Di primo acchito si rimane un po’ impressionati.
Campione mondiale in carica di Lotta e Judo e Karate a contatto pieno, 117 incontri consecutivi vinti…Bruno Danovaro uno se lo immagina un tantino impattante, ecco.
Non per niente ha anche fatto la controfigura di Attila nello spot che Rai ha dedicato allo spettacolo lirico andato in scena nel 2018 al Teatro alla Scala di Milano.
Ma Danovaro è anche un cavaliere di monta Western, ama in modo particolare i cavalli Quarter e Paint: ovvio che ci fa piacere scambiare quattro chiacchiere con lui.
Signor Danovaro, ci sembra di capire lei faccia un lavoro piuttosto particolare.
«Sì, io faccio da tutta la vita il lottatore professionista: ho un passato nel Judo a livello olimpico, poi ho fatto una parentesi nella Pesistica professionistica negli Stati Uniti e quindi sono tornato agli sport da combattimento come la MMA e alle arti marziali, in cui ho vinto i mondiali più volte nel Karate a contatto pieno».
Evidentemente non ha paura del contatto fisico, anche duro.
«In effetti no, almeno quando combatto: diciamo che non sono un tipo da smancerie, in quel contesto. Ma con i cavalli è tutto diverso».
Come si sono inseriti i cavalli in questo percorso?
«Nella mia famiglia c’è sempre stata la passione per i cani, gatti, i cavalli e tutti gli animali, anche se i cavalli i miei non li hanno mai avuti. Ma nel periodo in cui ero negli Stati Uniti ho avuto modo di cominciare con i Quarter Horse, ho fatto varie esperienze là e quando sono tornato ho cominciato a montare all’inglese’. Parlo di una vita fa, quando gli impegni sportivi non mi permettevano di concentrarmi su questa disciplina. Poi sono stato per un’estate a lezione da un ex sottufficiale dei Carabinieri a cavallo che mi ha fatto fare un grande salto di qualità: mi metteva al lavoro nel tondino con due bicchierini di caffè in mano, e non dovevo rovesciarli. Allora ero ancora un po’ troppo giovane e un po’ mi annoiavo, ma ho capito successivamente l’importanza di questa puntigliosità. Poi finalmente sono riuscito ad affittare metà cascinale nell’Oltrepò Pavese. Lì ho fatto un anno sabbatico, mi sono preso una pausa e ho montato tanti cavalli diversi, in modo da affinare la mia tecnica e la mia sensibilità».
Cosa le interessava di più approfondire?
«La doma, l’addestramento perché a me interessava, a prescindere dal modo di montare, riuscire a domarmi un cavallo. E farlo nel modo più corretto per la natura stessa del cavallo: anche con loro, come nella vita quotidiana, viene fuori il mio lato non violento. Nonostante gli sport che pratico – o probabilmente proprio grazie a loro – io sono una persona calma, tranquilla e realizzata. Non sono un violento. Ho sempre cercato e amato il discorso con i cavalli come interazione. Con loro mi sono sempre tenuto in secondo piano, e mli ho messi su di un piedistallo proprio per togliere ogni tipo di respingimento e cercare di capirli».

Bruno Danovaro con un altro che non mollava mai, quando c’era da lottare: Varenne
Che effetto fa a chi è abituato a uno sport di combattimento vedere quanta poca pressione sia necessaria per farsi capire da un cavallo?
«É proprio quello che mi piace: è la cosa più interessante, la più bella. Anche per questo mi fa particolarmente impressione quando vedo certi atteggiamenti, questi ometti che fanno i duri con i cavalli. Una cosa che non sopporto, soprattutto perché io il duro lo faccio con me stesso, non con i cavalli. Sono discorsi banali quelli che faccio?»
Nemmeno un po’, anzi: secondo noi se ne dovrebbe parlare di più, quindi prosegua tranquillamente.
«Bene, perché come le dicevo non ho mai amato questa gente che fa la dura con gli animali. Frusta questo, picchia l’altro…non è leale. Se uno vuol fare il lavoro che faccio io si misura con un’altra persona con ha le stesse qualità, la stessa preparazione dopodiché si va anche giù come un fabbro e chi è più bravo vince, porta a casa i soldi e l’altro no. Ecco, certa gente che picchia i cavalli vorrei vederla in quell’ambito: credo imparerebbe molto».
Confesso candidamente che piacerebbe molto anche a noi: e il fatto che la gentaglia sia un po’ ovunque non è certo una scusante per quelli del mondo equestre.
«A prescindere dal discorso sportivo, ho sempre avuto una costante collaborazione con l’Arma dei Carabinieri nella formazione sportiva, sono impegnato contro l’uso degli anabolizzanti, contro la droga e in varie attività sociali. Ma tornando ai cavalli: Monty Roberts incarna, per la maggior parte degli aspetti, quello che amo come approccio al cavallo. Non tutto ma buona parte. Ho fatto una bella esperienza con i butteri all’Alberese: sono stato lì tre mesi, abbiamo fatto le transumanze. É stato interessante, loro non è che spendono molte parole, ma mi è piaciuto moltissimo vedere il lavoro con le vacche, controllare gli animali e quei paesaggi meravigliosi. E poi ho acquistato una puledra Paint figlia di Lucky Side Up che è stato campione del mondo di Reining e di Cutting per la razza e un cavallo dal mantello palomino, un Quarter si chiamava Jack. Aveva fatto reining fino a tre anni, poi l’hanno ritirato per i problemi che aveva alla schiena: quello che lo montava era un po’ in carne allora l’ho preso. Mi avevano detto che creava problemi, ma non gli ho voltato le spalle: così mi sono preso questi due cavalli che mi hanno accompagnato per 28 anni».

