Bologna, 28 luglio 2023 – Le Ponyadi, oltre a far divertire tantissimi bambini, ci richiamano ala mente proprio una bambina di tanto tempo fa, che amava veramente tantissimo il suo pony.
Una piccola principessa che poi diventò regina, Elisabetta II: e secondo noi, stare con cavalli e pony è stato fondamentale per quello che è stata capace di fare dopo…
Elizabeth Alexandra Mary, figlia dei Duchi di York vide la luce il 21 aprile del 1926 nella casa londinese del nonno materno, il conte di Strathmore Claude Bowes-Lyon.
Sempre nell’elegante quartiere di Mayfair, certo, ma non una residenza reale.
I suoi genitori erano Albert, secondogenito del re Giorgio V e sua moglie Elizabeth, una scozzese dai ridenti occhi blu e un carattere di ferro.
Una coppia che pensava di avere davanti a sé una vita normale, fatta di impegni sociali e tanto tempo da dedicare alla famiglia e ai piaceri della vita di campagna.
Albert amava moltissimo montare a cavallo, come suo padre e sua sorella Mary, la Principessa Reale. Ai tre anni della figlia mise in sella personalmente la piccola Lilibet e quando la bambina ne compì quattro le regalò Peggy, una adorabile pony Shetland.
Bertie, così era chiamato in famiglia il padre della piccola Elizabeth, era timido e impacciato in pubblico ma molto affettuoso in famiglia e adorava le sue bambine (nel 1930 era nata anche Margaret, incantatrice già in fasce).
In quegli anni erano solo le figlie del secondogenito del re in carica, per loro ‘Granpa England’.
L’erede al trono era il bellissimo zio David, spesso ospite di casa loro in Piccadilly Street: portava sempre alle nipotine libri bellissimi, e glieli leggeva per ore.
Non c’era pressione sulla famigliola, ai tempi: il nonno re pensava a regnare, lo zio David folleggiava come tutti gli scapoli d’oro del bel mondo in vista di un adeguato matrimonio e conseguenti figli ed eredi.
Le due bambine crescevano spensierate: la madre non voleva vivessero la freddezza e il distacco dai genitori che avevano fortemente segnato l’infanzia e i caratteri di Albert e del fratello.
E i duchi di York facevano le cose davvero come si deve. Peggy arrivò dopo mesi di lezioni di equitazione della piccola Elizabeth, un po’ come se si fossero saggiate la sua effettiva passione e predisposizione prima di concederle un pony tutto per lei.
Ma Elizabeth se lo meritava, eccome: forse l’amore per i cavalli era nel suo Dna, oppure seguiva l’esempio di una papà amatissimo.
Comunque sia Lilibet ha amato i cavalli subito, e per sempre.
Bambina ordinata all’estremo in tutto, ogni sera metteva a dormire il suoi cavallini giocattolo in file
impeccabili, dopo aver dato loro la buonanotte e lucidato i loro finimenti.
Quando le venne presentata Mary Crawford, che fu sua governante fino a quando non si sposò, Elizabeth aveva 6 anni: la tata venne introdotta nella camera della bambine che stavano per andare a dormire.
Lilibet stava saltando sul materasso, con due cinture legate alla testata del letto tenute in mano come redini: “Sai, sto guidando il mio tiro a quattro” spiegò la bambina, “devo muovere ogni giorno i cavalli nel parco, non fa loro bene
stare troppo fermi”.
Fino ai sei anni Lilibet fu lasciata libera di giocare con Peggy sotto la supervisione di un adulto, il padre o Mr.Owen, il suo groom preferito.
Un avvicinamento ludico all’equitazione che ha messo le basi di una profonda comprensione tra lei e il mondo equino.
Le sue prime lezioni in sella si svolgevano sulla pista di terra battuta lunga una sessantina di metri che si trova vicino ai Royal Mews, quella dove solitamente si facevano muovere i Cleveland Bay e i Windsor Grey addetti alle carrozze reali.
