Ancora una storia che ci piace leggere e raccontare: quella di Andrea Serritella e Rino, tutti e due di Salerno – anzi, ad essere precisi Rino è un rappresentante del cavallo Salernitano, che tanto successo ebbe anche come soggetto sportivo negli anni d’oro dell’equitazione italiana.
Andrea è laureto in Scienze dell’Alimentazione, Rino è figlio di Sultano delle Fiocche e insieme si sono esibiti anche all’ultima FieraCavalli di Verona: questa è la loro storia, buona lettura.
Rino e Andrea
Sono nato nel 1991 a Ricigliano, un piccolo paesino del salernitano. Sin da piccolo ho avuto una forte attaccamento alla natura ed agli animali, anche grazie a mio padre: ho cominciato ad avvicinarmi al mondo dell’equitazione a 13 anni montando proprio la sua cavalla. La decisione di acquistare un cavallo salernitano è nata perché sono sempre stato affascinato dalla grande storia equestre italiana, che narrava le grandi vittorie dei fratelli D’Inzeo e di tanti cavalli salernitani con cui avevano raggiunto grandi risultati. E in più si tratta di un cavallo appartenente alla mia stessa terra, e questo mi ha motivato ancora di più: senza contare che io ho una passione per l‘Alta Scuola che proprio a Napoli ha avuto i primi importanti Maestri, che utilizzavano anche cavalli nati, allevati e selezionati qui per questo specifico lavoro.
La scelta di prendere proprio un cavallo Salernitano non è stata facile: molti mi sconsigliavano, ritenendo che per questo tipo di lavoro sarebbe stato preferibile un altro cavallo. Quando andai a vedere Rino mi dissero subito che aveva un brutto carattere, dovuto anche al fatto che veniva impiegato solamente come stallone: rischiava il macello, nessuno lo voleva più. Ma io lo vedevo da lontano: era una giornata con tanto sole, i raggi si riflettevano sul suo mantello lucentissimo, quasi dorato. Ho incrociato per un attimo i suoi occhi che erano cosi vivi, espressivi: non ci ho visto cattiveria ma solo l’espressione di chi si sente incompreso, un campione senza la possibilità di esprimere le sue potenzialità. Il pensiero che un essere così bello e nobile potesse finire al macello perché poco gestibile non ha fatto altro che aumentare il mio desiderio di averlo: e così dopo pochi giorni lo comprai.
I primi tempi furono difficili a causa del suo carattere ribelle e della mia esperienza limitata; ma con il tempo , la pazienza e soprattutto l’amore sono riuscito lentamente a fargli accettare di essere montato e a conquistare la sua fiducia. E’ stato proprio grazie al suo caratteraccio che ho imparato il rispetto per il cavallo, in tanti si limitano a dire che è un animale metodico ma per me me è estremamente sensibile. Io in lui vedo un’anima, un sentimento, e secondo me è proprio la sua intelligenza a renderlo così unico e complicato.
Finché il mio comportamento era standardizzato su certi criteri e cercavo di dominarlo lui si imponeva con calci e sgroppate, diventava tutto una lotta: un giorno aveva la meglio il cavaliere, un giorno il cavallo ma non si usciva da quello schema. Poi sono riuscito a capire, e fargli capire, che dovevamo metterci fianco a fianco e guardare insieme nella stessa direzione, non sfidarci – e alla fine sono stati sempre i suoi occhi, come quando li ho visti la prima volta, che mi hanno fatto capire cosa dovevo fare.
Adesso tra di noi c’è un alchimia particolare: io conosco perfettamente lui e lui conosce perfettamente me, abito lontano e quando passiamo qualche settimana senza vederci appena mi sente corre da me e mi fa tantissime feste; anche durante il lavoro è tutto così bello, la sua voglia di lavorare e la sua calma sono impressionanti, sembra leggermi nel pensiero. Basta che io non lo annoi e lui mi dà anche l’anima.
Oggi sono fiero di aver girato l’Italia con il mio cavallo esibendomi con lui, e la partecipazione a FieraCavalli Verona per il secondo anno consecutivo mi inorgoglisce ancora di più: anche perché quest’anno ero l’unico a rappresentare la mia regione, la Campania, con un cavallo Salernitano e Rino era l’unico presente in tutta la fiera.
Se sono riuscito a fare questo lo devo tutto a lui: mi ha fatto capire che non esiste un cavallo non adatto a fare qualcosa, ma che la sua pazienza e comprensione sono in grado di fare tutto. Mi ha insegnato il saper aspettare ed anche il saper chiedere ma anche lui è cambiato, e tanto. Da cavallo indomabile e cattivo che veniva considerato una volta è arrivato ad essere un cucciolone che cerca coccole e giochi con una dolcezza infinita.
Ora i tempi in cui le sgroppate ed i calci riempivano le giornate sono dimenticati, finalmente abbiamo formato un binomio in cui cavallo e cavaliere guardano nella stessa direzione, tanto da riuscire a lavorare perfino in libertà: senza alcuna costrizione.
Per saperne di più: il cavallo Salernitano
Le radici del Salernitano affondano in un terreno ricco. Lo stesso sul quale pascolavano le madri di Napolitani e Persano, che sicuramente vantano una bella partecipazione al patrimonio genetico dell’ultimo gioiello del nostro Sud: ma lui, il Salernitano, è un mezzosangue distinto che vede la luce attorno al 1924 per essere un buon cavallo sportivo.
La solita base di selezionate fattrici indigene viene sposata a riproduttori P.S.I. badando a selezionare cavalcabilità, elasticità, morfologia adatta a sostenere un impegno sportivo: ci voleva un cavallo che permettesse agli ottimi cavalieri italiani cresciuti nel Sistema Naturale di Equitazione di metterlo in pratica.
In pochi anni dagli allevamenti salernitani di Farina, Morese, Pastore, Conforti e tanti altri uscirono prodotti del calibro di Merano e Posillipo che sotto la sella di Raimondo D’Inzeo vinsero rispettivamente i mondiali del ’56 e le Olimpiadi del ’60 (entrambi figli di Ugolino da Siena, P.S.I., unico stallone insieme all’altro P.S.I. Furioso a poter vantare una figliolanza di tal successo), Fiorello, Lettera d’Amore e via elencando per arrivare sino ai più recenti campioni targati delle Fiocche.
2 dicembre 2015