Una perdita enorme, dopo tanto tempo insieme.
«Pesantissima. È morta prima Nana e poi Jack. Nana l’ho domata, addestrata; anche grazie a loro ho imparato e poi lavorato tanti cavalli, ormai sono più di 300 quelli che ho domato o lavorato dopo che, da campione del mondo, ho potuto combattere in Italia e in Europa».
Campione di quale categoria?
«Meno 90 chili nella MMA, nel Judo e nel Karate a contatto pieno: essendo mio il titolo gli sfidanti devono venire qui in Italia se vogliono combattere. E questo mi facilita molto con i cavalli, ovviamente: posso seguirli in modo regolare a casa».
Quanto le è servito saper cadere bene, nell’addestrare e montare i cavalli?
«Domanda azzeccata: quando ero a Cambiago, dove domavo e addestravo i puledri è servito tantissimo perché i miei amici facevano le scommesse su quante assi del tondino di legno rompevo, ogni volta che cadevo. Poi c’era il proprietario del maneggio che mi portava una birra come premio ogni volta. Gli incidenti ci sono sempre nell’attività sportiva, anche con i cavalli ma l’ho vissuta sempre in maniera molto positiva: mi sono caduti addosso, m’hanno incrinato le costole ma loro sono istintivi, non ti fanno male per ottenere qualcosa: sono senza malizia, quindi davvero non riesco a prendermela. Ho disputato anche alcuni rodei, ho montato due tori, e lì mi sono strappato il bicipite sinistro, ho recuperato completamente con gli allenamenti rafforzando gli altri muscoli. In quel punto c’è sempre un vuoto, ma con la tenacia sono riuscito ad ovviare anche a questo problema. I primi momenti che facevo allenamento per i bicipiti mi venivano le lacrime agli occhi, però l’ho superata».

Danovaro in bull riding
Cadere e rialzarsi: funziona bene sia per l’equitazione che per le arti marziali, no?
«Certo, poi ho entusiasmo nel lavoro con gli animali oltre che negli altri sport: ancora oggi che ho 56 anni mi alleno tre volte al giorno. Allenarmi, a prescindere dai combattimenti e dal mio lavoro e poi andare in campagna dai cavalli per me è proprio qualcosa a cui non posso rinunciare».
L’allenamento che ha fatto per le altre discipline aiuta anche nel montare a cavallo? Addestrare e montare puledri può essere scomodo, tanti cavalieri arrivano alla sua età con grossi problemi alla schiena.
«Chiaramente il mio è un allenamento pesante, come quello dei lottatori in generale. Noi tutte le mattine alle 05:30 corriamo almeno 10 km più gli scatti, le scale. Poi facciamo una pausa, in cui io vado a cavallo. Poi c’è il potenziamento: quindi pesi, stacchi, spinte, elastici. Poi la sera c’è lo sparring, tecnica e lotta con pugni, calci, ginocchiate e tutto il resto. Arriviamo da un percorso di preparazione fisica molto strutturato. Sono salito sulla materassina quando avevo 9 anni e non sono mai sceso: è ovvio che non tutti riescono a mantenere una continuità del genere. Ma è una preparazione che aiuta tantissimo, nelle cadute e anche nel preservare la schiena».
A proposito di schiena: lei saprebbe consigliarci qualche esercizio utile per i cavalieri? Non credo di conoscere nessuno che abbia montato a cavallo, e vada per gli anta e oltre, che non abbia dolori alla schiena.
«Ci sono allenamenti di base molto utili: esercizi che possiamo fare tutti, anche in maneggio appena prima di montare e senza carichi».
Anche lei adesso sta per tornare in sella, se non sbaglio.
«Sì, adesso sto montando una Quarter, Taris. Faceva le gare di Reining, ce l’ho da tre settimane: è dolcissima e molto, molto piacevole da montare. Ma occorre tantissima sensibilità, come con tutti i cavalli che hanno lavorato con cavalieri fini: con lei mi devo davvero mettere le scarpette da danza, altro che gli stivali!».
Questa immagine di Attila in scarpette da danza classica ci piace molto!
«Vero, sono stato la controfigura del tenore nel trailer che la Rai di Torino ha girato per l’opera ‘Attila’ di Giuseppe Verdi andata in scena al teatro alla Scala di Milano nel 2018. Montavo un Frisone, bellissimo e bravissimo: siamo stati insieme tre giorni per girare il trailer, io tutto truccato con barba, cappottone e spadone e lui così bravo, così disponibile. Lì è venuta fuori quella parte di me che ama incondizionatamente tutti, tutti gli animali. Tempo fa è morto il mio cane, un Am-Staff: non sono soggetti semplici, allora ho pensato di trasformare il mio dolore in qualcosa di utile per altri cani come lui, e ho cominciato a fare volontariato in un canile. Un Pitt Bull che proveniva da una situazione terribile, mi ha procurato delle ferite: adesso l’ho adottato e ne mantengo la cura in un centro di recupero specializzato in casi del genere. Ma mi aveva aperto un braccio, mi hanno dato 78 punti ed ero riuscito a fermarlo solo perché non sono esattamente un fuscello. É che non riesco a fregarmene di chi si comporta male, in modo scorretto: devo fare qualcosa quando mi si presenta l’occasione, non riesco a stare zitto né a girarmi dall’altra parte».

Per fortuna, pensiamo noi: se tutti ci prendessimo più cura degli altri, se tutti prestassimo più attenzione al prossimo nella vita di tutti i giorni il mondo sarebbe sicuramente più vivibile.
Comunque noi intanto cominciamo con gli esercizi che ci ha suggerito Bruno.
Magari non diventeremo dei campioni di Judo o MMA: eppure, mai mettere limiti alla Divina Provvidenza…o alle capacità di recupero atletico delle vecchie amazzoni, perbacco!