Bologna, venerdì 10 gennaio 2025 – Raimondo Galuppo, 78 anni, ci ha lasciato oggi. Nativo di Adria, un passato di chimico laboratorista, di politico (senatore della Repubblica) e di cavaliere dilettante, è stato un importante presidente per il comitato regionale Fise del Veneto. Un uomo intraprendente, attivo e instancabile che ha messo tutte le sue energie, il suo tempo e il suo pensiero dentro lo sport equestre e l’equitazione della regione: e per ben tre mandati consecutivi, dunque un periodo di dodici anni che si è concluso nel 2012.
Sono tante le iniziative e le innovazioni che hanno contraddistinto la vita del Veneto durante quei dodici anni e dunque renderne conto sarebbe un’impresa praticamente impossibile. Ma c’è un aspetto del ‘modo’ di essere stato presidente di Raimondo Galuppo che ne caratterizza in modo forte l’intera opera di dirigente sportivo: quello di voler dare al Veneto un’identità chiara, forte, riconoscibile, tangibile. Un’identità che ovviamente corrispondesse ai risultati prima di tutto – sportivi, dirigenziali, amministrativi… – ma poi confluisse in una evidente e percepibile riconoscibilità pubblica. Per quanto possa sembrare un aspetto non essenziale, è stato Raimondo Galuppo a volere che le amazzoni e i cavalieri del Veneto indossassero una divisa che li rendesse per l’appunto riconoscibili in quanto atleti veneti: con lui sono nati i colori regionali. Perché questa sia stata un’iniziativa importante lo spiega proprio lo stesso Raimondo Galuppo in un’intervista rilasciata al nostro giornale all’inizio del 2007: eccone un estratto con due domande e due risposte particolarmente illuminanti nel descrivere la mentalità, il pensiero e l’attitudine nell’essere dirigente di Raimondo Galuppo.
Da quando lei è arrivato alla guida del comitato regionale, il Veneto è divenuto un’entità riconoscibilissima anche a livello di immagine: colori, simboli, divise di gara, coperte per i cavalli, tutti strumenti per poter identificare immediatamente l’appartenenza.
«Io penso che concepire lo sport in termini moderni voglia dire ripartire compiti e mansioni con chiarezza e specificità. Il compito principale di un dirigente è quello di rendere compatibile l’intervento con la quantità di finanziamento di cui si dispone, altrimenti si fa solo della gran aria fritta. Il primo problema che ci siamo posti collegialmente è stato quello della ricerca di un modo diverso per finanziare lo sport. Siamo partiti dalla constatazione di un dato di fatto oggettivo: in Veneto c’è un’impresa ogni dieci abitanti. Abbiamo lavorato molto su questa realtà, arrivando a ottenere piccoli o medi finanziamenti provenienti però da grandi numeri. Oggi incameriamo più di 200 mila euro all’anno grazie a questo sistema. Ma per poter gratificare il finanziatore e nello stesso tempo per attirarne degli altri è necessario possedere una riconoscibilità, rappresentare un’appartenenza. E’ vero che l’immagine serve a nulla senza risultati, però è altrettanto vero che il prestigio e l’importanza di un risultato si amplificano grazie all’immagine».
In questa prospettiva si sarà rivelata molto importante la sua esperienza politica, no?
«Eh sì, la politica insegna molte cose. Una tra le più importanti, se non la più importante in assoluto, è che il politico deve conquistare il consenso, ha bisogno del consenso. Banale da dire, ma non semplicissimo da mettere in pratica. Molti ottimi dirigenti d’azienda si rivelano poi pessimi politici proprio perché nella loro esperienza professionale la ricerca del consenso non è centrale. Il consenso determina la possibilità di mettere in pratica idee e progetti; senza consenso si creano solo conflitti e tensioni».