Parlare di Lilibet significa necessariamente occuparsi anche di Margo (Margaret in famiglia veniva chiamata così): facevano tutto insieme e condividevano la grande passione per i cavalli.
Nelle fotografie che la ritraggono in sella o nei paraggi di un cavallo da bimba Elizabeth ha sempre una espressione felice, sorridente, estremamente naturale, rilassata.
A volte anche decisamente orgogliosa. In qualche immagine dove con il suo lucido pony galoppa in mezzo agli adulti su cavalli di statura, la sua faccina è chiaramente quella di chi si sente capace di qualcosa di speciale, ‘da grandi’.
Ma nel 1936 lo zio David, re Edoardo VIII per il resto del mondo, abdicò e lasciò la corona al fratello: Elizabeth divenne quindi l’erede presuntiva di suo padre re con il nome di Giorgio VI.
Cambiarono tante cose per la piccola principessa. Si trasferirono a Buckingham Palace, il suo corso di studi venne reso più solido rispetto a quello un po’ superficiale che aveva conosciuto sino ad allora e che era la regola per le
ragazze del suo ambiente sociale.
Il padre non aveva più tanto tempo da passare in famiglia e la madre cominciò a covare un odio implacabile, veramente da leggenda scozzese per chi aveva scaraventato sulle spalle della sua famiglia una corona per nulla gradita.
Ma i cavalli rimasero i migliori amici di Lilibet, assieme ai cagnolini di casa.
Poi arrivò la seconda guerra mondiale, che consolidò l’immagine di quella famiglia capitata accidentalmente sul
trono. Il re e la sua famiglia rimasero a Londra (o dintorni: le bambine erano spesso a Windsor) nonostante i bombardamenti della Luftwafe e la condivisione di pericoli e ristrettezze creò un legame fortissimo tra loro e la gente del popolo.
Ci sono molti filmati dell’immediato dopo guerra che ritraggono le principesse, ormai ragazze, durante le
loro passeggiate in sella a Windsor e Balmoral. Sempre vestite in modo identico, Margo sempre una
lunghezza dietro la sorella maggiore.
Montano bene, forse Margot con un assetto addirittura migliore di quello di Lilibet.
Si preparano da sole i cavalli e li mettono al prato dopo la passeggiata, chiaramente perché a loro semplicemente piace farlo.
Certamente saper montare a cavallo per molti appartenenti alle famiglie reali era una capacità necessaria
per svolgere il mestiere in modo adeguato.
Per Elizabeth era anche un grandissimo piacere, una passione che non la abbandonò mai.
E per tutta la sua lunga vita successe sempre lo stesso, piccolo miracolo.
Ogni volta che era vicina a un cavallo tornava a sorridere esattamente come Lilibet, la bambina che sapeva a memoria tutti i nomi dei cavalli delle scuderie vicine a casa sua.
Le principesse impararono anche ad guidare un attacco, avevano a disposizione una deliziosa governess
cart: con loro molto spesso l’amatissimo cagnolino Dookie, il primo di uno stuolo di amici fedeli.
Il meraviglioso rapporto che si instaura con il cavallo è sempre stato importante per i piccoli monarchi in
potenza.
Nati e cresciuti in mezzo ai cortigiani, gente che viveva all’ombra dei troni e grazie alle regalie che questi distribuivano a loro piacere e capriccio non avevano praticamente la possibilità di instaurare rapporti umani equilibrati.
Gli unici esseri viventi che venivano in contatto con loro e non avrebbero mai pensato di adularli erano gli animali, e il rapporto con loro era probabilmente l’unico veramente indenne da ogni falsità.
L’equitazione poi è sempre stata considerata una perfetta metafora dell’arte di governare. Dominando corpo ed emozioni si raggiunge l’obiettivo di controllare la propria postura e convincere l’altro (il cavallo, in questo caso) a fare quel che si vuole.