Sydney, 11 gennaio 2018 – Un visino dolce e sorridente protetto da un cappellone da stockman: Amy Dolly Everett, 14 anni, la ricorderemo sempre così come appariva in quella campagna d pubblicitaria della Akubra Hats dove incarnava l’immagine perfetta della ragazzina aussie cresciuta in una fattoria felice, che amava i cavalli e tutti gli altri animali.
Dolly si è suicidata il 3 gennaio per colpa di una masnada di cyber-bulli che l’avevano presa di mira sui social network, il papà Tick ha denunciato il lungo, assurdo e crudele attacco che la sua piccola ha subito a causa di quel fenomeno aberrante che sono le persone (ma possiamo chiamarle così?) che da dietro una tastiera rovesciano i loro peggiori istinti su altri esseri umani.
“Questa settimana è stata un esempio di come i social media dovrebbero essere utilizzati, è stato anche un esempio di come non dovrebbero essere usati”, ha dichiarato Tick Everett su Facebook, “se possiamo aiutare altre vite preziose ad evitare lo smarrimento e la sofferenza, la vita di Dolly non sarà sprecata”: la famiglia Everett dopo il tragico gesto di Dolly ha lanciato la campagna #stopbullyingnow e vuole creare un fondo, il “Dolly’s Dream“, che si occupi di lavorare sulla consapevolezza relativa a bullismo, ansia, depressione e suicidio giovanile.
Papà Everett vorrebbe che chi ha martoriato psicologicamente la figlia andasse al funerale, per assistere “…alla completa devastazione che hanno creato”, perché “Non saprete mai cosa avete fatto finché non sarete venuti”.
Se davvero bastasse questo, perché capissero. Fermate il bullismo, adesso.
Qui un album dedicato a Dolly e il video di #stopbullyingnow