Goteborg, marzo 2016 – Steve Guerdat oggi è un uomo felice. Lo è perché ha vinto, ma soprattutto lo è per i motivi da lui stesso elencati in conferenza stampa subito dopo aver sollevato la sua seconda Coppa del Mondo. “E’ un giorno davvero speciale”, ha detto il campione elvetico con grande emozione. “Non pensavo davvero di potermi trovare qui adesso nel ruolo di vincitore della finale. Ho una squadra davvero eccellente che mi sostiene, gente che si alza all’alba ogni giorno per lavorare duramente e senza risparmio, quindi la prima cosa che voglio fare è ringraziare tutto il mio team, è veramente una squadra vincente, abbiamo tutti lo stesso obiettivo. Adesso sono io che sto qui davanti a voi come vincitore, ma ci sono molte altre persone che dovrebbero essere al mio fianco in questo momento. Siamo una squadra vincente molto più di quanto io stesso potessi immaginare!”.
Lui e le sue due vittorie: “Per me era molto importante oggi montare meglio di quanto abbia fatto lo scorso anno: a Las Vegas ho vinto, d’accordo, ma quello è stato l’unico motivo per cui essere felice quel giorno…”, ammette Guerdat alludendo al secondo percorso della terza prova portato a termine in modo non proprio… ortodosso, diciamo.
Lui e Corbinian: “Non volevo mettergli troppa pressione addosso: non ero sicuro di come avrebbe potuto reagire all’impegno di un campionato, lui non ha una grande esperienza a questo livello. Ma oggi dopo il giorno di riposo, quello di ieri, l’ho sentito molto bene, fresco e potente già quando l’ho montato prima della gara. Soprattutto l’ho sentito combattere insieme a me, e non è una sensazione che si prova spesso, questa: a volte con i cavalli non dico che capiti di essere l’uno contro l’altro, ma di andare alla… ricerca l’uno dell’altro, diciamo. E può non essere molto piacevole. Ma oggi… ho sentito Corbinian davvero insieme a me, con me, ed è una sensazione che dà una grandissima certezza e confidenza lungo tutto il percorso. Anzi, devo dire che oggi nel secondo percorso l’ho sentito addirittura meglio che nel primo: il che ovviamente non vuol dire avere la garanzia del percorso netto, però essere consapevoli di potersi concentrare sulle cose principali e più difficili”.
Ancora lui e Corbinian: “Onestamente devo dire che solo durante l’ultimo concorso prima di questa finale, a ‘S-Hertogenbosch, ho avuto buone sensazioni per tutte le giornate di gara. E’ stata la prima volta. Prima capitava di avere un giorno buono e un altro meno, un giorno il salto era buono ma la gestione del percorso non altrettanto, e il giorno dopo il contrario… E’ stato dopo la tappa di Coppa del Mondo a Londra in dicembre che ho deciso di puntare su Corbinian per questa finale, così sono andato in Spagna tre settimane giusto per fare qualche gara in tutta leggerezza, quasi giocherellando nelle categorie piccole: volevo che potessimo approfondire e migliorare il nostro assieme, così ho fatto con lui una decina di gare mai sopra il metro e quaranta, anzi direi più spesso tra il metro e trenta e il metro e quaranta. Ho provato un po’ di imboccature, ho provato a modificare un po’ il mio modo di montare adattandomi il più possibile a lui, dopodiché ho pensato che il cavallo avesse davvero bisogno di fare almeno un grosso concorso prima della finale e così siamo andati a ‘S-Hertogenbosch dove l’ho sentito saltare magnificamente tutti e tre i giorni di gara. A quel punto mi sono sentito davvero sicuro nell’affrontare questa finale di Goteborg”.
Lui e suo padre Philippe, presente a Goteborg in qualità di chef d’équipe dei cavalieri francesi: “Mio papà è stato a sua volta cavaliere internazionale quindi sa molto bene di cosa si sta parlando… veniamo dalla stessa vita, dallo stesso mondo quindi non abbiamo bisogno di parlarci troppo o di vederci spesso. Ci vogliamo bene e questi momenti appartengono a lui tanto quanto a me, proprio come padre e figlio”.
28 marzo 2016