Bologna, 24 gennaio 2017 – La Federazione Italiana Sport Equestri nella sua lunga e gloriosa storia è stata commissariata due volte: alla fine del 1943, quando è crollato il governo fascista e tutte le strutture di amministrazione dello sport sono state travolte nella rovina (Coni compreso); e nel 2013, per la famosa vicenda del ‘buco’ di bilancio. Questo tanto per far capire il livello delle due emergenze messe a confronto… Vittorio Orlandi ha raccolto i cocci dello sfacelo nel marzo del 2015, dopo che il commissario Gianfranco Ravà aveva pilotato la federazione dal luglio del 2013 appunto. Il suo compito non è stato certo facile, ma lui ci si è gettato a corpo morto con l’entusiasmo di un ragazzino e con la dedizione di un professionista maturo ed esperto: Orlandi ha vissuto due anni solo e soltanto per la nostra federazione. Lo ha fatto da gentiluomo, lo ha fatto da imprenditore, lo ha fatto da appassionato, lo ha fatto da cavaliere. Lo ha fatto da quell’uomo che lui è, e che tutti noi, appassionati di sport equestri, conosciamo da quando nella metà degli anni Sessanta si è affacciato alla ribalta del grande salto ostacoli internazionale per poi divenire in breve uno dei componenti quella squadra azzurra ormai davvero leggendaria: Piero, Raimondo, Graziano, Vittorio, cioè i due fratelli d’Inzeo, Mancinelli e lui, Orlandi. Chi anche per un solo secondo ha pensato che Vittorio Orlandi abbia voluto fare il presidente della Fise inseguendo un qualche interesse personale ha preso la più grandiosa cantonata possibile: alla sua età e con una storia come la sua alle spalle, l’unico vero interesse per Vittorio Orlandi non poteva che essere quello di far tornare grande l’equitazione azzurra di alto livello, e di far funzionare a pieno regime quella della base. Calcolando il tempo che ha avuto a disposizione e le premesse di partenza il suo obiettivo non può che dirsi raggiunto. Certo, lui avrebbe voluto continuare e avere a disposizione un quadriennio ‘regolare’ e pieno per poter svolgere in modo compiuto e organico il suo programma… ma così non è stato. L’assemblea elettiva di ieri ha chiaramente dimostrato di preferire Marco Di Paola, e la proporzione dei numeri non lascia adito ad alcuna recriminazione. Questo del resto è il gioco della democrazia: valeva ieri, vale oggi, varrà domani. Ma la legge della democrazia implica anche la capacità di riconoscere il valore e i meriti dei contendenti: in effetti una delle cose più belle registrate ieri ad Assago sono state le parole che alcuni tra gli avversari di Vittorio Orlandi hanno rivolto alla sua figura di persona e di presidente uscente (con la sola deprimente e vergognosa eccezione di alcune sguaiate urla di “a casa, a casa!” che si sono sollevate dalla schiera dei sostenitori di Di Paola all’annuncio dell’esito della votazione). Certo, parole che Marco Di Paola ha sempre e continuamente avuto per Orlandi, ma non così i componenti la sua squadra di sostegno: alcuni dei quali hanno talvolta trasceso le più elementari regole della buona educazione, del buon gusto e spesso anche della ragione, in qualche modo amplificati dal potere dei cosiddetti social. Tuttavia molti tra loro ieri hanno reso l’onore delle armi a Vittorio Orlandi con sincerità e sportività, ed è bello che l’abbiano fatto: non tanto per Orlandi stesso, quanto piuttosto per tutti noi, tutti noi indistintamente. Esiste infatti un ‘noi’ che identifica la comunità di chi ha dedicato tutta la sua vita o anche solo una parte di essa allo sport equestre: uno sport che da sempre e per definizione è stato caratterizzato da comportamenti e regole e atteggiamenti che hanno ancora oggi grande valore, poiché la relazione con il cavallo implica sensibilità, tolleranza, equilibrio, capacità di ascolto, gentilezza… tutte caratteristiche che dovrebbero far parte dell’io profondo dell’uomo di cavalli e quindi essere trasferite anche alla dimensione sociale vissuta insieme agli altri uomini. Bisogna sempre e comunque puntare a migliorarsi: non è detto infatti che per essere moderni si debba per forza essere volgari, che per essere autorevoli si debba per forza essere maleducati, che per essere convincenti si debba per forza essere aggressivi… Noi – amazzoni, cavalieri, allevatori, proprietari, tecnici, istruttori, giornalisti, dirigenti… – siamo il popolo dello sport equestre: e noi di noi dovremmo avere una buona considerazione, dovremmo avere rispetto del nostro ruolo quale che sia, ci dovremmo piacere nei limiti del possibile, dovremmo aiutarci a crescere l’un l’altro e quindi soprattutto rispettandoci l’un l’altro. Pur sempre nel dibattito, ovvio: nella diversità delle idee e dei punti di vista, certo, poiché il confronto è la linfa dell’evoluzione. Ecco perché è stato bello ieri sentire i sostenitori di Marco Di Paola riconoscere il valore e il livello di una persona come Vittorio Orlandi. Il quale rimane un grande patrimonio del nostro mondo sportivo, anche se non più presidente della Fise. Adesso il presidente della Fise è Marco Di Paola: dobbiamo sostenerlo e incoraggiarlo, perché il suo compito non è per nulla facile. Vincere un’elezione paradossalmente è la cosa più semplice: complicato è poi governare. Mettere in pratica ciò che si è delineato a livello programmatico durante la campagna elettorale. Se Marco Di Paola sarà un bravo presidente alla testa di un bravo consiglio direttivo, ebbene, sarà un vantaggio per tutta la grande famiglia dello sport equestre indistintamente.
Oggi è giorno di un nuovo inizio: la totale o parziale discontinuità rispetto alla gestione di Vittorio Orlandi sta nella responsabilità del nuovo gruppo dirigente: ma al di là di questo, sarebbe utile e importante tenere bene a mente quanto sgradevoli e controproducenti siano stati alcuni momenti vissuti e attraversati nel corso soprattutto di questo ultimo anno. Semplicemente per evitare di riproporli. Vittorio Orlandi ha rimesso in piedi una federazione e le ha ridato movimento: per tutto quello che lui ha fatto, per tutto quello che lui rappresenta, per tutto quello lui ha dato senza risparmiarsi, non si può che dirgli grazie, il grazie di noi che siamo tutti noi, un grazie riconoscente e profondo. Marco Di Paola è giovane, pieno di entusiasmo, ha vinto con grande margine le elezioni dopo averle perse due anni fa e per questo dimostrando grande caparbietà e determinazione e progettualità, ha molte idee, è convinto di poter fare bene; anche per lui noi che siamo noi dobbiamo avere un messaggio: forza presidente, continuiamo ad avanzare migliorando.