Sarajevo, 1 luglio 2019 – Tanti vivaci cavallini dai finimenti decorati con nastri e fiori, montati da uomini e ragazzi di etnia musulmana nei loro costumi tradizionali: è questo il lato più folkloristico del tradizionale pellegrinaggio di Ajvatovica che si è tenuto ieri, 30 giugno 2019.
Una tradizione che queste genti mantengono da 509 anni e che ricorda il miracolo ottenuto da Ajvaz Dede, un derviscio sufi che viveva qui nel XVI secolo.
Nonno Ajvaz – questa la traduzione del suo appellativo dal bosniaco – era arrivato a Prusac con l’esercito ottomano nel 1463; duranta una gravissima siccità causata da una enorme roccia che era caduta ostruendo la fonte da cui si dissetava tutto il paese pregò incessantemente, fino a che la rccia si spaccò in due permettendo così il refluire dell’acqua.
Da quell’anno i fedeli musulmani onorano il miracolo con un pellegrinaggio, ora diventato anche una attrazione turistica e felicemente tornato ai fasti di una volta dopo la sanguinosa guerra durata dal 1992 al 1995.
Grandissima parte dei soggetti montati dai pellegrini sono pony Bosniaci, chiamati anche cavalli di montagna della Bosnia: resistenti e bellissimi, con le loro forme aggraziate e i crini abbondanti sono davvero cavalli che mettono gioia a guardarli: la loro selezione ufficiale ha avuto inizio nel 1908 nell’allevamento di Gorazde, in razza sono storicamente rappresentate tre linee maschili e nove femminili.
Quella maschile derivante dallo stallone Agan è ormai estinta, mentre quelle di Barut e Miško sono ormai inestricabilmente mischiate tra loro: ma sopravvivono comunque due sottotipi, lo Glasinacki (dove è più evidente l’inflluenza del Purosangue Arabo) e il Podveleški, di taglia più contenuta, tipico dell’Erzegovina.
Gravissimi i danni causati dalla guerra del 1992 anche nella popolazione equina, passata dai 46.628 soggetti del 1990 ai 7.014 del 2002.