Comunicato ANSA
Norcia, 1 novembre 2016 – A Norcia in tanti non vogliono andare via, nemmeno dopo la devastante scossa di terremoto che ieri mattina ha cambiato il volto di questo centro della Valnerina.
«Trasferirsi negli alberghi nella zona del Trasimeno? Non se ne parla proprio. Dateci delle tende», ripetono quelli rimasti qui. Nemmeno per i pochi giorni che chiedono Protezione civile, Comune e Regione per organizzare al meglio l’assistenza in vista di una stagione qui fatta di freddo e neve. Anche se il sindaco Nicola Alemanno assicura: «Norcia non muore. È venuta giù la Casa di San Benedetto ma ora su di essa la città risorgerà».
«Non deportiamo nessuno e chi non accetta gli alberghi avrà altre soluzioni», assicura la presidente della Regione, Catiuscia Marini. La gente della città del patrono d’Europa così per qualche giorno si divide. In 500 già ieri sera sera si sono trasferiti con gli autobus nelle strutture ricettive del lago. Altri 200 lo hanno fatto oggi. «Ho due bambini piccoli, io vado. Per il lavoro farò avanti e indietro», dice uno dei giovani di Norcia.
Qualche anziano andrà in strutture di accoglienza. Molti hanno raggiunto i parenti che abitano altrove, poi si vedrà. Ma alcune migliaia di nursini hanno deciso di rimanere qui. Per evitare che passino un’altra notte in auto, già oggi sono state allestite tre grandi tende comuni in grado di ospitare circa 300 persone. Nei pressi della tensostruttura utilizzata come mensa è stato anche sistemato un autobus che potrà accogliere 50 sfollati. «Le tende (quelle messe dopo il 24 agosto – ndr) non dovevano essere smontate proprio», dicono in diversi. «Non sono più solo dei teli come una volta – afferma Adolfo, uno degli anziani del paese -, ma ambienti riscaldati e confortevoli».
E poi ci sono gli animali da assistere e da portare fuori dalle stalle – spiegano gli allevatori – che spesso sono crollate o comunque sono state danneggiate dal sisma. «Devo e voglio rimanere – racconta Gilberto – perché ho un allevamento di cavalli a Castelluccio e non possiamo andare via».
C’è poi il legame con la terra. Come quello di Domenico e Irene che ora vivono in un camper sotto casa. «Norcia è caduta tante volte – dice lei – e dopo le scosse di agosto dire che non serviva niente è stato sbagliato. Qui è così…». La coppia non vuole sentire parlare di alberghi. «Se no rimaniamo a casa nostra…», aggiungono. «Nessuno vuole lasciare casa, anche se danneggiata» sottolinea Fiorella. «I nostri figli sono impegnati nel lavoro – aggiunge – e noi che ci facciamo negli alberghi?». Per il cognato Fabrizio «la prima cosa è la ripresa del lavoro. »Resteremo sempre, non vogliamo andare via« ribadisce senza incertezze un signore all’estero della tensostruttura che funge da mensa per l’intera Norcia. »Noi restiamo qui finché possiamo. In albergo proprio non ci andiamo« ribadisce addolorata. »E poi – aggiunge – se ce ne andassimo tutti cosa succederebbe alla città?«. »Non se ne parla proprio – sottolinea Alberto -, io sto qui per pensare a Norcia che ci ha dato tantissimo e non possiamo abbandonare proprio ora«. Tra la gente gli animi si scaldano e i toni salgono. »Non ci facciamo deportare«, arriva a dire qualcuno.
Ma la presidente Marini, proprio da Norcia, rinnova l’invito ad usufruire per lo »stretto necessario« degli alberghi (o dei contributi per l’autonoma sistemazione) »in attesa di soluzioni stabili«. Anche se ripete: »non deportiamo nessuno«. Appello ripreso dal sindaco Alemanno secondo il quale le tende non sono una soluzione per arrivare fino alle casette di legno. »Abbiamo bisogno di tempo per organizzarci ma – ribadisce – Norcia non muore ma risorgerà sulla Casa di San Benedetto«.