Bologna, 16 marzo 2023 – E’ una domanda che si stanno facendo in tanti, ultimamente.
Dove andranno l’Associazione di riabilitazione equestre Il Paddock e i suoi cavalli, ora che sta per scadere la concessione gratuita del comune di Bologna per il terreno su cui ha le sue strutture?
L’interrogativo è particolarmente pressante per Angela Ravaioli, che a Il Paddock è pedagogista e istruttrice. Ed è a lei che chiediamo cosa sta succedendo.
“Noi siamo a Bologna” ci spiega Ravaioli, “presso il centro sportivo Barca da vent’anni, con una concessione gratuita del comune per un piccolissimo fazzoletto di te. La zona è quella di Borgo Panigale, è da 35 anni ci occupiamo di interventi assistiti con il cavallo“.
Dei pionieri, quindi.
“Sì, una lunga esperienza: abbiamo lavorato in tantissimi maneggi in tutta la provincia, collaborato con l’Accademia Militare di Modena. Fummo uno dei primissimi centri per quella che allora si chiamava ippoterapia. Poi riabilitazione equestre, e in seguito interventi assistiti con i cavalli riconosciuti dal Ministero. Abbiamo un’équipe autorizzata al funzionamento per questa attività, in vent’anni abbiamo ovviamente allargato le nostre conoscenze nel mondo del cavallo e stiamo utilizzando gli interventi assistiti per tantissime patologie”.
Le più frequenti?
“In questo momento i disturbi dello spettro autistico: l’autismo da alcuni anni ha avut roppo un’esplosione. E i cavalli aiutano moltissimo nel lavorare sulla relazione con gli altri esseri viventi, cosa fondamentale per i le persone autistiche. Ma ci sono in generale tantissimi disturbi dell’attenzione, diffusi tra tutti i ragazzi. Ma lavoriamo veramente a 360 °: adesso stiamo avviando un progetto sul trauma psichiatrico-psichico nelle donne che hanno subito violenza. E lavorato con l’Accademia Militare di Modena nel caso di un soldato che soffre di Ptsd, stress post-traumatico: tra virgolette, ci stiamo specializzando nelle diverse forme di disagio”.
Quanti cavalli avete?
“Abbiamo 15 cavalli, tutti o regalati o recuperati: di ogni razza e tipo, vengono dalle competizioni come dalle passeggiate. Li scegliamo in base all’indole, ma poi crescono e imparano con noi. Quindi non abbiamo nessuna razza specifica, nessuna tipologia di addestramento particolare se non tanta cura, tanta relazione anche con loro e desensibilizzazione sulle problematiche che comunque hanno tanti cavalli. Ne abbiamo diversi perché lo stesso cavallo non può andar bene per tutte le patologie: ce ne sono di piccoli e grandi, giovani e anziani”.
Fate solo questo tipo di lavoro?
“Adesso abbiamo anche la scuola di equitazione con gruppi misti, dove i ragazzini normodotati lavorano insieme ai ragazzini disabili: che acquisiscono delle autonomie grazie ad una equitazione adattata e tanta riabilitazione e rieducazione. Adesso ad eempio cominciamo ad avere molte richieste per adolescenti con disturbi alimentari, hikikomori (le persone che decidono di isolarsi dalla vita sociale per lunghi periodi di tempo), disagio e abbandono scolastico. Tutto con pochissimo aiuto da parte delle istituzioni”.
Quanti ragazzi sono passati dal vostro centro in questi 35 anni?
“In un anno seguiamo dalle 100 alle 150 persone: moltiplichi lei per 35”.
Da dove vengono queste persone, come vi trovano?
“Tanti ragazzini arrivano e ci chiedono di poter far del volontariato. E poi arrivano quelli indirizzati dalle Asl, dai servizi. Abbiamo avuto una Convenzione con l’Asl per anni, dopodiché c’è stata tagliata anche quella ma le neuropsichiatrie continuano a inviarci i bambini, le famiglie nonostante le l’attività venga pagata esclusivamente dalle famiglie. Ecco il nostro sistema, visto che siamo nati come associazione di volontariato, funziona in modo che laddove noi riusciamo a coprire le spese, per esempio, con 5 allievi se arriva il sesto o il settimo che non hanno possibilità economiche noi li inseriamo con gli altri. Ma ovviamente, nona vendo sostegno economico diverso servono sempre più allievi paganti per garantire l’accesso a quelli che non potrebbero accedervi con le proprie forze.
E adesso arrivano molti casi di doppia disabilità, cioè oltre alla disabilità psicologica o motoria c’è anche il disagio economico”.
E ora si aggiunge anche la preoccupazione di non avere una sede alternativa per il ‘dopo Barca’.
“Sì, in aggiunta ai tagli indiscriminati e ingiustificati da parte delle istituzioni c’è anche questa spada di Damocle: a novembre scade la concessione per questo terreno. E’ vero che il comune di Bologna ha già dichiarato che non ha problemi a rinnovarci la concessione o a trovarci un altro luogo: ma l’Asl ha fatto notare he dove siamo non è comunque un posto particolarmente adatto per i cavalli. Ed è vero, quindi ben venga un altro sito. C’è questo progetto promosso dal sindaco già in campagna elettorale due anni fa che si chiama Parco Città Campagna, un’area agricola di 45 ettari che ha già delle realtà sociali che lavorano e dove dovremmo andare anche noi”.
Sembra un’ottima soluzione.
“Sì, certamente. Il problema è che sono due anni e mezzo che se ne parla, ma non è stato fatto ancora nessun passaggio tecnico ufficiale affinché questo progetto decolli. Siamo preoccupati perché dovremmo realizzare tutto noi, partire con tutti i lavori. Quindi costi altissimi, serve una ricerca di finanziamenti: non sono cose che si possono fare in due giorni. Per questo noi stiamo cercando di tenere alta l’attenzione sul problema, affinché le cose comincino davvero a muoversi. Ci siamo incontrati con il Sindaco che ci ha rassicurati, ma ora abbiamo davvero bisogno che si comincino a muovere le le carte e arrivino le firme. Un qualcosa di concreto su cui appoggiare il progetto del nostro futuro”.
Siamo a metà marzo, novembre sta arrivando al galoppo: forza tutti, che i cavalli de Il Paddock non vogliono lasciare da soli i ragazzi che hanno bisogno di loro.