Roma,13 ottobre 2022 – A inizio ottobre Ornago ha ospitato, nelle strutture delle Scuderie della Malaspina, i Campionati italiani di Dressage.
Della cronaca sportiva abbiamo già scritto qui a tempo debito: ma ora ci piace approfondire la storia di uno dei partecipanti all’evento, Andrea Giovannini, che a Ornago con The Best (femmina Oldenburg di 11 anni) si è laureato Campione italiano tecnico seniores assoluto.
Uno spettacolo di campione, come dicevamo: perché Andrea Giovannini è la dimostrazione che l’equitazione è fatta di tante anime, solo apparentemente – e solo a uno sguardo superficiale – inconciliabili.
Giovannini è infatti cresciuto come cavaliere avendo come obiettivo l’arte equestre: in particolare ha sempre amato il volteggio a cavallo e la Doma Vaquera, con un debole per il mondo dell’equitazione iberica.
Possiamo quasi pensare che questo titolo italiano sia un riconoscimento anche per chi fa Arte Equestre?
“Direi proprio di sì, e tengo molto a questa lettura perché si pensa troppo spesso che chi fa arte e spettacolo equestre non può fare anche Dressage, approfondire la tecnica e il lavoro classico che è alla base anche dello sport”, ci spiega Giovannini.
Quale è stato il suo percorso tra i cavalli?
“Il mio iter è stato certamente diverso da quello di un dressagista medio. Il mio sogno sin da piccolo è sempre stato quello di esibirmi nelle kermesse di spettacolo equestre e ho lavorato in quella direzione, sino ad esibirmi al Sicab e ad Avignone che sono un po’ i templi di questo mondo”.
E poi cosa è successo?
“Che ho sentito di aver bisogno di nuovi stimoli: così mentre mi trovavo in Spagna per addestrare i cavalli in vista di un nuovo spettacolo ho deciso di affidarmi a professionisti spagnoli per affinare la mia tecnica”.
Chi sono stati questi maestri?
“José Maria Sánchez Cobos, professore alla Real Escuela Andaluza di Jerez e Jose Daniel Martin Dockx, cavaliere olimpico. Ora vengono regolarmente da me a casa ogni due mesi per seguirmi nel lavoro, e mi hanno fatto crescere molto”.
Quando si dice investire su se stessi.
“Sì, e davvero su questo aspetto, la crescita tecnica e culturale, investo moltissimo. Non sono partito a lavorare con cavalli importanti: ho fatto le prime gare di Dressage a 29 anni con una cavallina spagnola che avevo in casa. Poi le ho affiancato i cavalli centro-europei, e dal 2016 sono cominciate ad arrivare le prime medaglie: e sono fiero di aver sempre vinto anche in Gran Premio con cavalli che ho cominciato a lavorare da giovani. Ad esempio a Ornago sono orgoglioso anche del risultato raggiunto con Jumbo Deaa, Kwpn del 2014, primo posto nel Criterium Assoluto di Freestyle”.
Un bel viaggio, dai galà sotto i riflettori alla vittoria nel Campionato italiano di Dressage.
“Sì, ed è necessario tanto lavoro per farcela, me lo sto davvero sudando questo risultato. Ma chi mi conosce sa che da sempre ho cercato di tirare fuori il massimo da me stesso, anche affidandomi a buoni maestri. Perché certi risultati da solo non li puoi raggiungere”.
Ci parli di The Best, la cavalla con cui ha vinto il titolo italiano Tecnico Seniores assoluto.
“The Best ha 11 anni, ed è con me da quando ne aveva 4: aveva grandi problemi caratteriali, è molto calda, molto sensibile. In più non aveva nessuna voglia di collaborare con il cavaliere, era decisamente contraria al lavoro. Poi piano piano, lavorando con molta pazienza e progressione abbiamo ottenuto i primi risultati in St. George e Small Tour. Sino ad arrivare a questo titolo: si vede che certamente gli astri hanno girato a mio favore, ma la chiave con lei sono state la pazienza e la costanza del lavoro. Il suo limite era psicologico, era sempre e completamente contro, molto complicata. L’ha aiutata anche diversificare molto il lavoro: io la porto in spiaggia (Giovannini vive a Nettuno, n.d.r.), al mare proprio per farla rasserenare e farle capire che lavorare Si portava dietro tantissima tensione che le bloccava del tutto la meccanica del movimento. Ora siamo già a buon punto, ma sono convinto che il bello debba ancora venire con lei”.
Quanto ha inciso la sua esperienza di Arte equestre nella pratica sportiva del Dressage?
“Mi ha aiutato tanto: ho fatto molta acrobatica sin da ragazzino e questo mi ha dato un equilibrio in sella che può avere solo chi ha volteggiato. In più c’è l’equilibrio a livello psicologico: in gara sono giudicato da 5 giudici, ma agli spettacoli di giudici che ti guardano che ne sono 10.000. Quindi sono abituato a gestire questo tipo di tensione”.
Chi lavora da professionista negli spettacoli equestri sottolinea sempre questo aspetto, la connessione tra l’artista e il pubblico.
“E’ sicuramente il fulcro dell’arte equestre, quello che ti fa sentire a tuo agio quando sei sotto i riflettori, e anzi ti esalta. Sì, c’è sempre la tensione del non poter sbagliare ma è anche una spinta in più. E quando entro in un rettangolo so gestire l’imprevisto, è una competenza che mi arriva direttamente da tanti anni di spettacolo”.
Un’altra storia di quelle che ci piace raccontare e far conoscere.
Ma soprattutto un’altra storia che ci piace sapere sia vissuta, davvero.