania che da anni non riesce a vincere in casa… e stiamo parlando dei più forti in assoluto, senza discussione, eppure… Insomma, il lavoro, la programmazione e la serietà sono la base imprescindibile per ottenere i risultati, ma non è sempre detto che il risultato poi arrivi davvero. Quello che mi sento di dire è che noi ci impegneremo al massimo nel lavoro, nella programmazione e nella serietà. E poi vedremo».
24 dicembre 2015