Città del Messico, aprile 2016 – Nell’arco di soli sette giorni di distanza il Longines Global Champions Tour ha messo in mostra tutto quello che può essere il salto ostacoli al giorno d’oggi. Sette giorni fa la tappa d’esordio del circuito a Miami (Stati Uniti) in un luogo in cui su elementi di assoluta naturalità – una spiaggia, il mare – è stata creata la più artificiale costruzione possibile: un campo ostacoli piccolo, chiuso da strutture edificate da zero per l’occasione, un’arena più simile a quelle indoor della Coppa del Mondo (se non fosse stato per il sole scintillante e il rumore delle onde dell’oceano lì a due passi) dove prendi il galoppo e gli ostacoli ti vengono addosso uno dopo l’altro, dove il ritmo e il calcolo sono fondamentali, dove se sbagli una falcata di galoppo sul numero uno rischi di pagarne le conseguenze sul numero tredici… Oggi invece a Città del Messico si è ritornati a una dimensione più classica e tradizionale di un grande concorso ippico all’aperto: un bellissimo ed enorme campo ostacoli in erba, all’interno di un impianto stabile dedicato allo sport equestre come accade ad Aquisgrana, Dublino, La Baule (per esempio), su di un terreno che alla fin fine è pur sempre quello più collegato all’idea di un cavallo che salta, dove la gestione del percorso deve tenere in considerazione spazi e distanze e tempi di reazione che spesso variano in modo consistente da una zona all’altra del tracciato. L’elemento che ha accomunato questi due ‘estremi’ è comunque uno solo: spettacolo. Spettacolo offerto da grandi cavalli e da grandi cavalieri. Una meraviglia per gli occhi e un’emozione per il cuore.
Oggi a Città del Messico il barrage finale ha proposto un tema semplice: i giovani si sono dovuti inchinare di fronte ai vecchi… Anzi, al ‘vecchio’. Proprio così: il belga Jos Verlooy (nato il 15 dicembre 1995, dunque quasi classe ’96) in sella a Caracas e l’irlandese Bertram Allen (1 agosto 1995) su Hector van d’Abdijhoeve hanno dovuto loro malgrado cedere il passo di fronte al caos ragionato ma molto facilmente infiammabile di Roger-Yvos Bost, nato il 21 ottobre 1965, cavaliere che aveva già vinto (quasi) tutto quando Jos e Bertram stavano stesi sul fasciatoio per farsi cambiare il pannolino, uomo tanto schivo, riservato, perfino dolce e delicato, quanto feroce e spietato e aggressivo e ardente in campo ostacoli; in sella a Qoud’Coeur de la Loge, figlio di quell’Ideal de la Loge con il quale il francese aveva vinto il suo ultimo GP di Global Tour prima di oggi e cioè nel 2011 ad Abu Dhabi, Bost ha chiuso il barrage a 37.23 senza lasciare scampo agli avversari: Verlooy terminava a zero ma in 41.63, Allen in 39.19 ma con un errore, il tedesco Christian Ahlmann (quasi incredibile: lui c’è sempre… e infatti si trova al comando della classifica generale dopo le prime due prove del Tour) su Epleasure van het Heike – che qui partiva per primo in barrage proprio come sette giorni or sono a Miami – arrivava al traguardo in 39.72 con 4 penalità. Ed Emanuele Gaudiano? Luci e ombre. Caspar è sembrato meraviglioso in alcune situazioni, un po’ deludente in altre: il cavaliere azzurro è riuscito a cogliere l’ultimo posto disponibile per accedere alla seconda manche (il diciottesimo) con 5 penalità nella prima, per poi incappare ancora in 4 penalità e finire quindi allo stesso 18° posto. Però la cosa più importante è che Emanuele e il suo cavallo abbiano ormai stabilito una regolarità di rendimento – o meglio: di prestazioni – tale da consentire loro di affrontare qualsiasi gara senza sentirsi in inferiorità rispetto ad avversari più titolati. Quale che sia il Gran Premio da vivere, loro lo fanno comunque da protagonisti.
17 aprile 2016
La classifica completa del Gran Premio:
http://eventcontent.hippoonline.de/1149/sta_erg/09_ergENG.htm?style=longines